Giochi 2026, Milano e Cortina stanno dando una lezione a Torino. Fra Sala, Fontana, Ghedina e Zaia c’è una forte intesa al di là dei partiti che rappresentano (Pd e Lega). Oggi al Coni si sono incontrati sindaci e governatori di Lombardia e Veneto con Malagò, Mornati e Diana Bianchedi. C’è forte collaborazione col Comitato olimpico: la convinzione di doversi affidare a chi conosce il Cio e le sue esigenze. Buon segno. La possibilità di avere i Giochi invernali è altissima: a Losanna tremano, è vero, ma c’è il rischio che il 14 novembre resti in corsa solo la candidatura italiana. Il giorno prima infatti Calgary (Canada) è attesa da un referendum che è molto in bilico, e il Cio non ama affatto i referendum. L’altra rivale, Stoccolma, forse è messa peggio: in Svezia non c’è governo, e il rischio di tornare alle urne è altissimo. Si sta già pensando al 2030. Per questo l’occasione di Milano-Cortina è unica, con un budget limitato, intorno ai 300 milioni, si può davvero organizzare una Olimpiade (invernale). Il Cio metterà inoltre circa 900 milioni per la parte sportiva, il governo per ora sta a guardare. Di Maio ha detto: “Nemmeno un euro dallo Stato”. Ma sembra uno dei tanti slogan di questi tempi. Intanto, la sicurezza spetta allo Stato, non certo alle Regioni, e la sicurezza di questi tempi costa non poco. Poi, se servisse qualcosa a livello di infrastrutture, come sarà possibile tirarsi indietro? Certo, con le massime garanzie, la massima trasparenza, l’esempio di quando anche nello sport alcuni grandi eventi avevano lasciato pesanti strascichi.
“C’è rispetto assoluto per l’Esecutivo: vediamo quali saranno gli sviluppi dei prossimi mesi con molta serenità, senza voler creare la minima polemica nè tirare per la giacchetta nessuno”: così Malagò al termine del summit. Rispetto all’eventualità che la candidatura possa indebolirsi senza il sostegno economico del governo, Malagò ha rassicurato: “No, assolutamente. I numeri spalmati nel corso di otto anni sono estremamente alla portata di Regioni con bilanci e budget importanti come Lombardia e Veneto, ma anche per soggetti come sponsor e istituzioni non solo governative che possono dare queste garanzie, come succede da altre parti. E già ci sono ipotesi avanzate e positive in questo senso”. Fontana, governatore della Lombardia, è ottimista però su un appoggio del governo. Così come Zaia, suo collega del Veneto. La Lega può avere un ruolo importante, magari convincendo Di Maio.
Intanto si studia come rendere la candidatura più forte. ”L’Arena di Verona è un’idea” per la cerimonia di chiusura dei Giochi 2026. E’ quanto anticipato da Malagò oggi. ”Io penso che questa debba essere l’Olimpiade del territorio -prosegue il n.1 dello sport- La cerimonia di apertura e chiusura era prevista Milano, ma valutiamo la possibilità di qualche altro luogo particolarmente scenografico. C’è la massima disponibilità da parte di tutti a prendere in considerazione qualche idea vincente come sulla cerimonia di chiusura”. L’apertura è certa comunque a San Siro, con incasso record. Così come il bob resta a Cortina (vedi Spy Calcio del 16 ottobre): verrà rifatta la pista Monti, quella dei Giochi 1956. Costo alto, 35 milioni: ma resterà come eredità per lo sport italiano. Tramonta così l’ipotesi Saint Moritz, che faceva parte nel primo dossier di Milano. Il Cio in caso di necessità aveva suggerito anche Innsbruck. “La Valtellina avrà anche un pezzo di sci alpino”, assicura Fontana. Si sta trovando un accordo su tutti i siti. Non ci dovrebbero più essere (grosse) sorprese.
Ormai ci siamo, nel giugno del prossimo anno la decisione: sarà, questa, la più breve candidatura di sempre. La volata è iniziata. Dalla prossima settimana (23-25 ottobre) ispezioni Cio in Italia, il 28 novembre presentazione delle candidature (chissà se Stoccolma e Calgary ci saranno ancora) a Tokyo all’assemblea della associazione dei comitati olimpici mondiali (il presidente, lo sceicco Ahmad Al-Fahad Al-Sabah, è amico di Malagò). L’11 gennaio la presentazione delle garanzie economiche, una tappa cruciale.
Gandini: “Io in Figc? Sarei felice di essere utile”
“Io in Figc? Al momento mi piacerebbe ragionare su questi 25 anni e rinfrescarmi un po’ la mente. Ma sono uno dei pochi dirigenti italiani che ha una conoscenza del calcio internazionale, pertanto sarei felice di essere utile”. Lo dice Umberto Gandini, ex amministratore delegato della Roma, ai microfoni di Radio Sportiva. “Sono stati 2 anni bellissimi e le prospettive erano molto buone -aggiunge riferendosi alla sua esperienza nel club giallorosso-. Eravamo cresciuti moltissimo e capitalizzando in Champions abbiamo disegnato una squadra competitiva. Ma vivevo quella realtà da separato in casa, pertanto abbiamo convenuto che fosse meglio separarsi”.
