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    Tennis, Nadal torna nel 2024 all’Atp Brisbane: il messaggio sui social

    Dopo un anno di assenza, Rafa Nadal torna in campo. Con un messaggio sui social, il maiorchino ha ufficializzato data e torneo: sarà a Brisbane nella prima settimana di gennaio, con vista sugli Australian Open. “E’ arrivata l’ora di tornare, ci vediamo lì”, ha detto il 14 volte campione al Roland Garros. Il torneo sarà trasmesso in diretta su  Sky Sport e in streaming su NOW
    ATP E WTA, DAL 2024 TUTTO SU SKY – IL CALENDARIO ATP 2024

    Rafa Nadal torna in campo. Dopo un anno di stop e i dubbi sul prosieguo della carriera, c’è la data del rientro del maiorchino, che prenderà parte al torneo ATP 250 di Brisbane, al via il 31 dicembre (in diretta su Sky Sport e in streaming su NOW). A due settimane dal via degli Australian Open, Nadal testerà dunque la sua condizione fisica. Proprio a Melbourne, lo scorso 18 gennaio, aveva disputato la sua ultima partita contro McDonald, infortunandosi all’ileopsoas sinistro. Da allora un calvario fatto di infortuni e ricadute, fino all’operazione chirurgica dello scorso giugno per risolvere il problema della zona addominale. 

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    TENNIS
    Dal 2005 al 2022, tutti gli Slam vinti da Nadal

    Con la vittoria contro Ruud a Parigi – la 14^ al Roland Garros- il 36enne fenomeno maiorchino sale a quota 22 Major in carriera. Dal 2005 al 2022: 17 anni di trionfi del fuoriclasse maiorchino tutti da sfogliare

    NADAL ALLONTANA IL RITIRO. LE PAROLE

    1. Roland Garros (23 maggio 2005) – Nadal-Puerta 6–7, 6–3, 6–1, 7–5

    2. Roland Garros (11 giugno 2006) – Nadal-Federer 1–6, 6–1, 6–4, 7–6

    3. Roland Garros (10 giugno 2007) – Nadal-Federer 6–3, 4–6, 6–3, 6–4

    Il messaggio sui social: “E’ il momento di tornare”
    Con un messaggio diffuso sui canali social, Rafa ha ripercorso per immagino l’ultimo anno, fino alla conferenza stampa in cui annunciava che il 2024 sarebbe stata la sua passerella finale nel circuito, prima del ritiro. “Dopo un anno, è arrivato il momento di tornere. Sarà a Brisbane, la prima settimana di gennaio. Ci vediamo lì”, ha detto il 37enne di Manacor. 

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    Tennis
    Nadal lascia la top 10 dopo 912 settimane di fila

    Nadal esce ufficialmente dai primi 10 giocatori del ranking mondiale, ponendo fine alla striscia in top 10 più lunga della storia. Un cammino iniziato il 25 aprile 2005 e che finirà il 20 marzo 2023: in totale 912 settimane. L’ufficialità è arrivata con l’aggiornamento della classifica dopo il Masters 1000 di Indian Wells: adesso lo spagnolo è n. 13 al mondo. Ma quali sono le strisce più lunghe in top 10? Ecco la classifica

    NADAL LASCIA LA TOP 10

    Dopo 18 anni si è interrotta la striscia record in top 10 di Rafael Nadal. Dopo il Masters 1000 di Indian Wells (torneo che Rafa non ha disputato per infortunio), il maiorchino è uscito dai primi 10 giocatori del ranking ATP dopo 912 settimane consecutive. Un record assoluto che ha segnato un’epoca del tennis
    Ecco la classifica con le strisce più lunghe nella storia in top 10

    20. Stan WAWRINKA (Sui): 244 settimane

    Inizio: 27-05-2013
    Fine: 14-01-2018

    19. Michael CHANG (Usa): 245 settimane

    Inizio: 19-07-1993
    Fine: 22-03-1998

    La posizione di Nadal nel ranking ATP
    Assente dai campi da un anno, Nadal è letteralmente precipitato in classifica. Al momento occupa la posizione n°662 del mondo. Per lui le porte dei tornei più importanti, compresi Australian Open e Roland Garros, si apriranno grazie a delle (più che meritate) wild-card. Attenzione dunque alla ‘mina vagante’ maiorchina fin dai primi turni: se Rafa torna in campo, è per vincere e non solo per partecipare.

