More stories

  • in

    Ciclismo, Tirreno-Adriatico: Ackermann concede il bis

    Il tedesco della Bora-hansgrohe, leader della classifica generale, si conferma il migliore dei velocisti bruciando al traguardo per pochi centimetri il colombiano Fernando Gaviria e il connazionale Rick Zabel. Quarto, e primo degli italiani, Davide Ballerini LEGGI TUTTO

  • in

    Ciclismo, Tour de France: negativi tamponi su corridori, positivo il direttore della corsa Prudhomme

    CHATEAU D’OLÈRON – Si riparte, il Tour è Covid-free, almeno per quanto riguarda i corridori. Nessuno dei 165 atleti in gara è stato testato positivo al virus nel giorno di riposo, ma sono stati allontanati quattro membri degli staff di Ineos, Cofidis, Mitchelton e Ag2r. Per il regolamento del Tour, due positivi nella stessa squadra avrebbero causato il ritiro in blocco della squadra stessa. Ma c’è un fatto clamoroso: Christian Prudhomme, direttore del Tour, è stato trovato positivo. E’ asintomatico ma deve fermarsi. Il suo posto viene assunto da François Lemarchand. Nella tappa di Laruns, Prudhomme aveva ospitato nella sua ammiraglia il primo ministro francese Castex. Al suo posto È stata un’attesa snervante nel villaggio di partenza, cadenzata dai tweet dei team che uno dopo l’altro hanno postato la situazione dei propri corridori. Il comunicato ufficiale era previsto per le 10, ma i tempi si sono dilatati. L’arrivo dei primi pullman delle squadre è stato il segnale atteso. La partenza della tappa è prevista per le 13.30. Frazione piatta tra l’Ile d’Oléron e l’Ile de Re, occhio però al vento: si corre lungo l’Atlantico su strade strette e abbastanza pericolose. Ciclismo LEGGI TUTTO

  • in

    Ciclismo, Tour de France; Caruso: “La bolla funziona. Ma tifosi, sosteneteci da lontano”