Uva: “Ho un ruolo importante e bello in Uefa”
“E’ determinante che ci sia un candidato unico, perché l’unità ti permette di fare le riforme. La frammentazione ha creato negli ultimi anni dei problemi. Oggi però abbiamo tracciato anche quello che abbiamo fatto, perché non partiamo da zero”. E’ quanto dichiarato dal dg della Federcalcio, Michele Uva, a pochi giorni dalle elezioni per la presidenza federale. “Il mio futuro? Gli attestati di stima fanno piacere, ho un ruolo bello e importante nella Uefa”, ha risposto a margine della presentazione della presentazione del Bilancio integrato della Figc del 2017. Uva, infatti, non verrà confermato da Gravina, al contrario di quanto auspicato nei giorni scorsi (anche) dal presidente della Juventus, Andrea Agnelli: “E’ necessario che il calcio italiano vada avanti, ma non è necessario ci sia Uva. E’ giusto che il nuovo presidente valuti quelli che sono gli uomini di cui ha bisogno. Il calcio è la mia passione, il mio mondo”, ha aggiunto il dg della Figc e vicepresidente della Uefa, propenso a ricoprire ancora un ruolo istituzionale piuttosto che quello di dirigente di un club. Potrebbe tornare comunque alla Coni Spa e andare a Nyon, con un incarico importante in Uefa.
Lega di C, Francesco Ghirelli in pole position. Per dare una svolta
Francesco Ghirelli, nato a Gubbio nel 1948, è uno dei dirigenti di lungo corso del calcio italiano (con uno sconfinamento nel volley): è stato in Lega di A-B, in Figc come braccio destro di Carraro, ora gli toccherà (quasi sicuramente) una nuova sfida. Dare un volto moderno, sostenibile, alla terza Lega, quella di serie C. Gabriele Gravina si è dimesso ieri dalla presidenza: lunedì diventerà il n.1 della Figc forse già in prima votazione, resterà in carica almeno due anni poi si vedrà. Al suo posto, il 6 novembre, dovrebbe essere eletto Ghirelli (possibile candidato unico pure lui) che in questo ultimo periodo è stato anche prezioso collaboratore di Gravina nella campagna elettorale. Nel programma di Gravina è prevista una serie C con tre gironi da 60 squadre (una volta erano 90) e il ritorno al Semiprofessionismo, in pratica un campionato-cuscinetto come aveva auspicato da tempo anche il principale alleato di Gravina, Cosimo Sibilia, leader incontrastato della potentissima Lega Dilettanti e prossimo vicario del nuovo presidente Figc. Il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, 51 anni, è uomo di sport, competente e appassionato. Ed è anche una persona diretta, chiara, quando parla. Non per niente della Lega di C (o Lega Pro) ha detto che “così come è concepita non ha ragione di esistere, non può funzionare, non è sostenibile. E non ne faccio solo una questione economica, ma etica, di moralità”. Ghirelli è uomo navigato (è stato anche presidente della Giunta regionale dell’Umbria, anni fa) e sa cosa lo aspetta. Ma è pronto.
Tavecchio attacca il Coni: “Ha messo le mani sulla Federcalcio”
“Gravina è un uomo di esperienza” ma “il 29 gennaio è stato fatto un errore. Non si dovevano attendere tanti mesi, inutilmente, per arrivare alla stessa conclusione”. Lo ha detto l’ex presidente della Figc Tavecchio in una lunga dichiarazione rilasciata al blog ‘Graffisulpallone.com’ di Vittorio Galigani. A proposito dell’ex presidente della Lega Pro, Gabriele Gravina, che si appresta a diventare il prossimo presidente della Figc, Tavecchio ritiene come il 29 gennaio “sia stato fatto il più grande errore dal punto vista politico della Federazione. In quella data si doveva eleggere il mio successore e non sarebbe stata concessa nessuna possibilità di ingerenza da parte del Coni. Con l’operazione delle mie dimissioni, avendo io convocato l’assemblea per quella data, avevo in precedenza stoppato quella voglia, quella iniziativa, quella frenesia del Coni di mettere le mani sulla Federcalcio”. Tavecchio afferma di non aver compreso “ancor oggi, perché non si è trovato l’accordo. Mi sembrava un fatto importante per creare le premesse delle riforme. Negli ultimi mesi avevamo anche tenuto dei contatti con Gravina e con i rappresentanti dei calciatori per creare i presupposti per la riforma dei campionati. Per avere una prospettiva che io avevo chiamato la madre di tutte le battaglie. E’ stato un errore tattico e politico della Federazione”. Parlando delle sue dimissioni, Tavecchio dice che “sono state una scelta etica e morale. Non mi sarei mai dimesso, ma nessuno si voleva prendere le colpe della mancata qualificazione dell’Italia ai mondiali. La colpa allora se l’è presa il presidente. Davanti alla mancate dimissioni di quelli che erano i responsabili della disfatta contro la Svezia”. Era, aggiunge Tavecchio, “uno stillicidio quotidiano. Di stampa e di Coni. Addirittura a ‘Che tempo che fà è andato in televisione lui stesso (Malagò), la sera. Davanti alle defaillance di altre Federazioni non era mai andato”. E’ stata “una rovinosa caduta – insiste l’ex presidente della Figc – l’aver incaricato il Coni a discutere la questione finale e a trattare le questioni federali”.