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    Next Gen ATP Finals 2023 – Jeddah: I risultati completi con il dettaglio delle Semifinali (LiVE)

    Luca Van Assche FRA, 11-05-2004

    🇸🇦 Next Gen Finals – Jeddah (Mondo), cemento (al coperto) – Semifinali

    Centre Court – Ora italiana: 17:00 (ora locale: 7:00 pm)1. [1] Arthur Fils vs [2] Luca Van Assche Il match deve ancora iniziare
    2. [6] Hamad Medjedovic vs [3] Dominic Stricker (non prima ore: 19:00)Il match deve ancora iniziare LEGGI TUTTO

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    Davis, 47 anni sono passati in un lampo e ora non sono che un ricordo

    Gaudenzi e Nargiso in Davis (foto FITP)

    Un po’ di tempo ce n’è proprio voluto. Di solito è per elaborare un dolore, un lutto che si cerca di frapporre giorni per lasciar decantare, per farsene una ragione. Questa volta, no. Questa volta è stato per elaborare gioia e incredulità che ho dovuto attendere per realizzare che sì, era proprio vero che dopo 47 anni l’avevamo finalmente rivinta la Coppa Davis. Ecchisenefrega se è una Davis che non è più la Davis d’una volta, signora mia, se è una Coppa dimezzata e ha perso il fascino d’antan.Dopo averne viste tante, attraversate altrettante, mi ero persuaso che in sempiterno le mani su quella che qualcuno continua a volerla vedere come “un’insalatiera” non le avremo più messe.Sì, la crescita esponenziale di Sinner, il poter contare su un gruppo finalmente coeso, speranze ne dava, ma l’aver perso Berrettini faceva sì che la coperta rimanesse sempre un po’ corta.E quindi… Sì, in fondo in fondo, ma proprio in fondo, il sogno di poter rivivere quella stagione magica che fu il ’76 c’era sempre, ma rimaneva sogno.La mia generazione, quella che è arrivata la tennis quando questo è diventato “pop” grazie alle gesta di Panatta , è cresciuta avendo nella Davis un caposaldo.Chi c’era, come fa a non provare ancora un fremito ripensando a quel pomeriggio in cui Adriano e Bertolucci fecero neri Newcombe e Roche, riducendo gli aussies a povere comparse. “Pasta Kid” volleava come nessuno al mondo, esibì colpi dietro la schiena e giravolte, mentre Panatta fu semplicemente incanto.
    La favola bella della “squadra” durò ancora qualche anno e si spense, a mio ricordo e avviso, a Praga, in un momento preciso: quando il più gaglioffo dei giudici di sedia non chiamò un secondo rimbalzo a Tomas Smid, condannando di fatto Panatta alla sconfitta, Panatta che aveva già conosciuto nel corso del match angherie e l’ineffabilità dei giudici di linea cecoslovacchi.Per me la favola si spense lì. Fossimo andati, come era giusto, sull’1 a 0 per noi, forse l’avremmo potuta rivincere la Coppa, ma così non fu e cominciò il nostro inesorabile declino.Pesco così a caso tra i ricordi, che vengono a galla come tortelli in un’acqua bollente e spumosa, e rivivo come un discreto incubo una figuraccia rimediata a Cervia nell’82 contro la Nuova Zelanda di Chris Lewis – che l’anno dopo avrebbe sì fatto finale a Wimbledon ma che sulla terra battuta non era proprio un fulmine di guerra – e ancora peggio quello che ci fecero Vilas e Clerc nei quattro singolari dodici mesi dopo al Foro Italico.
    L’era, la generazione di Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli era da tempo avviata al capolinea, si era fatta troppa fatica a capire e accettare che il tennis fosse cambiato, e dietro di loro s’era costruito poco o nulla. Francesco Cancellotti, fisico da paura, sembrava poter essere il “nuovo che avanza” ma, per mille problemi, durò poche e non sempre fortunate stagioni e così in Davis prendemmo a consolarci con parziali soddisfazioni, con Ocleppo che divenne “l’eroe di Telford” per aver portato alla causa due punti cruciali in un incontro indoor contro l’Inghilterra.Venne poi il tempo di Paolo Canè, ma dietro di lui c’era ben poco: Cancellotti presto sfiorito, Simone Colombo che, ad alti livelli, poteva quel che poteva, Claudio Panatta bravino mai del tutto bravo, tanto che a un certo punto, e lo dico con tutto il rispetto del mondo nei confronti di un più che onesto giocatore, la nostra punta più avanzata sembrò essere Massimiliano Narducci, mentre Iaio Baldoni, per qualche mese, parve la nostra risposta al tennis muscolare di Bollettieri.
