È l’argomento del momento: Sprint Race sì, Sprint Race no.
La Formula 1 sta, in queste ore, affrontando un tema spinoso, ossia avallare o meno la sperimentazione di una Sprint Race al sabato. Questa gara — come suggerisce il nome, più breve di quella canonica della domenica — avrebbe la funzione di Qualifying Race, una corsa, pertanto, finalizzata a stabilire la griglia di partenza del Gran Premio domenicale.
Stefano Domenicali, CEO della Formula 1, non ha escluso che la sperimentazione possa già avvenire nel coso del 2021.
Per la F1 si tratterebbe di una autentica rivoluzione. Le qualifiche ufficiali così come le conosciamo, qualora introdotta la Sprint Race, verrebbero di fatto eliminate. Rimarrebbero da stabilire le modalità di qualificazione alla Sprint Race stessa: una griglia di partenza secondo i tempi combinati delle Free Practice (come già avviene in MotoGP: i tempi combinati stabiliscono l’accesso alla Q1 e alla Q2) o una “mini-qualifica” ad hoc? Dettagli che, nel caso, verranno deliberati in futuro.
La Qualifying Race sarebbe una novità per la F1 ma non per il motorsport in generale. Citiamo, ad esempio, quanto accaduto proprio lo scorso gennaio, in quel di Daytona. La griglia di partenza della celebre 24h della Florida (30-31 gennaio 2021, prima prova del 2021 WeatherTech SportsCar Championship, IMSA), infatti, è stata stabilita mediante una apposita gara di qualifica, denominata Motul Pole Award 100. Una corsa di 1 ora e 40 minuti disputatasi il 24 gennaio.
Inevitabilmente, i pareri divergono: chi a favore della Sprint Race, chi contrario. Punti di vista entrambi legittimi.
Una eventuale Sprint Race di qualificazione snaturerebbe davvero la sostanza della F1?
Se da un lato verrebbero meno le classiche qualifiche del sabato, dall’altro è pur vero che verrebbe finalmente mandato in soffitta un format di qualifiche non certo accattivante, quale quello suddiviso in Q1, Q2 e Q3.
Un format poco intrigante, tanto per il pubblico televisivo quanto per gli spettatori in autodromo. Un format, peraltro, non esente da storture e contraddizioni: può capitare, infatti, che un pilota segni tempi più veloci in Q1 o in Q2 rispetto al crono definitivo in Q3, crono i quali, ai fini della griglia di partenza, non hanno alcun valore.
Del resto, il format delle qualifiche è un elemento sovente modificato a partire dai primi Anni 2000. E non solo in F1. Modifiche, invero, spesso peggiorative. Se tradizione deve essere, tanto vale tornare all’ora di qualifiche, senza ricorrere alle eliminazioni.
In quest’ottica, la Sprint Race costituisce, senza dubbio, una valida alternativa a poco meritocratiche griglie invertite (fallimentari ovunque attuate) o eliminazioni in salsa Grande Fratello.
Con la eventuale introduzione della Sprint Race, la Formula 1 continua la propria personale caccia allo show, vero o presunto. La Sprint Race, ribadiamo, rappresenta un esperimento percorribile.
A maggior ragione in presenza di una Sprint Race, è bene porre rimedio a due evidenti storture della moderna F1: la assenza delle T-Car ed il regime di “parco chiuso”.
Inoltre, la Sprint Race potrebbe essere affiancata — nel corso della medesima stagione — da ulteriori format di qualifica. Cosa proponiamo? Alternare, in base alle caratteristiche dei tracciati, Sprint Race, Superpole e qualifiche più tradizionali.
Facciamo alcuni esempi. A Monaco, sarebbe ottimale una Superpole: uno o due giri a pilota, come peraltro già felicemente applicato in passato in Superbike e in F1 (2003-2005) e come, ancora oggi, possiamo apprezzare in IndyCar. A Monza, invece, una Sprint Race (priva di pit-stop obbligatori…) potrebbe risultare assai più coinvolgente di una sessione di qualifica tradizionale.
Insomma, la Sprint Race non va osteggiata né scartata a priori. Anzi, essa può rappresentare, finalmente, una efficace novità in una F1 sinora intenta a bramare “spettacolo” attraverso modi e maniere alquanto opinabili.
Non è e non sarà la Sprint Race a snaturare la F1.
La Formula 1 è ed è già stata profondamente snaturata mediante l’introduzione di regolamenti tecnici “monomarca oriented”, di vetture i cui progettisti sono sempre più i legislatori FIA e sempre meno i tecnici dei team, di pit-stop obbligatori che non aggiungono nulla alla imprevedibilità dei GP e di molteplici altri elementi tecnici e sportivi intesi a trasformare la F1 in una categoria in cui tutto è già definito e regolamentato nel più intimo cavillo.
Un trend negativo che, invero, affonda le radici anni or sono.
Ciò che realmente va osteggiato e criticato, dunque, non è la Sprint Race ma il modo in cui viene proposta la Formula 1. Non è la Sprint Race il “male”, bensì il Regolamento Tecnico FIA.
L’elemento che, al contrario, non necessita di “avventurose” modifiche è la lunghezza dei Gran Premi veri e propri. Ottimale la distanza (chilometro più, chilometro meno) dei 300 km. Eppure, inserire alcuni GP più lunghi (400 km, ad esempio) potrebbe arricchire l’offerta. La fantasia corre e, oltre ai classici tracciati permanenti e cittadini, si potrebbe pensare di introdurre anche in F1 circuiti “ovali”, così da contemplare tutte le tipologie di tracciati.
Sprint Race sì, Sprint Race no. Il dibattito è aperto, la nostra proposta sul tavolo.
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— Andrea | CircusF1.com (@CircusFuno) February 8, 2021
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