    LARUNS – Col il suo 16° posto nella generale a 3’42” da Roglic, Damiano Caruso è di gran lunga il miglior italiano del Tour. Per trovarne un altro in classifica bisogna scendere al 56° posto di Formolo. Da Bettiol in poi siamo già oltre l’ora di ritardo. Ma non è solo questo: il ragusano Caruso sta mostrando una volta di più le sue qualità di uomo squadra. In questa occasione è la spalla fondamentale di Mikel Landa nella Bahrain-McLaren. Entrambi, senza il 1’21” beccato nella tappa dei ventagli di Lavaur sarebbero molto più su in classifica. Intanto, però, in questo lunghissimo giorno di riposto c’è lo scoglio dei tamponi da scavalcare. Ansia, Caruso? “Un po’, ma giusta, sono consapevole di aver fatto tutto perbene, a mio giudizio la storia della bolla sta funzionando. Domani sapremo”. Com’è andata con il tampone? “L’abbiamo fatto al mattino presto, in una struttura simile a un museo, non era un ospedale ma c’erano comunque medici e infermieri, in pochi minuti avevamo finito”. Si sente con la coscienza a posto insomma. “All’inizio ero un po’ scettico, ma siamo molto attenti, dal personale a noi corridori, evitiamo anche contatti inutili. Lavorando tutti insieme e facendo tutto quello che si deve si riduce drasticamente il pericolo di contagio”. Lei è solo in camera? “No, dormo con Sonny Colbrelli. Ora a La Rochelle ci è andata male, ne abbiamo avuto una affacciata su uno scalo merci, alcuni compagni invece hanno la vista sul porto e sulla ruota panoramica. Scherzi a parte, siamo molto concentrati e non commettiamo errori, la mascherina fuori corsa la portiamo sempre”. Il problema, forse, è proprio la corsa. “Sui Pirenei c’è stato qualche problema, me ne sono reso conto vedendo delle foto e i filmati. Quando ero in salita ero talmente concentrato da non aver notato che tante persone non indossassero la mascherina correttamente, o non l’avessero affatto. Mi aveva impressionato sì la quantità di gente, come se niente fosse, come se il virus non esistesse. Ma è un modo positivo di reagire. Ancor di più sarebbe però applaudirci a distanza, con la mascherina messa bene”. E se il Tour finisse così, per Covid? “Non voglio pensarci. Ma non ho mai avuto paura di ammalarmi in corsa. Se l’avessi avuta, sarei rimasto a casa”. Sarebbe un peccato per lei, ottimo 12° a Laruns, e per Landa, 5° nell’ultima tappa e ora 10° in classifica e in grande ascesa. “Landa sta andando bene, peccato per il ventaglio di Lavaur. Siamo stati anche abbastanza sfortunati dall’inizio. Valls si è ritirato, Poels ha una costola incrinata. Landa sui Pirenei, comunque, ha dato la sensazione di esserci. Stiamo lottando. Io mi sento molto bene, è uno dei miei migliori Tour”. Come definisce il suo ruolo? “Io sono un operaio specializzato, ho il compito di stare accanto al capitano e di scortarlo il più possibile sulle salite dei grandi giri. L’ho fatto con Nibali, ora lo faccio con Landa. Lo faccio da sempre. Spazio personale ce n’è poco, è vero, ma ormai sono diversi anni che mi sono ritagliato questo ruolo. Mi diverte, quando sto bene in salita mi esalto e poi a sera vado a letto contento. Lo stress lo lascio a quelli che devono vincere il Tour. Per me è bello essere importante per il capitano”. Ha qualcosa di antico, tutto questo. “Nel ciclismo i Caruso ci sono sempre stati. Non li troviamo negli albi d’oro, è vero. Ma in questo sport c’è spazio se hai l’umiltà di capire chi sei e cosa puoi fare”. Il 2 agosto ha vinto in Spagna, al Circuito de Getxo, la sua seconda corsa da professionista, sette anni dopo la prima. Perché ora non va fuori classifica, si getta in una fuga e prova a vincere una tappa? “Perché Landa ha bisogno di me, e io ho il dovere di stare con lui”. Che pensa della crisi di Aru? “Gli ho mandato un messaggio ieri, dopo la tappa. Gli ho detto di resettare tutto e di rispondere al telefono solo ad amici e parenti. Ripartire dalle piccole corse, ritrovare il gusto del piazzamento: questo deve fare. E non pensare a quando vinceva ed era un idolo per tanti. Deve pensare al presente e al futuro, e a ricostruirsi piano piano”. E se facesse un passo indietro e si ritagliasse un ruolo simile al suo, per un capitano? “Non è facile, non è un ruolo che si inventa dall’oggi al domani. Bisogna averlo nella testa”. Un giorno si ritirerà a Punta Secca, la spiaggia del commissario Montalbano, a pochi passi da casa sua, e metterà giù due ombrelloni? Ci pensa al futuro? “Non ancora. Ho 32 anni, finché il fisico regge tengo duro e vado avanti. Al futuro penserò quando arriverà. Non penso ad altro che alla bicicletta. Se pure mettessi su un negozio di cioccolatini, ora, dovrei stargli dietro, e non ho tempo”. E al Mondiale di Imola ci pensa? In azzurro ha corso una fantastica Olimpiade a Rio, nel 2016. “Stamattina ho parlato con Cassani. Mi ha spiegato il percorso. Sarebbe stato meglio per me se fosse rimasto quello di Martigny. Questo mi pare più adatto a scattisti come Alaphilippe o Van Aert. Ma se dovessi essere chiamato, risponderò presente. Ci mancherebbe”.   LEGGI TUTTO