    Anni grami, mitigati da una mezza bella figura fatta dai nostri a Malmoe contro la Svezia di Pernfors, dove nella prima giornata ci fu l’esordio vincente di Omar Camporese. Ma alla fin fin fine si lottava sempre e solo per…perdere bene, perché di più proprio non si poteva.Il nostro tennis versava in condizioni quasi disperate. Ricordo edizioni degli Internazionali con spalti semivuoti anche durante le fasi finali, coi campionati femminili esportati in Puglia e in Umbria: una roba tristissima. Tanto che a un certo punto la panacea di tutti i mali sembrò trovarsi nel riconvertire i campi da tennis in campi da calcetto.
    Furono pochissimi quelli che si ribellarono alla tendenza. Alberto Castellani continuò la sua mirabile e infaticabile lotta contro tutto e tutti a Perugia, mentre dalle parti del Po quello straordinario visionario di Carlo Bucciero, a Moncalieri, al Circolo Le Pleiadi, poco lontano da Torino, prendendo sotto la sua ala protettrice Riccardo Piatti e i suoi “boys” – Cristiano Caratti, Renzo Furlan, Federico Mordegan e di lì a poco si sarebbe aggregato pure il “quarto fratello” Cristian Brandi…- dette inizio alla cosiddetta “iniziativa privata” che nel breve volgere di pochissimo tempo avrebbe sconvolto come un turbine il sonnolento mondo tennistico italiano.
    Il presidente della FIT Paolo Galgani, appena eletto, s’era ritrovato, senza merito alcuno, la Coppa Davis tra le braccia e per anni avrebbe proseguito un’anemica politica di sviluppo, tanto da ridurre a poca cosa tutto il nostro movimento tennistico.A poco o nulla servì l’esperimento del Centro Tecnico di Riano, la famosa “cattedrale nel deserto”, e ancor meno incaponirsi nel voler contrastare i privati sino a volerli far scomparire e insistere su modelli che di evolutivo nulla avevano: scuola nazionale maestri con linee didattiche vecchie, nullo il supporto dato ai giocatori over 18…
    Ma il nuovo questa volta sì che stava avanzando. Carlo Bucciero e Riccardo Piatti insieme dettero una spallata significativa e ruppero gli schemi: da lì in avanti nulla sarebbe più stato come prima, visto che tutto il movimento prese a rialzare la testa e a proporsi come non era più abituato a fare.La vittoria del ’90 a Cagliari contro la Svezia, quando Canè battè Mats Wilander in un match memorabile, fu forse l’ultimo incontro del vecchio conio. E che si doveva cambiare lo capì capitan Panatta quando, per stessa ammissione sua, sbagliò nello schierare, nel turno successivo a Vienna, contro l’Austria di Thomas Muster e “Limone” Skoff , Diego Nargiso, evitando di riconsiderare Omar Camporese, rinato alla corte de Le Pleiadi sotto le cure di Piatti prima e Infantino poi, e di ascoltare chi gli proponeva di provare Furlan o Caratti.Ma carta cantava e di lì a poco Panatta dovette prendere atto del cambiamento, anche se “la bella stagione” de Le Pleiadi durò poco, soffocata da qualche errore e dal sistema, che ci mise tanto del suo. Esemplare fu come tolsero a Bucciero il Trofeo “Colombo”, grazie a una “sanzione atipica accessoria”, per punirlo d’aver ospitato e poi fatto competere ragazzi fuggiti dalla guerra balcanica tra i quali c’era un giovanissimo Ivan Ljubicic. La ridicola sentenza ce l’ho ancora in qualche cassetto.

