Dici Alibegovic e dici basket. Perché papà Teo e mamma Lejila Muftic, già campioni nello sport della palla a spicchi, hanno messo al mondo tre pargoli che, attualmente, dominano il panorama italiano. Il più famoso è Amar, quello di mezzo, che con la sua Trapani sta facendo sognare la Sicilia intera.
Amar, dal suo arrivo in A2 lo scorso campionato alla sfida che vi aspetta a Bologna in casa della Virtus per il primo posto, è una scalata da brividi.
«Il progetto che il presidente Antonini mi aveva illustrato, quando accettai di firmare per Trapani, era solido, serio, con vista sul futuro. Ma di bruciare così velocemente le tappe non ci credeva nessuno. Anzi, direi solo lui. Poi però dopo la promozione, pur da neofita, ha fatto scelte giuste. Una squadra equilibrata e con talento affidata al vero grande fuoriclasse del gruppo: Repesa. Il coach è il valore aggiunto».
Avete smentito chi diceva che sareste stati troppi galli in un pollaio.
«Nella scelta dei giocatori è stato privilegiato il lato tecnico ma anche quello umano. E se qualcuno ha fatto un po’ di resistenza, per lasciare da parte l’io a vantaggio del noi, ci ha pensato Jasmin. Ci ha fatti salire tutti sulla stessa barca, trattandoci in modo uguale. Un ambiente così, nella mia carriera, l’ho vissuto solo nel primo anno alla Virtus Bologna».
Quando ha vinto lo scudetto.
«Già, perché si è creata quell’unione che avverto anche qui. Io penso che nessun traguardo ci può essere precluso. Le sensazioni che provo sono molto simili, anche se sappiamo bene che i playoff saranno una storia a parte».
Pensare che dopo la sconfitta contro Trieste in Coppa Italia sembrava che il giocattolo potesse rompersi.
«Quella sera a Torino rimane un momento, anche se negativo, importante. Lì abbiamo non abbiamo mostrato il nostro volto giocando divisi. Una delusione forte che però è servita a capire che direzione avremmo dovuto prendere».
Ora è quella che vi porterà a Bologna a sfidare la Segafredo per il primo posto. Per lei sarà una grande emozione.
«Ho vinto in bianconero lo scudetto, nella squadra allenata da Djordjevic e composta da grandi campioni. Quando ci sono incontri così faccio un grande lavoro su me stesso per normalizzare le emozioni, tenerle a bada e concentrarmi su me stesso, i compagni e gli avversari. Senza farmi travolgere dai ricordi».
Mirza, suo fratello più grande ha conquistato la promozione in A con Udine. Denis, il piccolo, guida Treviglio in B nazionale. Siete una famiglia vincente.
«Il sangue che ci scorre nelle vene è quello di mamma e papà che ci hanno insegnato a lottare nella vita e sul parquet. I nostri risultati sono la moneta con cui ripaghiamo tutto ciò che hanno fatto per noi».