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    Ciclismo, Tour de France; Rogla e Pogi, amici-nemici: è la settimana della verità

    C’è il Tour degli sloveni e poi il Tour degli altri. Finora Roglic e Pogacar, primo e secondo della generale, hanno disposto a piacimento degli arrivi in salita e delle tappe dure. A Orcières-Merlette primo il capitano della Jumbo, 2° il giovane della UAE. A Loudenvielle, il giorno dopo la tappa dei ventagli, Pogacar ha inflitto 40″ a Roglic, scalando a tempo di record il Peyresourde. A Laruns vittoria di Pogacar su Roglic. Sul Puy Mary Roglic e Pogacar a braccetto, gli altri distanti. Sul Grand Colombier Pogacar su Roglic con minimo ma significativo vantaggio sul resto della compagnia, e Bernal, il principale guastafeste del party sloveno, eliminato definitivamente. Ha ragione ora Roglic, nell’ultimo giorno di riposo e alla vigilia della tappa di Villard-de-Lans a dire che “il Tour lo vincerà sicuramene uno sloveno”, e non c’è dubbio che, con i 40″ di vantaggio su Pogacar, sia lui il più indiziato del non impossibile gioco dell’indovina chi. Ma Pogi non ci sta, almeno a parole: “Non avrei mai immaginato a Nizza di essere al punto dove sono ora, ma alla maglia gialla ci penso, eccome se ci penso”. Al tempo stesso, il ragazzo teme le crisi da terza settimana: “Facilissimo, abbiamo visto corridori crollare, ed è possibile andare incontro a una giornataccia, e sulle salite che mancano fioccherebbero i minuti”. Roglic ha gli stessi timori, ma anche una squadra capace di accudirlo alla perfezione: “Mi piacerebbe vincere anche per loro, lo meritiamo tutti”.La differenza principale tra Rogla e Tamau è proprio la compattezza di squadra, granitica la Jumbo, praticamente inesistente in salita la UAE. Ma Pogacar sembra non soffrirne. E sembra in grado, lui da solo, se lo volesse, di mandare in crisi l’armata giallo-nera. Come? Di certo senza azioni scriteriate: la Jumbo lo cucinerebbe a fuoco lento se partisse lontano dal traguardo. L’obiettivo di isolare Roglic pare un’utopia. E allora, che fare? Cercare di erodere secondo su secondo negli arrivi duri (la Loze è però l’unico al termine di una salita lunga) e di giocarsi tutto nella cronoscalata della Planche des Belles Filles. Roglic è più forte a cronometro, sulla carta. Nell’unica crono di un grande giro corsa da entrambi, la Jurançon-Pau della Vuelta 2019, Roglic ha inflitto 1’29” al connazionale. Ma era una prova quasi completamente pianeggiante. Invece la Planche premierà davvero lo scalatore più forte. 40″ sembrano tanti da recuperare, ma se lo svantaggio scendesse intorno ai 20″, la crono del penultimo giorno diventerebbe uno scontro totale. Da non dimenticare che nella cronometro del campionato nazionale sloveno, lo scorso 28 giugno, una cronoscalata verso Pokljuka, Pogacar ha infilitto 9″ a Roglic in 15.5 km. La Planche è divisa in due parti: salita lentissima ma costante per i primi 30 km, impennata negli ultimi 6, con tratti al 20% e una media dell’8.5. In ogni caso, se i due amici dovessero decidere di farsi davvero la guerra, assisteremmo a un’ultima settimana davvero spettacolare. LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tirreno-Adriatico: super Ganna nella crono, a Simon Yates la classifica finale

    SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La 55esima edizione della Tirreno-Adriatico se la aggiudica il britannico Simon Yates del team Mitchelton-Scott. Il podio finale della Corsa dei Due Mari viene completato dal suo connazionale Geraint Thomas del Team Ineos e dal polacco Rafal Majka della Bora-Hansgrohe. Questi i verdetti finali dopo l’ultimo impegno, la cronometro di 10,1 km di San Benedetto del Tronto vinta dal 24enne Filippo Ganna del Team Ineos, davanti al belga Victor Campenaerts (NTT Pro Cycling) staccato di 18″ e all’australiano Rohan Dennis (Team Ineos) con 26″ di ritardo.Super Ganna a San BenedettoFilippo Ganna, nel 2019 campione nazionale a cronometro e medaglia di bronzo mondiale di specialità, ha ‘polverizzato’ i concorrenti nella crono di San Benedetto. Il verbanese, che ha chiuso con una media di 56,6 km/h, ha cominciato ad assaporare la vittoria quando al traguardo sono arrivati i rivali più temibili, come Campenaerts, l’iridato suo compagno di squadra Dennis (lasciato a 26″), e l’olandese Jos Van Emden. Una grande soddisfazione per il ciclismo italiano e per la Ineos, che invece non riesce a portare a casa la vittoria nella classifica generale perché Geraint Thomas recupera ‘solo’ 22 secondi sul leader Simon Yates della Mitchelton-Scott. Il gallese si deve accontentare di superare in classifica generale Rafal Majka (Bora-Hansgrohe) che chiude al terzo posto finale. Yates si porta quindi a casa la maglia azzurra del vincitore, mentre la maglia arancione (classifica a punti) va Pascal Ackermann della Bora-Hansgrohe, vincitore delle prime due tappe in volata; maglia verde (classifica scalatori) a Hector Carretero della Movistar, visto più volte in fuga; la maglia bianca (miglior giovane) se la aggiudica Aleksandr Vlasov della Astana, quinto in classifica generale avendo perso una posizione da un ottimo Wilco Kelderman della Sunweb. Capitolo italiani. Due hanno chiuso nella top ten: Fausto Masnada (Deceuninck QuickStep) al sesto posto, avendo perso anche lui una posizione da Kelderman oggi, e Gianluca Brambilla (Trek Segafredo) che chiude al nono posto.Yates: “Ho dato tutto, fantastico vincere questa corsa””Sono felicissimo per questa vittoria – ha dichiarato il vincitore finale Yates -. La squadra ha fatto un ottimo lavoro per tutta la settimana. Oggi non ero il favorito quindi questo risultato è ancora più importante per me. Sono andato a tutta e veramente ho dato il massimo in ogni tappa. È fantastico aver vinto questa corsa”. “Sono molto felice della mia performance anche perché ho riportato l’Italia a vincere una tappa alla Tirreno-Adriatico – ha invece detto Filippo Ganna -. Mi dispiace per Thomas che ha chiuso secondo nella generale, speriamo che riesca a fare qualcosa in più al Giro d’Italia”. LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France: Pogacar vince sul Gran Colombier, Roglic sempre più leader. Bernal alla deriva

    Trentaquattro giorni fa, non dieci anni, al Tour de l’Ain: Roglic primo sul Gran Colombier, Bernal a quattro secondi, Quintana a sei. Scontato etichettare quell’ordine d’arrivo come un preludio di quello che sarebbe successo al Tour. E invece…  Il Massiccio del Giura con la sua imponenza si erge a primo giudice. Roglic per ora blindail Tour: forte lui, fortissima la squadra, che replica le dinamiche dei controversi postini di Armstrong o del Team Sky di Chris Froome. Un lavoro estenuante, costante, a tratti violento, in attesa che il leader faccia razzia. Egan Bernal va alla deriva: quando mancano 13 km si spegne la luce, un blackout, più vistoso della breve interruzione di energia del Puy Mary. Perde oltre sette minuti, processi in vista nel team Ineos dopo la scelta di puntare sul colombiano nonostante la presenza in rosa dello stesso Froome e di Thomas. A proposito di colombiani, male anche Nairo Quintana, che di minuti ne perde 4. E allora Tour finito? Neanche per sogno, perché sul Grand Colombier si conferma la splendida, folle giovinezza di Tadej Pogacar. Aveva già vinto, si ripete e rosicchia 4’’ di abbuono alla maglia gialla. Può insidiarlo? Solo se Roglic accusasse una giornataccia. Caso contrario, portare un attacco contro una squadra che ha 5 fenomeni che scandiscono il ritmo è un problema serissimo. Il discorso comunque sembra tra loro due: Uran, Miguel Angel Lopez, Simon Yates, Richie Porte, Mikel Landa. Tosti, regolari, ma al momento non pronosticabili oltre il buon piazzamento. Insomma, Gran Colombier severo giudice di primo grado. L’appello mercoledì a Méribel, la cassazione sabato nella arrampicata a cronometro verso La Planche des Belles Filles. Ma il Tour è ben indirizzato… Tappa splendida e terribile. Un centinaio di km piani, per stuzzicare la voglia dei fuggitivi, poi nell’ordine: Montée de la Selle, il Col de la Biche e Grand Colombier. Una salita infinita che (17,4 km al 7,1% di pendenza media), per la prima volta è traguardo alla Grande Boucle, che l’ha conosciuta nel 2012 (con le smorfie di Thomas Voeckler). Il rapporto con il ciclismo però è assai più datato. Nel 1980 ci passò il Tour de l’Avernir, corsa per dilettanti che vinta dal professionista di stato Sergej Suchorucenkov, il sovietico medaglia d’oro ai Giochi di Mosca che in Italia faceva sempre qualcosa di buono al Giro delle Regioni.Cronaca. Va via un dappello. Ledanois, Geschke, Trentin, Marcato, Bonifazio, Herrada, Gogl e Rolland. Gli ultimi due sono quelli che resistono meglio in salita, ma dietro si fa troppo sul serio anche per una semplice illusione. La Jumbo di Roglic è tirannica: Gesink prima, poi van Aert, quindi George Bennett, e poi ancora Tom Dumoulin e infine Sepp Kuss. Un martirio per chi deve stargli dietro, è la classica selezione da dietro. Ne resistono una quindicina, poi Roglic prende in mano la situazione. Lui, Pogacar, Lopez e Porte. Vince Pogacar, Roglic si accontenta del secondo posto o è costretto a farlo. “Roglic al momento sembra inarrestabile, ma non si può mai sapere spiega il vincitore -. Una giornata negativa può capitare anche a Primoz come è successo a Bernal. Specialmente al Tour. Ci sono ancora delle opportunità. Ma oggi non aveva senso per me attaccare, il team Jumbo-Visma ha dominato la corsa”. LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tirreno-Adriatico: finalmente van der Poel. Simon Yates resta leader

    LORETO – Alla vigilia della decisiva cronometro di San Benedetto del Tronto di domani, la settima e ultima tappa della Tirreno-Adriatico, da Pieve Torina a Loreto, se la aggiudica Mathieu van der Poel della Alpecin – Fenix che si è imposto sul traguardo dopo 181 chilometri davanti a Ruben Guerreiro della EF Pro Cycling e a Matteo Fabbro della Bora – Hansgrohe. Simon Yates della Mitchelton – Scott ha mantenuto la maglia azzurra di leader della classifica generale.La tappaMathieu van der Poel, che nei giorni scosi aveva fatto vedere poco, ha vinto una delle tappe più difficili della Tirreno-Adriatico, quella ‘dei Muri’. La fuga decisiva parte al chilometro 58 con 14 corridori: l’uomo di punta è proprio l’olandese, ma ci sono anche gli italiani Alessandro Tonelli (Bardiani-Csf-Faizanè), Davide Ballerini (Deceuninck-Quick Step), Giovanni Visconti (Vini Zabù Ktm) e Matteo Fabbro (Bora-Hansgrohe). Il distacco massimo supera di poco i 5′, ma il gruppo, guidato dalla Astana e dalla Mitchelton-Scott della maglia azzurra Yates, forza e riporta il distacco sotto i due minuti a poco meno di 40 chilometri dal traguardo. A 22 chilometri dall’arrivo è Fabbro a provarci in completa solitudine: arriva arrivare all’ultimo chilometro con 17 secondi di vantaggio sugli inseguitori. Proprio nella fase conclusiva, però, il giovane friulano esaurisce le energie, mentre alle sue spalle arriva van der Poel, che lo raggiunge assieme a Ruben Guerreiro (EF) e lo supera a soli 300 metri dal traguardo, andandosi a prendere il successo di tappa davanti al portoghese e allo stesso atleta italiano. Dietro, la spinta del gruppo verso Loreto impedisce attacchi da parte degli inseguitori di Yates: alla vigilia della cronometro finale di San Benedetto del Tronto, il britannico della Mitchelton-Scott resta così in maglia azzurra, con 16 secondi di vantaggio su Rafal Majka (Bora-Hansgrohe) e 39 su Geraint Thomas (Ineos).van der Poel: “Tappa incredibile””E’ stata una tappa incredibile, molto più dura di quello che mi aspettassi – ha dichiarato van der Poel, subito dopo l’arrivo -. La squadra ha fatto un gran lavoro anche per farmi entrare nella fuga. Sapevo di dover recuperare sull’ultimo strappo prima dell’arrivo con Fabbro che era davanti a me e quando l’ho passato ho capito che avrei vinto. Sono felicissimo per questa vittoria che ho cercato dall’inizio della Tirreno-Adriatico”. “E’ stata una tappa difficile, la squadra ha fatto un ottimo lavoro controllando la corsa – le parole della maglia azzurra Simon Yates -. La Tirreno-Adriatico sarà decisa dalla cronometro di domani. I miei principali contendenti sono Thomas e Majka, penso che entrambi siano molto forti nelle prove contro il tempo”. LEGGI TUTTO

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    MotoGp, doppietta italiana a Misano: vince Morbidelli davanti a Bagnaia, Rossi è quarto. Dovizioso in testa al mondiale

    MISANO – Gli Allievi e il Maestro, trionfo italiano in MotoGP. Sembra una favola, invece è tutto vero. Vince Franco Morbidelli, campione timido e dolce, mamma brasiliana, casco dedicato all’Eguaglianza e al Black Lives Matter: anni fa Valentino lo ha letteralmente adottato, portandolo sui banchi di scuola della sua Academy di Tavullia. Sul traguardo, dietro ‘Franky’ passa la Ducati Pramac di un secondo scolaro da 30 e lode, quel ‘Pecco’ Bagnaia che – come l’altro – nelle stagioni passate ha vinto il titolo di Moto2 ma ora vuole molto di più. Anche il Doc oggi stava per salire sul podio, all’ultimo è stato beffato dallo spagnolo Mir: chiude 4° e un po’ deluso, qui a casa sua, però in fondo non importa. Il pesarese ha dimostrato di essere un esempio e un insegnante straordinario. Dopo Rossi, il motociclismo italiano può dormire sonni tranquilli: ci sono questi due straordinari ragazzi. Nel frattempo un altro pilota tricolore, protagonista di una gara anonima, può comunque festeggiare: Dovizioso approfitta dei capitomboli di Quartararo e grazie al 7° posto sul circuito romagnolo va in testa alla classifica del mondiale.  >Morbidelli: “Scusatemi, che emozione” “Non so che impressione faccia, vincere qui a Misano: devo ancora rendermene conto”, spalanca gli occhioni Morbidelli. “Sono felice, mi godo il momento. E vorrei ringraziare la squadra, i miei, tutti quelli che mi aiutano da tempo. Negli ultimi giri della corsa, in testa, pensavo a 7 anni fa: quando correvo su questa pista, nella Super Stock: anche allora avevo vinto, e la situazione era lo stessa. Anzi, no, adesso è molto meglio. Scusatemi, sono sopraffatto dall’emozione”. Moto GP LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France: Andersen, assolo capolavoro. Roglic resta in giallo

    Tanto carattere, ma lo stato di forma dei giorni migliori è un ricordo. Peter Sagan perde ancora, ma la voglia matta di riprendersi la maglia verde di leader a punti rende piacevole una tappa che – a dispetto di 5 GPM- poteva risolversi in mero trasferimento, schiacciata tra l’arrivo di venerdì a Puy Mary e quello di domenica al Grand Colombier. Sagan mette alla frusta i compagni sul Col du Beal (salita tosta, prima di giornata), si libera di Sam Bennett (il suo vero obiettivo), ma anche di un cliente inquietante come Caleb Ewan. Ma alla fine per lui sono briciole: un quarto posto, preceduto sia da Mezgec che da Simone Consonni (in tempi di vacche magre teniamoci stretto un bel podio) nella volata di consolazione. Loro sprintano mentre uno già festeggia. E’ Søren Kragh Andersen, danese, 26 anni: sublima con la sua fucilata da finisseur la splendida azione tattica della squadra, il team Sunweb. Hanno tre pallottole in canna, le usano magistralmente in un finale che prevede Côte de la Duchère e Côte de la Croix-Rousse (di fatto dei cavalcavia). Benoot è il primo a scattare, ripreso. Poi tocca all’astro nascente Hirschi, ripreso. Quindi è la volta di Andersen che fa bingo. In mezzo c’è anche lo scatto di Leonard Kamna, il tedesco della Bora, già protagonista il giorno prima in salita. E’ un compagno di squadra di Sagan, con il senno del poi la scelta di farlo andare fa sorgere qualche dubbio. Al buon Peter viene infatti a mancare una pedina chiave nel momento della verità. In classifica generale non cambia nulla: Roglic resta in giallo, la Jumbo tiene sempre le antenne dritte e non si fa sorprendere quando Egan Bernal prova sull’ultima salitella. Perché lo ha fatto il colombiano? Un messaggio psicologico al leader oppure un tentativo di chi sa di essere battuto e prova a tendere trappole in ogni dove. La risposta si avrà già domenica. Arrivo a Lione, città legata a doppia mandata al Tour, presente 100 volte su 117 edizioni. Vi si concluse la prima tappa in assoluto, nel 1903. Partenza da Parigi, arrivo dopo 467 km: vittoria di Maurice Garin, valdaostano che già da un paio d’anni da italiano era diventato francese. Garin, che poi quel Tour lo vinse, impiegò 17 ore e 45 minuti alla media di 26 km/h. Le cronache dell’epoca lo dipinsero all’arrivo in ‘’incedibile stato di freschezza’’. La stessa cosa non si disse di Eugéne Brange, l’ultimo, che arrivò quasi 21 ore dopo. Cenni di cronaca. Con la Bora di Sagan scatenata nel fare selezione, è difficilissimo andare in fuga. Per questo la tenacia di Stefan Kung, la cui capacità di cronoman gli permette di resistere abbastanza a lungo in testa, gli vale il premio del combattente di giornata.  L’ultima volta a Lione, nel 2013, a vincere fu Matteo Trentin (oggi settimo, Colbrelli nono è l’altro italiano nei primi 10). E’ anche per questo che la CCC del vicecampione del mondo coopera con la Bora nel tenere in mano la corsa. Poi però tutto diventa incontrollabile. Tutti quelli che scattano danno la sensazione di farcela. A parte il vincitore, quello che parte meglio è Alaphilippe, perfetto per un finale così. Fuori classifica, la Jumbo di Roglic se ne fregherebbe di andargli dietro se non fosse per il fatto che proprio in quei frangenti tenta Bernal… E Andersen ringrazia: “Non ho parole, che grandi emozioni. Ho sempre sognato di vincere, ma non sapevo sarei stato in grado di fare una cosa del genere. Credo di avere delle buone gambe. La situazione è cambiata da quando ha vinto Hirschi: ha dato la svolta. Siamo il team più giovane del Tour”.ORDINE D’ARRIVO1. Soren Kragh Andersen    (Den, Team Sunweb)      in 4h28’10″2. Luka Mezgec             (Slo, Mitchelton-Scott)  a    0’15″3. Simone Consonni         (Ita, Cofidis)           a    0’15″4. Peter Sagan             (Svk)                          s.t.5. Casper Philipp Pedersen (Nor)                          s.t.6. Jasper Stuyven          (Bel)                          s.t.7. Matteo Trentin          (Ita)                          s.t.8. Oliver Naesen           (Bel)                          s.t.9. Sonny Colbrelli         (Ita)                          s.t.10. Marc Hirschi            (Sui)                          s.t.12. Tadej Pogacar           (Slo)                          s.t.24. Egan Bernal             (Col)                          s.t.29. Primoz Roglic           (Slo)                          s.t.CLASSIFICA GENERALE1. Primoz Roglic          (Slo, Jumbo-Visma)       in 61h03’00″2. Tadej Pogacar          (Slo, UAE-Emirates)       a     0’44″3. Egan Bernal            (Col, Ineos-Grenadiers)   a     0’59″4. Rigoberto Uran         (Col)                     a     1’10″5. Nairo Quintana         (Col)                     a     1’12″6. Miguel Angel Lopez     (Col)                     a     1’31″7. Adam Yates             (Gbr)                     a     1’42″8. Mikel Landa            (Esp)                     a     1’55″9. Richie Porte           (Aus)                     a     2’06″10. Enric Mas              (Esp)                     a     2’54″12. Tom Dumoulin           (Ned)                     a     4’32″13. Richard Carapaz        (Ecu)                     a     5’11” LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tirreno-Adriatico: Merlier vince la sesta tappa, Simon Yates resta leader

    SENIGALLIA – Tim Merlier ha vinto in volata la sesta tappa della Tirreno-Adriatico, la Castelfidardo-Senigallia di 171 chilometri. In uno sprint a ranghi compatti, il corridore belga della Alpecin-Fenix ha superato il tedesco Pascal Ackermann (Bora-Hansgrohe), vincitore delle prime due tappe, e il danese Magnus Cort Nielsen (EF Pro Cycling).Simon Yater resta leader”La squadra mi ha portato alla perfezione in volata, abbiamo preso il lato sinistro della strada, era quello più esposto al vento ma si è rivelata essere la scelta giusta – le parole di Merlier -. Le ultime tappe sono state difficili per me con tutte le salite che abbiamo affrontato. Sono felice di poter finalmente festeggiare un successo”. Davide Ballerini (Deceuninck-Quickstep) chiude sesto, il migliore degli italiani. Il britannico Simon Yates (Mitchelton-Scott) resta con la maglia azzurra di leader della classifica generale: “C’era molto vento contrario negli ultimi km, è stata una volata complicata ma fortunatamente è andato tutto bene per me. Domani c’è una tappa dura, ma abbiamo una squadra molto forte e faremo di tutto per difendere la maglia azzurra”. Domenica è in programma la penultima frazione della Corsa dei Due Mari, la Pieve Torina-Loreto di 181 chilometri. LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France: il giorno di Martinez e un pugno al passato

    CLERMONT-FERRAND – Il Puy Mary, altrimenti detto Pas de Peyrol, non è una salita qualunque, ma anche Daniel Felipe Martinez Poveda non è uno scalatore qualunque. Nella EF, la squadra più estemporanea del gruppo e anche quella vestita peggio, è il numero due dietro Rigoberto Uran, e poi c’è anche Sergio Higuita, il campione nazionale, detto Renè, come il mitico portiere con cui non sembra condividere niente, a parte Medellin e il cognome. Martinez, il vincitore di ieri, ha dovuto lottare da solo contro due della Bora, i tedeschi Schachmann e Kämna, e come era prevedibile che andasse, anche se era in inferiorità numerica, ha vinto lui. Leggero e scattante, l’escarabajo nato a Soacha nel 1996 aveva già vinto il Delfinato (non al, il Delfinato), ma anche un tappa della Parigi-Nizza 2019 sul col de Turini, due campionati nazionali a cronometro e una tappa al Tour Colombia davanti a Higuita e Bernal e una valanga di altri connazionali. Era al Tour per fare qualche timido discorso di classifica, ma durante la prima e la seconda tappa si era tirato fuori a causa di due cadute. Poco male: per certi corridori, uscire di classifica è una benedizione, un modo per iniziare la caccia a qualche traguardo di tappa. Andare in fuga, sperare di acquisire vantaggio, avere i compagni giusti e alla fine infilzarli tutti. Il giorno prima il gioco era riuscito al formidabile ragazzino svizzero Marc Hirschi. In una tappa di montagna, invece, Colombia vuol dire fiducia.Ciclismo LEGGI TUTTO