    1993 World Group Quarter-final 📸
    The last time Australia & Italy played each other in #DavisCup ⏮️#DavisCupFinals pic.twitter.com/JjlmXCydbY
    — Davis Cup (@DavisCup) November 26, 2023
    (Italia vs. Australia nel 1993 a Firenze)
    Ci fu però il tempo di vedere un Camporese stellare in quel di Dusseldorf abbattere Stich e arrendersi poi di nuovo al quinto con Becker, come era già accaduto poche settimane prima agli Australian Open, giocando persin meglio di quanto fatto nell’epico match chiuso per 14-12 nel set decisivo; un Omar straripante, l’anno dopo a Bolzano, dare la più dura delle lezioni a Emilio Sanchez per due set e mezzo, godere dell’esordio di Caratti, prima che apparisse sul nostro cammino la triste spiaggia di Maceiò. Opposti al Brasile, su un campo realizzato sull’arenile, che più umido non si poteva, tornammo spezzati: Stefano “Pesco” Pescosolido finì per essere portato fuori dal campo incrampato dalla punta dei capelli sino agli alluci, prosciugato da un clima infame mentre stava lottando contro Oncins, e Camporese compromise così tanto il suo gomito destro che dovettero poi operarlo aprendogli l’articolazione, l’ortopedico dixit, “come un’arancia”. Da quel momento Omar non fu più il vero Camporese, anche se nel 1997 a Pesaro, contro la Spagna, ci regalò ancora una delle migliori versioni di se stesso, battendo praticamente da solo (con Furlan e Nargiso in doppio…) gli iberici. L’ultimo lampo targato Le Pleiadi fu la soddisfazione di vedere Cristian Brandi schierato a Palermo contro gli USA, ma, come detto “la bella stagione” era già volta al termine.
    Tutto però sembrava promettere finalmente bene, visto che all’orizzonte era apparso Andrea Gaudenzi, che per imparare il mestiere al meglio era approdato alla scuderia di Ronnie Leitgeb, mentore e manager di Muster.Il periodo di Gaudenzi in Davis ci vide più vicini al riprenderci la Coppa, ma per più d’un motivo il destino ce la negò sempre.Nel ’96 battemmo i Russi sul campo all’apparenza da loro preferito: giocammo fuori, nel gelo del Foro Italico in un febbraio ghiacciato. Vedere Renzo Furlan battere Chesnokov in una delle più gelide serate romane nel match decisivo, in condizioni oltre il limite, fu una goduria. Molto meno – ma ve lo ricordate?- vedere i nostri poi bistrattati dai giudici a Nantes: il seggiolone dell’arbitro strattonato da Panatta secondo me trema ancora adesso ed equivaleva, ai miei occhi, alla sedia sollevata da Mondonico ad Amesterdam: ribellarsi, seppur inascoltati, a una evidentissima, enorme ingiustizia.L’anno dopo raggiungemmo giustamente la finale contro la Svezia e chissà come sarebbe andata se il tendine della spalla di Gaudenzi non avesse fatto crack contro Norman… Anche questo boccone amaro, purtroppo, ce lo ricordiamo, eccome se ce lo ricordiamo.