  • in

    Ciclismo, Tirreno-Adriatico: sprint 'impossibile' di Ackermann, battuto Gaviria

    LIDO DI CAMAIORE – Pascal Ackermann ha vinto la prima tappa della 55esima edizione della Tirreno-Adriatico, frazione di 133 chilometri svoltasi a Lido di Camaiore. Il 26enne tedesco della Bora-Hansgrohe ha beffato in volata il colombiano Fernando Gaviria (UAE Team Emirates) e Magnus Cort Nielsen (EF Pro Cycling). Uno sprint ‘impossibile’, visto che Gaviria ormai sembrava avviato a dominare la volata, Ackermann però è stato abilissimo, trovano un pertugio strettissimo a ridosso delle transenne.”Ho vinto grazie al colpo di reni”La tappa è stata caratterizzata da una caduta, a poco più di un chilometro dal traguardo, che ha coinvolto fra gli altri Haussler, Merlier e Dainese. Grazie a questo risultato, Ackermann veste la prima maglia azzurra di leader della generale. “E’ stata una vittoria incredibile nella prima tappa di una corsa bellissima – le parole del tedesco dopo l’arrivo -. Grazie a tutta la squadra, che ha lavorato per me: sono molto felice. Ho fatto una buona volata, ho vinto soprattutto grazie al colpo di reni finale”. Ackermann indossa inoltre la maglia arancio di leader della classifica a punti, l’australiano Natal Haas quella verde di leader degli scalatori. Infine, al polacco Szymon Sajnok va la maglia bianca di miglior giovane. LEGGI TUTTO

  • in

    Ciclismo, Tour e tamponi: solo martedì i risultati dei test

    LA ROCHELLE – Giornata campale per il Tour, anche se oggi non si correrà. Negli hotel delle squadre, concentrati intorno a La Rochelle, e via email a tutti i corridori arriveranno gli esiti dei tamponi anti-Covid ai quali ognuno dei rimasti in gara deve obbligatoriamente sottoporsi. Oltre agli atleti, devono essere testati anche i membri degli staff delle 22 squadre, in tutto circa 650 persone. C’è però una novità importante. Il Tour ha predisposto una sorta di secondo giro di test per colori i quali dovessero essere trovati positivi al Covid. Questa seconda tornata, quasi fossero delle controanalisi, verrà effettuata entro martedì mattina e i risultati saranno disponibili prima delle 10. In questo modo verrebbero evitati con buone probabilità di successo i casi di falsi positivi, un fatto accaduto di recente a diversi corridori, tra i quali Leonardo Basso e il canadese Hugo Houle, quest’ultimo in corsa al Tour con la maglia della Astana. Una tutela per i corridori, ostaggio nelle giornate pirenaiche delle manifestazioni d’affetto troppo ravvicinate dei tifosi, buona parte dei quali privi di mascherina, o con mascherine indossate nel modo sbagliato. Loro, i corridori, sono molto attenti: prima del via indossano mascherine che poi vengono ritirate da un addetto e deposte in un grande sacco. Dopo il traguardo gli uomini dei team porgono altre mascherine agli atleti, che quindi non affrontano un metro di strada extra-corsa privi di protezione. Anche sul palco delle premiazioni grande attenzione. Primoz Roglic ha indossato da solo la maglia gialla, una prassi divenuta indispensabile.Ciclismo LEGGI TUTTO

  • in

    Ciclismo, Tour de France: Roglic conquista la maglia gialla. La seconda sui Pirenei è di Pogacar, si ritira Aru

