C’è il suo nome in cima all’albo d’oro degli Internazionali di tennis di San Marino.
Paolo Canè è infatti il vincitore della prima edizione, andata in scena nell’estate
del 1988, dal 15 al 21 agosto, grazie alla passione di un gruppo di “pionieri” – è
giusto definirli così – che riuscirono nell’impresa di allestire un torneo del Grand Prix
(come allora si chiamava, prima di diventare ATP Tour) con 75.000 dollari di
montepremi, sui campi di Serravalle (lavorando giorno e notte per vincere magari la
sfida con chi pensava non potessero farcela…).
“Sono passati trentacinque anni ma è ancora viva nella mia mente la finale disputata
con il mio amico Francesco Cancellotti – afferma il bolognese classe 1965
riavvolgendo il nastro dei ricordi – che allora era davanti a me in classifica mondiale,
non a caso lui era terza testa di serie e io l’ottava in quel tabellone. Però la spuntai al
terzo, in rimonta, in quel derby azzurro. E a memoria di quel successo conservo in
casa una grande foto formato ritratto, incorniciata, che mi vede insieme a Sergio
Palmieri nel tunnel poco prima di entrare in campo”.
Quello lasciato al perugino nel match clou fu l’unico set perso per strada sul Titano da
Canè, che con il suo “turbo-rovescio” mise in fila nell’ordine l’argentino Guillermo
Rivas e lo svedese Jorgen Windhal con lo stesso punteggio (60 64), poi nei quarti
Fabio Di Mauro (64 62), che aveva sorpreso l’altro argentino Alberto Mancini,
secondo favorito del seeding dietro lo svizzero Claudio Mezzadri, e in semifinale
l’ecuadoregno Raul Antonio Viver (76 63), partito dalle qualificazioni e capace di
eliminare all’esordio Claudio Pistolesi, quarta testa di serie, e poi nei quarti un certo
Guillermo Vilas, la stella di quegli Internazionali di San Marino anche se ormai sul
finire di una gloriosa carriera.
“In quel caso alloggiavo in hotel a Riccione e i miei incontri erano programmati di
sera, però quello con Viver fu ben più sofferto di quanto dica il punteggio. Durante il
match accusai infatti degli sbalzi di pressione e dovetti fare ricorso più volte ad
integratori e barrette energetiche per riuscire a portarlo a termine, con anche
un’interruzione della partita. Probabilmente a livello di stimoli mi aiutò anche la
presenza di Mario Belardinelli, autentica icona del nostro tennis: si diceva che quando
c’era lui i suoi pupilli non perdevano mai…”, riconosce il bolognese, prima di
soffermarsi sul campione mancino di Mar del Plata, noto anche come poeta-scrittore
e instancabile playboy. “Vilas era ormai sul viale del tramonto, una delle sue ultime
apparizioni agonistiche fu poi alle Pleiadi di Moncalieri dove lo sconfissi. Però era
comunque un esempio per noi giovani visto quanto tempo rimaneva sul campo ad
allenarsi, ancora con grande professionalità nonostante avesse più di 35 anni, tempo
anche superiore alla durata delle partite. Lui e l’altro argentino Alberto Mancini non
erano tuttavia gli unici big di quella prima edizione, visto che in gara c’erano anche
l’ungherese Balasz Taroczy, con cui giocai il doppio raggiungendo le semifinali, e
l’iraniano Mansour Bahrami, noto in tutto il mondo, pure grazie al web, come
giocoliere della racchetta”.
Una tradizione proseguita nel tempo mano a mano che gli Internazionali di tennis di
San Marino si sono consolidati come prestigioso appuntamento nel calendario
mondiale. “Personalmente per me è un motivo d’orgoglio avere dato il la a un albo
d’oro in cui figurano nomi di grandi protagonisti della racchetta – sottolinea Canè, che
vanta un best ranking di numero 26 e 3 titoli Atp, conquistati a Bordeaux nel 1986,
Bastad nell’89 e Bologna nel ’91 – Basti pensare a Guillermo Perez Roldan, Karel
Novacek, Thomas Muster, Carlos Costa, Felix Mantilla, Dominik Hrbaty, Albert Costa
e Jose Acasuso, senza trascurare italiani di valore come Potito Starace, Andreas
Seppi e Filippo Volandri. E’ la dimostrazione di come il torneo sia sempre stato
organizzato in maniera impeccabile e che la location, con lo spostamento poi al
Centro di Fonte dell’Ovo, fosse accogliente per i protagonisti e per gli appassionati,
che ricordo sempre numerosi anche nelle mie successive partecipazioni a San
Marino. E poi essere arrivati alla 30esima edizione non è un traguardo da poco in
termini di longevità per un evento sportivo, basti pensare ad appuntamenti come i
tornei di Milano, Bologna, Firenze e Genova che erano nel calendario ATP negli anni
Novanta e poi sono spariti. Quindi un plauso da parte mia alla Federtennis
sammarinese e alle istituzioni per gli sforzi compiuti negli anni e per aver rilanciato il
torneo dopo alcuni anni di interruzione. Impegni permettendo – l’auspicio finale di
Canè – spero proprio di poter essere presente all’edizione del trentennale e
riassaporare l’aria dell’antica Repubblica”.