    Da lì in avanti, nuovi anni grami col doversi accontentare sempre e comunque, con un cammino in Davis che si sapeva fin da subito che si sarebbe arenato presto.Ci toccò pure l’onta della serie C, perdendo dallo Zimbawe nel 2003.Qualche lampo qua e là dopo ci fu. Ricordo un Volandri battere Ivanisevic sul rosso del Foro Italico, Seppi sconfiggere Ferrero sulla terra battuta di Torre del Greco; l’esordio al cardiopalma del povero Federico Luzzi contro la Finlandia a inizio secolo, e poi tanta gente di buona volontà schierata in ordine sparso alla ricerca d’una quadratura difficile da trovare: Mosè Navarra, Vinz Santopadre, Giorgio Galimberti, Stefano Galvani, Alessio Di Mauro…Una presa di posizione, una querelle mal composta sottrasse a Simone Bolelli forse il suo tempo migliore come singolarista in Davis e dovemmo aspettare un po’ prima che il più talentuoso di tutti – ma anche il più balzano-, Fabio Fognini, ci regalasse un giorno da campione indiscusso in quel di Napoli schiantando in tre set capolavoro Andy Murray. Però, ripeto, erano vittorie molto parziali, perché ci mancava sempre ben più di qualcosa per aspirare a poter tornare a vincere.Nel ’19 la formula della Davis è cambiata e anche non siamo cambiati. In meglio.
    Nel corso dell’ultimo decennio, soprattutto, c’è stato un deciso cambio di rotta nella politica federale riguardo ai giocatori di vertice, con collaborazioni, supporto e sovvenzioni che finalmente hanno permesso a un generazione intera di raccogliere frutti, una generazione che ha potuto continuare a forgiarsi nei propri club, senza remore o avversioni.Senza questo gente come Sonego e Arnaldi, tanto per citarne due che le mani sulla Coppa ora le hanno messe, con ogni probabilità si sarebbe persa. Ricordo ancora la disperazione di Gipo Arbino quando non riusciva a darsi pace, sentendo d’avere tra le mani un possibile campione, e vederne mortificate le ambizioni, perché non riusciva a trovare credito per avviarlo all’attività internazionale che necessitava. Per fortuna poi le porte si sono schiuse.
    E adesso siamo qui, ancora discretamente increduli che sia davvero successo, che sia tutto vero.Dai, si dica la verità, quando Sinner è scivolato sotto per 0-40, con tre match point a sfavore, cosa abbiamo pensato? Può mai essere che Nole non riesca a trasformarne neppure uno? E invece… Quando sulla prima palla-partita gli è scappato via quel back di rovescio, non so perché, ma ho creduto d’aver avuto e visto un segno, che qualcosa potesse succedere. Sì, la Coppa l’abbiamo rivinta lì. Proprio in quell’istante. D’accordo, d’accordo, si deve sottolineare come Sonego sia stato decisivo nei due doppi contro Olanda e Serbia, come Arnaldi, pur giocando non bene, abbia strappato col cuore e col morso il primo singolo della finale, ma se si vuole indicare un momento, un momento solo per dire quando e come la nostra storia è cambiata, non si può che indicare quanto avvenuto nel decimo game del terzo set nel match tra Sinner e Djokovic. Lì, proprio lì è iniziato e finito tutto.La cosa ancor più straordinaria. E che non smette di sorprendermi, è che con ogni probabilità per avere un tris non dovremo attendere altri 47 anni: c’è un Italia bella e diversa, giovane e forte, capace di regalarci a piene mani, nel tempo che verrà, ciò che siamo stati costretti a elemosinare per decenni.Gli occhi ben più che umidi di domenica 26 Novembre 2023 li abbiamo desiderati a lungo, in un’era che pareva non finire mai; in una terra inaridita, che un destino malevolo sembrava aver reso incapace di ridare frutti. Invece, in tre giorni è cambiato tutto, 47 anni anni sono passati in un lampo e ora non sono che un ricordo.
    Elis Calegari LEGGI TUTTO

