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Certe notìzie valicano l’oceano in un batter di ciglia. Mike D’Antoni, che oggi è coach degli Houston Rockets, l’altro giorno ha fatto allenamento alla Toyota Arena con la morte nel cuore, gli avevano appena detto che “paron” Gilberto, considerato da lui come una specie di zio, se n’era andato in punta di piedi a diecimila chilometri di distanza. D’Antoni parla dall’immenso Dome texano, in sottofondo si sentono i palleggi dei giocatori dei “Razzi”. «I miei pensieri, i miei sentimenti in questo momento sono tutti per la famiglia Benetton-mormora il coach, commosso – Gilberto è stato senza ombra di dubbio una delle persone più importanti della mia vita, a lui per i miei quattro anni trascorsi da voi sono sempre stato legato da una grande amicizia».
Ci fosse una Hall of Fame della pallacanestro trevigiana, a D’Antoni spetterebbe un posto di primissimo piano: è stato allenatore della Benetton per quattro stagioni in due riprese: dal 1994 al 1997 poi dal 2001-02, regalando due scudetti, una Coppa Europa (il primo trofeo internazionale messo in bacheca alla Ghirada), una Coppa Italia e una Supercoppa. La sua esperienza a Treviso l’ha sempre considerata il suo trampolino di lancio: lasciò definitivamente la Benetton per andare nella Nba: Phoenix, New York, Lakers, Philadelphia ed ora Houston. L’anno scorso ha ricevuto il “Coach of the year award” della Nba che lui considera in buona parte derivato da quella esperienza. Anche Gilberto era strettamente legato a lui, lo spettacolare basket a 100 all’ora praticato dalle sue squadre lo divertiva moltissimo.
«Per me Benetton era sicuramente come uno di famiglia – continua D’Antoni – di qualsiasi cosa riguardante la pallacanestro a Treviso lui è stato senz’altro il simbolo più importante». In questo quadriennio con D’Antoni si sono visti campioni straordinari, da Pittis a Iacopini, da Woolridge a Rusconi, da Gracis al povero Henry Williams, da Bargnani a Rebraca a Edney e Garbajosa. Qualche episodio particolare da ricordare, Mike? «Ce ne sarebbero tantissimi: le chiacchierate con lui dopo le partite, il giocare a golf assieme, la sua amicizia fraterna, l’aiuto che mi ha sempre concesso in qualsiasi circostanza. Da allenatore Gilberto per me è stato molto prezioso, ricordo specialmente quella sua grande umanità che lo caratterizzava. Ma non posso dimenticare nemmeno la tanta passione che ci metteva in tutto ciò che faceva e che è per me la base necessaria per costruire ogni successo». Con Gilberto Benetton lo sport trevigiano è diventato grande e vincente, senza di lui ci è rimasto il rugby e una società di basket nata dalle ceneri della tua. Tutti noi ci sentiremo più soli. «Con una perdita così questo è certo, è inevitabile: anche se chiaramente bisogna guardare avanti abbiamo perso un grandissimo uomo e un personaggio irripetibile»