Cosa spinge un ragazzo nato a Moncalieri, cresciuto in B1 a Biella, dove tra le altre cose incrocia il suo allenatore di questa stagione Lorenzo Simeon, a diventare da anni la bandiera del Cus Cagliari, nonché il capitano e colui che è dietro l’autentico miracolo che si è manifestato ai quarti di finale, quando gli isolani hanno mandato a casa la prima della classe San Donà?
È una domanda a cui da anni cerco di dare una risposta semplice, ma in realtà è molto articolata, perché col tempo si aggiungono continuamente dei tasselli utili a spiegarne la genesi.
La verità è che non c’è una sola ragione perché Michael Menicali sia diventato così , ma una serie di fattori di natura sentimentale, affettiva, personale che lo hanno spinto ad arrivare fino a questo capitolo della storia. Questo capitolo si è concluso con una sconfitta nelle semifinali playoff contro Lagonegro, che non è però il segno di una stagione giocata a bassa quota, quanto la fine di un sogno in cui si è andati davvero più avanti di ogni aspettativa.
Siete stati la vera sorpresa dei quarti.
Lei quando ha cominciato a credere che si poteva ribaltare il pronostico?
Il segreto del Cus Cagliari è apparso proprio il fattore Cus. Mi rendo conto sia difficile da spiegare a chi non vive un contesto così. Ma proviamoci.
Menicali, Marinelli e Gozzo come zoccolo duro. Insieme ad un gruppo di giovani molto promettenti, tra cui Biasotto e Rascato.
Simeon?
Il prossimo anno quanta voglia c’è di rimanere al Cus Cagliari?
L’estate nel mondo del beach con Balsamo è confermata?
Di Roberto Zucca