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    Sinner, record di punti per un italiano nella classifica ATP

    Jannik Sinner chiude il 2023 al quarto posto del ranking mondiale (record per un giocatore italiano) con un totale di 6.490 punti Atp. È il bottino di punti più grande mai ottenuto da un tennista italiano dal 2009 in avanti e cioè da quando l’Atp utilizza l’attuale sistema che assegna 2000 punti ai vincitori degli Slam e la metà esatta ai campioni dei Masters 1000. 

    Sinner, i punti di oggi sarebbero valsi il terzo posto negli anni passati
    Con i 6.490 punti attuali Sinner (senza considerare l’anomalo ranking del 2022) sarebbe stato addirittura terzo nel 2010 dietro Nadal (12.450) e Federer (9.145), ma davanti a Djokovic che ne raccolse 6.240. E ancora terzo lo sarrebe stato nel 2013 (in quella stagione il terzo fu David Ferrer con appena 5800 punti), nel 2016 (terzo Milos Raonic con 5.450 punti), nel 2017 (terzo Grigor Dimitrov con 5.150) e nel 2018 (terzo Federer con 6.420). Nella peggiore delle ipotesi invece, con 6490 punti, Sinner sarebbe stato sesto in tre delle stagioni più scintillanti degli ultimi decenni: nel 2009 dietro Federer, Nadal, Djokovic, Murray e Del Potro, nel 2012 dietro Djokovic, Federer, Murray, Nadal e Ferrer e nel 2020 dietro Djokovic, Nadal, Thiem, Medvedev e Federer.  

    Gli altri italiani con più punti Atp nel ranking a fine anno
    Al secondo posto, in questa speciale classifica degli italiani che hanno ottenuto più punti Atp nel ranking di fine anno, c’è anche il Matteo Berrettini del 2021 con i 4.568 punti di cui 1.200 conquistati grazie alla finale di Wimbledon, 600 per la finale di Madrid e 500 per la vittoria al Queen’s. Al terzo posto troviamo ancora Jannik Sinner con i 3.350 punti del 2021. Al quarto posto ancora il 2020 di  Matteo Berrettini con 3.075 punti. Al quinto posto ancora Matteo Berrettini con i 2.870 punti ottenuti nel 2019 e al sesto posto di nuovo Jannik Sinner con i 2.410 punti del 2022. Se escludiamo Berrettini e Sinner, il primo nome differente è quello di Fabio Fognini che nel 2020 (anche per via della classifica modificata a causa della pandemia) mise in cascina 2.400 punti Atp di cui 1.000 per la vittoria a Monte Carlo 2019. Sopra i 2.000 punti troviamo ancora il Berrettini del 2022 (.2375 punti) e il Fognini del 2018 (2.315 punti) e 2019 (2.290 punti). LEGGI TUTTO

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    Garbin: “L’intervento è andato bene, grazie a tutti per la vicinanza”

    Tathiana Garbin

    Tathiana Garbin ha scritto un breve aggiornamento delle proprie condizioni attraverso una storia Instagram, pubblicata stamattina. “Ciao è a tutti, l’intervento è andato bene grazie alla professionalità e competenza del Prof. Lippolis di tutto il suo team medico a cui va la mia più profonda gratitudine. Grazie a tutti per i messaggi di sostegno e vicinanza. A presto. Tathiana Garbin”.
    La ex tennista azzurra e oggi capitano del team azzurro in BJK Cup si sottoposta ad un secondo intervento per trattare una rara forma di tumore. A lei un grande abbraccio da tutto il team di Livetennis e da tutti gli appassionati. Forza Tati! LEGGI TUTTO

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    Boris Becker elogia Jannik Sinner: “insieme ad Alcaraz, Rune e Shelton, Sinner sarà uno dei protagonisti del prossimo anno. Mi aspetto nel 2024 almeno una finale Slam”