    Pirenei, atto secondo: cambia la maglia gialla. La prende Primoz Roglic, secondo sul traguardo di Laruns. La tappa la vince un altro sloveno, Tadej Pogacar. Già sul tratto più duro Col de Marie-Blanque aveva acceso la miccia. E’ stato poi quello più fresco in una volata senza tattiche e astuzie, dove contava solamente spingere. E se non ci fosse stata la tappa del vento, in cui ha pagato l’inesperienza dei 22 anni… Non parla però solo sloveno questo Tour. Egan Bernal c’è: stavolta per non patire i cambi di ritmo, spesso è messo personalmente a tirare. Crescita di condizione evidente per il vincitore del Tour dello scorso anno. La seconda sui Pirenei, che anticipa il primo giorno di riposo, dice anche che Landa quando la strada sale c’è sempre, che Quintana è ancora carente sui dettagli, che i francesi Martin e Bardet ancora possono dire tanto, che Rigoberto Uran zitto zitto guadagna punti, che Adam Yates pur non crollando è rientrato nei ranghi. E che Marc Hirschi è corridore veramente tosto. Anch’egli 22enne, svizzero come Cancellara, l’ultimo di quelle parti a vincere una tappa alla Grande Boucle. “E’ il Kylian Mbappé del ciclismo”, lo ha definito il buon Fabian alla stampa transalpina. E lui continua a rispondere. A Nizza è stato battuto solo da Alaphilippe. Stavolta fa vedere cose ancora più importanti: inizia ad attaccare in discesa subito dopo il primo GPM, viene raggiunto, riparte, resta solo, si illude, viene ripreso all’ultimo km. Morale ferito, eppure il primo a rilanciare in volata: è terzo, ma i tempi per una impresa sono maturi.Tanti spunti nel giorno in cui Pau viene celebrata per la 72esima volta sede di tappa, un rito iniziato nel 1930. Fu uno dei due Tour di Andre Leducq (uno capace di vincere grazie a un pedale di fortuna offerto da uno spettatore quando tutto sembrava perduto). Quel giorno però si parlò italiano: vittoria di Alfredo Binda, in maglia gialla Learco Guerra. Tempi lontanissimi, lo certifica il Col del la Hourcere. E’ una primizia per il Tour: 11,1 km all’8,8%, Fabio Aru però non lo metterà nel libro dei ricordi. Abandon: radio corsa sentenzia una situazione precaria che, a parte un guizzo dei giorni scorsi durato esattamente 7 km, era apparsa chiara. Nel dna del sardo non ci sono tracce di quell’Aru che seppe conquistare 3 anni fa la maglia gialla. La crisi, il ritiro, tutto ci può stare: però forse la scelta di partecipare ad una corsa come il Tour poteva essere valutata con maggiore attenzione. E Pogacar, come se non bastasse, perde una pedina preziosa. Durissimo il commento di Giuseppe Saronni, che nella formazione emiratina ha un ruolo dirigenziale, ha analizzato duramente la situazione ai microfoni di Rai 2: “Aru ci ha deluso. Ha dei problemi, anche psicologici. Non reagisce alle prime difficoltà: va giù, non ha quel carattere. Dobbiamo fare delle valutazioni su chi ha deciso di portarlo al Tour de France“. Cenni di cronaca ulteriori. Partenza a tutta, difficile trovare spazio per la fuga. Poi ci riesce Hirschi. Dietro la Jumbo monopolizza: Dumoulin ormai fa il gregario a Roglic, ma questo si era già capito. La tappa è dura ma non durissima. Se decide sul Col de Marie Blanque, prima categoria, 7.7 km all’8.6%. Pogacar attacca, ma ormai hanno capito che è pericoloso. Con lui vanno Roglic, Landa e Bernal. Dietro Quintana, i francesi, Uran non mollano. Hirschi cerca una crono disperata per resistere, ma i sogni sfumano sul più bello. E la Slovenia fa ancora festa: “Ringrazio il team, hanno fatto un gran lavoro – spiega Pogacar -. Dopo una tappa così dura è pazzesco aver vinto proprio qua per la prima volta al Tour. Sono contento di questa prima settimana, abbiamo sbagliato solo la tappa in cui c’è stato il ventaglio”. Parola a Roglic: “E’ stato davvero difficile oggi,ma ho visto i miei compagni motivati. A quel punto ho capito che poteva essere una buona giornata. E’ stato davvero un buon lavoro, fin dal km 0. La maglia gialla è sempre stata il mio sogno, la dedico alla mia famiglia, sono molto orgoglioso”.ORDINE D’ARRIVO1. Tadej Pogacar        (Slo, UAE-Emirates)      in 3h55’17″2. Primoz Roglic        (Slo, Jumbo-Visma)              s.t.3. Marc Hirschi         (Svi, Team Sunweb)              s.t.4. Egan Bernal          (Col)                           s.t.5. Mikel Landa          (Esp)                           s.t.6. Bauke Mollema        (Ned)                     a    0’11″7. Guillaume Martin     (Fra)                           s.t.8. Romain Bardet        (Fra)                           s.t.9. Richie Porte         (Aus)                           s.t.10. Rigoberto Uran       (Col)                           s.t.11. Nairo Quintana       (Col)                           s.t.15. Adam Yates           (Gbr)                     a    0’54″16. Miguel Angel Lopez   (Col)                           s.t.17. Tom Dumoulin         (Ned)                           s.t.33. Thibaut Pinot        (Fra)                     a    9’28″CLASSIFICA GENERALE1. Primoz Roglic         (Slo, Jumbo-Visma)       in 38h40’01″2. Egan Bernal           (Col, Ineos-Grenadiers)   a     0’21″3. Guillaume Martin      (Fra, Cofidis)            a     0’28″4. Romain Bardet         (Fra)                     a     0’30″5. Nairo Quintana        (Col)                     a     0’32″6. Rigoberto Uran        (Col)                            s.t.7. Tadej Pogacar         (Slo)                     a     0’44″8. Adam Yates            (Gbr)                     a     1’02″9. Miguel Angel Lopez    (Col)                     a     1’15″10. Miguel Landa          (Esp)                     a     1’42″14. Tom Dumoulin          (Ned)                     a     3’22″15. Richard Carapaz       (Ecu)                     a     3’42″24. Thibaut Pinot         (Fra)                     a    28’32” LEGGI TUTTO

