Di sicuro Mike James dovrà imparare in fretta a sopravvivere a fischietti poco amici, e ne troverà tanti in Italia: le smorfie di domenica sul parquet e le esternazioni successive su Twitter dimostrano che il processo sarà lungo. «Mai subito così tanti falli in vita mia – scriveva il play di Portland – bene aver segnato i miei tiri liberi ma inaccettabile doversi adattare. Gli arbitri devono migliorare e fischiare i falli. Se non sono bravi abbastanza, non importa di chi sia il fallo, non dovrebbero arbitrare». Il guanto di sfida è lanciato.
Terzo uomo
La chiave è il terzo uomo: quando si accende anche Nedovic, quando riesce ad andare oltre la sua momentanea crisi al tiro (31,3% finora da tre, sotto il suo par), ecco che il centrocampo Armani diventa irresistibile, pur vivendo ancora di individualità (l’Armani è penultima nel numero degli assist) che di manovra, ma sempre in controllo (solo 8,3 palle perse a partita, la migliore di tutte). Il bello è il margine di crescita. In area, dove attorno a Gudaitis si va ancora a singhiozzo per limiti tecnici (Tarczewski), fisici (Kuzminskas e l’odiato ruolo di secondo lungo), tattici (Brooks ai margini) e di utilizzo (ma Burns tornerà utile anche da ala forte). Tra gli esterni, che hanno ancora poco spazio dietro James-Nedovic-Micov, tutti utilizzati oltre i 32 minuti di media lasciando briciole a Della Valle e soci. E nel gioco a centrocampo, finora sublimato da una felice propensione alla corsa.