    Jannik Sinner e Carlos Alcaraz nella foto

    La conclusione delle Finals di Coppa Davis ha marcato il termine della stagione agonistica del tennis mondiale, lasciando i giocatori e gli appassionati in attesa di una nuova, emozionante stagione. Dopo un periodo di meritato riposo, gli occhi sono già puntati sul primo grande appuntamento del 2024: l’Open d’Australia, previsto a gennaio a Melbourne.
    Nel panorama tennistico, tutti gli sguardi sono rivolti verso Novak Djokovic, il campione serbo che cercherà di confermarsi sovrano indiscusso di questo Slam. Tuttavia, Djokovic dovrà affrontare una nuova generazione di talenti, rappresentata da giocatori come lo spagnolo Carlos Alcaraz e l’italiano Jannik Sinner. Quest’ultimo, in particolare, ha dimostrato di poter sfidare Djokovic ad armi pari, sconfiggendolo in due dei loro ultimi tre incontri e infliggendogli una sconfitta in Davis che mancava dal 2011.
    La vittoria di Sinner, ottenuta salvando tre match-point consecutivi, è stata un evento senza precedenti nei confronti con Djokovic, generando grande aspettativa per i prossimi tornei. Boris Becker, ex campione e attuale tecnico di Holger Rune, ha recentemente espresso il suo entusiasmo per le prestazioni di Sinner, lodandone la crescita e l’atteggiamento rilassato in campo, che lo rendono un avversario ancora più temibile.
    Becker, intervistato da Eurosport Germania, ha sottolineato come il 2023 sia stato un anno fondamentale per la carriera di Sinner, prevedendo per lui un futuro luminoso. “Quest’anno è la base per il prossimo grande passo, che deve essere quello di raggiungere la finale di un torneo del Grande Slam e magari anche vincerlo,” ha detto Becker, aggiungendo che, insieme ad Alcaraz, Rune e Shelton, Sinner sarà uno dei protagonisti del tennis nel prossimo anno.
    La stagione tennistica che si avvicina promette quindi di essere una delle più eccitanti e imprevedibili degli ultimi anni, con una mescolanza di esperienza e gioventù, e storie che si intrecciano in una narrazione sportiva affascinante. Gli appassionati di tennis attendono con impazienza di vedere come si evolveranno queste dinamiche sul campo, a partire dal prestigioso palcoscenico dell’Open d’Australia.Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Fabio Fognini deluso dopo l’infortunio al polpaccio: “Non era di certo la fine che desideravo e meritavo!”

    Fabio Fognini nella foto

    Queste le parole di Fabio Fognini deluso dal ritiro nel torneo challenger di Maia per colpa di un problema fisico (Infortunio al polpaccio) accusato già nel match di primo turno.Questo ritiro ha precluso praticamente la possibilità di Fabio di entrare direttamente nel Main Draw degli Australian Open 2024. Ora l’azzurro si interroga se saltare la stagione aussie e ripartire a febbraio direttamente.
    “Non era di certo la fine che desideravo e meritavo!!!L’obiettivo era molto vicino e per come stavo giocando mi sentivo in grado di raggiungerlo!Ma si sa, lo sport e’ così…a volte dá, a volte toglie…E NONOSTANTE TUTTO E TUTTI io sono ORGOGLIOSO di come ho dimostrato a me stesso di aver superato momenti duri con lotta, sacrificio e amore per questo sport!Son dovuto scendere a compromessi con me stesso, e alla mia età e dopo la carriera che ho avuto, non è stato semplice…NESSUNO mi potrà togliere ciò che ho fatto con LEALTÀ, Trasparenza, Sacrificio ma soprattutto ONESTA’, che nel mio vocabolario valgono molto di più di una semplice partita di tennis, vinta o persa che sia!!!
    Ad maioraVi voglio bene ❤️Fogna”Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Mayar Sherif: “Il mondo si è mobilitato per l’Ucraina, assai poco per la Palestina, questo è razzismo”

