Anche dalla mia amata casa di Formentera seguo sempre con attenzione la Serie A. E quando sulla Gazzetta ho letto le vicende di Cantù e le difficoltà del club ad andare avanti, ho pensato che no, questa cosa proprio non potrà succedere. Chiarisco per quei pochi che ancora non ne fossero a conoscenza, a scanso di equivoci: «sono» varesino, mi hanno anche dato la cittadinanza onoraria, questo mio sentimento lo ho tatuato addosso da sempre. E il derby con Cantù è stato nella mia carriera qualcosa di speciale, di magico. Due club rivali storici ma una tifoseria con cui negli anni abbiamo imparato a rispettarci. Mai avrei potuto indossare la maglia canturina, né mai potrei allenare lì. Così come da ex fortitudino rifiutai di giocare per la Virtus: sono cose che per chi ha certi valori non si possono fare. Mai.
Ed è proprio per questo grande senso di appartenenza che vivo per la mia Varese che il 20 gennaio 2008 scendendo, per l’ultima volta, sul parquet del Pianella, con la canotta dell’Orlandina il popolo di Cantù mi fece vivere una giornata indimenticabile. Pensate: io, per anni bandiera della rivale storica, Varese, applaudito dagli Eagles dall’inizio alla fine. Ancora oggi a scriverne mi vengono i brividi. Avevo letto nei giorni precedenti qualcosa sul web, avevo capito che mi avrebbero sorpreso. E fu uno spettacolo nello spettacolo con quello striscione geniale: «Ciao Poz: un saluto al nostro miglior peggior nemico».
Sapete come sono fatto io, sono pazzerello, mi emoziono, non mi contengo, sempre per quel senso di appartenenza. Lo stesso che scatenò in me un’esultanza esagerata, il 12 ottobre 2014, tornato alla guida di Varese dopo 12 lunghi anni, quando un calendario beffardo mi fece incontrare a Masnago proprio Cantù nella prima giornata di campionato. Mi scusai, ma con la convinzione di essere stato capito. Perché, ripeto, quando c’è il rispetto c’è tutto. Cantù non può sparire, non può sparire quel club dove i tifosi espongono lo striscione: «Chicco sempre con noi», nel ricordo di un grande amico come Chicco Ravaglia, andato via troppo presto. Ma poi sapete che la notte ancora mi capita di sognare di giocare con la mia canotta, 5 Roosters Varese, e dall’altra parte ci sono i biancoblù di Cantù? Duellando faccio mattina, svegliandomi felice. Se sparisse Cantù, per me, non avrebbe più senso andare a dormire! Le grandi classiche non possono che far parte di ogni campionato. Vi immaginate una Nba senza Boston-L.A.? Senza i Lakers non sarebbero gli stessi Celtics. Senza Cantù non sarebbe la stessa Varese. Che la storia possa continuare. Vivi Cantù: mia miglior peggior nemica.