  • in

    Ciclismo, Tour: le smorfie di Pinot, corridore da romanzo

    Loudenvielle – Oggi inizia un’altra carriera per Thibaut Pinot. La prima, quella che si è interrotta bruscamente ieri sul Port de Balès, gli ha riservato una tale dose di sfortune da renderlo un personaggio ormai da romanzo, al di là del bene e del male che è comunque riuscito a compiere in bicicletta: il non moltissimo che ha vinto, tra cui tappe a Giro, Tour e Vuelta e un Lombardia, e il moltissimo che avrebbe potuto vincere, con le qualità che ha. Ma quelle, da sole, non bastano. Men che meno in uno sport spietato come questo.Stavolta è stata la caduta di Nizza a bloccarlo. Ha un ematoma sulla schiena e non riesce a spingere in salita. Aveva provato a mascherare il tutto, poi sul Balès, nemmeno in cima e nemmeno dopo un particolare forcing di questo o quell’altro, si è lasciato andare. Si è trovato la squadra attorno ed è scivolato via via fino ai 19 minuti incassati, e il tempo l’ha passato chiacchierando con i compagni e facendo smorfie di dolore. Le sue solite. Quelle che lo renderanno un’icona. Tibo indietro, Tibo e un altro Tour che se ne va. L’ha finito solo due volte. Questo non è finito, ma è come se lo fosse. Quello buono sembrava lo scorso, dopo la vittoria sul Tourmalet, con Madiot in estasi mistica e la Francia pronta ad aprire Champagne in cantina dal 1985. Niente da fare. Una botta al manubrio col ginocchio in una tappa di pianura. Altre lacrime e altre smorfie, e i compagni intorno. E così nel 2017, nel 2016 e nel 2013. E così al Giro 2018, quando prese la polmonite tra Bardonecchia e Cervinia. Lo portarono in ospedale ad Aosta. L’Italia poteva costargli la pelle, l’Italia che ama: ha un tatuaggio in italiano, “Solo la vittoria è bella”, era un ragazzo quando vinse il Giro della Valle d’Aosta e la Settimana Bergamasca.Ciclismo LEGGI TUTTO

  • in

    Ciclismo, Tour de France: a Peters la prima sui Pirenei. Adam Yates resta in giallo, crollo di Pinot e Alaphilippe

    Il Tour inizia a mostrare la sua cattiveria. Vero, la prima sui Pirenei lascia in maglia gialla un ottimo Adam Yates e i distacchi tra i primi restano sostanzialmente lillipuziani. Ma verdetti e sensazioni non mancano. Roglic fa parte delle seconde: è quello che sembra avere la forma migliore. Ormai il capitano della Jumbo indiscusso è lui, Dumoulin non ne ha più di tanto e farà il gregario. Tra i colombiani, Nairo Quintana (pur con qualche timidezza di troppo) sembra tornato ai livelli di qualche stagione fa. Bernal invece, pur non perdendo nulla, continua a soffrire sulle accelerazioni. Molto bene Pogacar, vittima del vento nel giorno precedente, che mostra la rabbia del riscatto e guadagna una manciata di secondi: “E’ stata una buona giornata per me – spiega il giovane scalatore sloveno – nel tratto in discesa ho recuperato 40″ andando più veloce che potevo”. I verdetti in larga parte riguardano i francesi. Sul Port de Balés, seconda ascesa di giornata, va in scena l’ennesimo calvario di Thibaut Pinot. Vederlo destreggiarsi nel vento, senza goffagini, nella tappa precedente, aveva indotto in errore. Invece la smorfia della resa, sofferta e fragile, è di quelle già viste tante volte nei grandi giri. Sul Peyresourde, terza ascesa prima della picchiata verso il traguardo, alza bandiera bianca Julian Alaphilippe: scatta, ma è l’attacco alla baionetta contro chi ha bombe e mitragliette… Anche lui fuori dai giochi.Narrata finora, la giornata sembra infausta per i padroni di casa (a proposito, anche sul fronte italiano sono dolori. Si sono ritirati Rosa e Nizzolo). Ci sono però un paio di salvatori della patria. Il primo è il vincitore di tappa, di gran lunga il più bravo dei fuggitivi di giornata. Nans Peters: è di Grenoble, tanto che tra i suoi alias c’è il ‘Guerriero delle Alpi’. Intanto si prende i Pirenei, facendosi spazio nella schiera di quelli che vincono poco ma bene: è la seconda vittoria in carriera, la prima nello scorso Giro d’Italia, nella tappa di Anterselva. Peters vince anche perché Ilnur Zakarin, il più pericoloso tra i compagni di fuga, è assalito dai tormenti quando la strada scende. Le picchiate dalle cime pirenaiche sono poco raccomandabili, e lui al Giro d’Italia quasi si ammazzò scendendo dal Colle dell’Agnello. Stavolta in 5/6 curva dà la sinistra sensazione di un replay, se la cava ma alla fine la tappa gli scivola di mano. Gli altri salvatori francesi sono due intellettuali: Guillaume Martin e Romain Bardet. Quest’ultimo sembrava sparito dal radar dopo tante delusioni, ci rientra guizzo finale (un paio di secondo presi a Yates) che fa ben sperare. Per chiudere, dai verdetti torniamo alle sensazioni. Domenica altra tappa ‘seria’, con il Col de Marie Blanque nel finale. Potrebbe essere il momento giusto per dare un primo volto al cattivo del Tour.ORDINE D’ARRIVO1. Nans Peters (Fra, AG2R-La Mondiale) in 4h02’12″2. Tom Skujins (Lat, Trek-Segafredo) a 47″3. Carlos Verona (Esp, Movistar) s.t.4. Ilnur Zakarin (Rus) a 1’09″5. Neilson Powless (Usa) a 1’41″6. Ben Hermans (Bel) a 3’42″7. Quentin Pacher (Fra) s.t.8. Soren Kragh Andersen (Den) a 4’04″9. Tadej Pogacar (Slo) a 6’00″10. Romain Bardet (Fra) a 6’38″11. Miguel Angel Lopez (Col) a 6’40″12. Adam Yates (Gbr) s.t.13. Egan Bernal (Col) s.t.16. Primoz Roglic (Slo) s.t.17. Nairo Quintana (Col) s.t.30. Tom Dumoulin (Ned) a 8’47″38. Julian Alaphilippe (Fra) a 18’07″45. Fabio Aru (Ita) a 19’44″64. Thibaut Pinot (Fra) a 25’23″CLASSIFICA GENERALE 1. Adam Yates (Gbr, Mitchelton-Scott) in 34h44’52″2. Primoz Roglic (Slo, Jumbo-Visma) a 3″3. Guillaume Martin (Fra, Cofidis) a 9″4. Romain Bardet (Fra) a 11″5. Egan Bernal (Col) a 13″6. Nairo Quintana (Col) s.t.7. Miguel Angel Lopez (Col) s.t.8. Rigoberto Uran (Col) s.t.9. Tadej Pogacar (Slo) a 48″10. Enric Mas (Esp) a 1’00″15. Tom Dumoulin (Ned) a 2’20″17. Richard Carapaz (Ecu) a 2’40″26. Julian Alaphilippe (Fra) a 11’42″29. Fabio Aru (Ita) a 18’10″30. Thibaut Pinot (Fra) a 18’56” LEGGI TUTTO