    Mayar Sherif

    La tennista egiziana Mayar Sherif accusa la comunità internazionale di scarso interesse e impegno per sostenere il popolo palestinese, alle prese prima con la dittatura del gruppo terrorista Hamas e quindi sotto il fuoco della guerra con Israele. Mayar ha parlato di questo e altri argomenti in un’intervista a Sebastian Varela di Clay, della quale riportiamo alcuni passaggi significativi.
    “Pressione per rappresentare le donne arabe? Mi piace questo tipo di pressione. La generazione più giovane in Egitto mi guarda sempre, mi piace perché mi aiuta a spingermi oltre i miei limiti. Io cerco di essere più attiva, migliorarmi e dimostrare alle giovani che non c’è limite, che possono andare dove vogliono e che bisogna sognare. C’è già un esempio al miglior livello mondiale (Jabeur, ndr). Se vado in un circolo di tennis, sì, mi riconoscono e mi fanno molte feste. Ma il tennis in Egitto non è ancora così famoso, ed è un passo che voglio sfruttare di più, per far crescere questo sport nel mio Paese e nella mia regione”.
    Sherif parla del messaggio di Jabeur nel corso delle WTA Finals, a sostegno della Palestina in quest’epoca di guerra: “Ciò che sta accadendo nel mondo non è normale. Ciò che sta accadendo a Gaza è molto triste. Non ci sono scuse, nessuna, per ciò che Israele sta facendo al popolo palestinese. Non ci sono scuse nemmeno per l’oppressione, l’occupazione illegale, tutte le aggressioni… tutto questo non è iniziato in ottobre, ma va avanti dal 1948. Succede spesso e tutti hanno chiuso gli occhi perché politicamente Israele è molto forte. Questo non è giusto. È un peccato vedere che la politica è più importante della vita delle persone, della sofferenza di tante persone, di tante vite umane in gioco. È così triste vedere che il potere e l’avidità contano più dell’umanità, delle persone, dei cuori”.
    Mayar è molto vicina alla gente di Gaza e punta il dito contro la comunità internazionale: “No, non ho amici che vivono a Gaza. Anche in Egitto è una piccola comunità. Gaza è una prigione a cielo aperto, il che è molto triste, anche considerando che i palestinesi hanno diritto ad avere un loro Stato. La comunità internazionale? Ora forse la gente inizia a prestare maggiore attenzione a ciò che sta accadendo. Le persone che hanno sostenuto questa aggressione e questo fuoco insensato ora si nascondono. Abbiamo visto che il presidente francese (Emmanuel Macron) ha cambiato idea ed è uscito per dire il contrario, perché non è possibile non condannare le atrocità che si stanno verificando. Devi davvero essere razzista… Sì, questo è razzista. Abbiamo visto il mondo mobilitarsi per la guerra in Ucraina… e questo di Gaza è dieci volte peggio. Gli aiuti umanitari che stanno entrando a Gaza sono molto scarsi. Qual è la differenza tra il popolo ucraino e il popolo di Gaza? Vi dico: il colore degli occhi, il colore dei capelli e che alcuni sono musulmani e gli altri vengono dall’Europa“.
    L’egiziana accusa anche la WTA di scarso impegno: “Ovviamente la WTA non ha preso la stessa posizione, perché politicamente il mondo non si è comportato allo stesso modo quando è successo con gli ucraini o poi ai palestinesi. La WTA ha raccolto fondi e donato denaro agli ucraini. Vai negli spogliatoi e trovi le spille dell’Ucraina per sostenerli… vediamo come reagirà la WTA adesso, dove si posizionerà la WTA. Perché adesso ci sono paesi che non ti permettono di avere bandiere palestinesi e non ti permettono di stare accanto alla Palestina. Ci sono calciatori che sono stati sospesi dalla propria squadra solo per aver parlato in difesa della Palestina. Si parla di democrazia, di libertà di espressione nei paesi più moderni del mondo, ma adesso questo non è permesso? Ora stiamo vedendo qual è la posizione del mondo reale”.
    Nemmeno i suoi colleghi sostengono la causa palestinese, soprattutto per ignoranza sul tema: “Giocatori? No, non ne parlo con altri, perché molti non capiscono nemmeno cosa sta succedendo. Non mi piace entrare in politica, ma se qualcuno me lo chiedesse, ovviamente sì, ne parlerei. Ma la gente sa dove mi trovo. Lo dico molto chiaramente. Ons? Potremo fare qualcosa, forse dovrei contattarla per questo. Non so come poter aiutare materialmente, ma forse è una buona idea parlarne”.
    Alcuni passaggi dell’intervista sono molto duri. Sherif vede la situazione con altri occhi rispetto al mondo occidentale, ma è innegabile la differenza di trattamento mediatico tra la guerra in Ucraina e quella in Medio Oriente. Situazioni che dovrebbero far riflettere.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO