in

Riapertura impianti al 35%, i club di pallavolo protestano: “Così il volley muore!”

Così il volley muore!“. Una voce unica e un pensiero comune, quello delle squadre delle serie nazionali maschili e femminili di pallavolo, che hanno redatto un duro comunicato congiunto per contestare le disposizioni che, a causa della pandemia da Covid, consentiranno la riapertura degli impianti al pubblico con una presenza massima al 35% della capienza. Non soltanto le società, ma anche parecchi giocatori hanno condiviso la nota a mezzo social e non solo. Tra questi, alcuni tra i principali portavoce sono stati lo ‘Zar’ Ivan Zaytsev e Osmany Juantorena.

Il testo del comunicato

Parole chiare quelle utilizzate nella nota, che è stata accompagnata da un’immagine piuttosto dura, un coltello conficcato in un pallone da pallavolo sanguinante. “Come club – si legge nel comunicato -, sin dalle prime avvisaglie della pandemia abbiamo messo al primo posto la tutela della salute. Dei nostri atleti. Del nostro staff. Del nostro pubblico, talmente ben educato e corretto da farlo sembrare un pubblico teatrale. Oggi, con il procedere della campagna vaccinale e con l’introduzione del green pass, non si comprende perché non si possa tornare ad una partecipazione ‘normale’, in assoluta sicurezza, all’interno dei Palazzetti. Se il vaccino protegge in misura inferiore al 100% si aggiunga l’obbligo di indossare la mascherina per aumentare ulteriormente la sicurezza. Il rischio zero non esiste e non esisterà mai: il SARS COV-2 è ormai endemico. Io cittadino/a vorrei fare una domanda al CTS ed al Ministro Speranza: “Se ho il vaccino e uso la mascherina, perché non dovrei sentirmi sicuro in un palasport insieme a tutti gli altri tifosi?”. È bene si sappia che un taglio degli incassi (tra biglietteria ed abbonamenti) pari al 65% implica, di fatto, la fine della pallavolo, così come l’abbiamo conosciuta. Le ricadute, economiche e sociali, di un simile epilogo non possono sfuggire a chi ha l’onore e l’onere di governare la cosa pubblica. Le società non hanno scopo di lucro, ci consideriamo da sempre al servizio della passione dei nostri tifosi, della gente. Chiediamo solo ci sia consentito di tornare a farlo. Chiediamo solo che non si perdano migliaia di posti di lavoro nello sport. Chiediamo solo che non si depauperi l’enorme ricchezza umana e sociale dello sport di base. Chiediamo solo che, mentre le Olimpiadi ci hanno offerto continuamente testimonianze dell’immenso valore dello sport, di tutti gli sport, si diano segnali incontrovertibili di pari dignità. Il calcio muove il pil, il volley e gli altri sport forse no, ma siamo certi che desertificare queste discipline sia la strada giusta per l’agognata ripartenza?”.

Tinet Prata: primo giorno di scuola

L’argentino Lucho Zornetta nuovo schiacciatore del Sabaudia: «Sono molto motivato, non vedo l’ora di scoprire Sabaudia»