Ottanta prototipi, novanta vetture di serie nate dall’Italdesign tra gli anni ’80 e oggi. La storia del successo di Giorgetto Giugiaro passa da qui, tra il moderno e l’antico. Un racconto per chi quell’epoca l’ha vissuta, per i creativi di ieri, ma anche per quelli di oggi e di domani. Un viaggio anche per chi non ha l’automobile al centro dei pensieri, come non lo era per il giovane Giorgetto.
Come diceva l’Avvocato Agnelli “C’è sempre un treno che passa nella vita di un uomo. Bisogna riuscire a prenderlo”. E il giovane Giorgetto lo colse forse nel 1967 quando, con il suo socio Aldo Mantovani, fondò la Italdesign, dopo tre esperienze formative al Centro Stile FIAT, da Bertone, dove aveva deciso lo stile di un’auto e come presentarla al pubblico e alla Ghia dove aveva avuto un ruolo diverso, condizionando il lavoro di altre persone del reparto che dirigeva.
“Una cosa che ho imparato – racconta Giugiaro nel libro scritto da Giosuè Boetto Cohen -, allora sulla mia pelle, oggi guardandomi attorno, è che è obbligatorio fare le cose al meglio. Studiare male non serve, lavorare male ancora meno. Bisogna essere, se non i primi, nel gruppo di testa. Solo così si può pensare di fare breccia, si essere notati e apprezzati, in un sistema che diventa ogni giorno più veloce e affollato”.
Dal racconto emerge un designer ma ancor prima un uomo con un spiccata capacità artistica che ha saputo applicarla alla progettazione, alla produzione, al commercio. Fantasia, cultura ma anche tanto senso pratico e un modo di pensare avveniristico che lo hanno portato ad essere il “car designer del secolo“.
Alfasud: Il progetto che ha forse cambiato la sua vita
Alfa Romeo era un’azienda pubblica e il governo di allora aveva assicurato ai vertici di Arese trecento miliardi di lire per produrre, nel Sud Italia, mille vetture al giorno. Da lì a poco sarebbe nato un nuovo stabilimento da 14.000 operai a Pomigliano d’Arco. I modelli previsti per il progetto Alfasud erano diversi ma solo alcuni videro poi la luce: la tre porte fu sempre rimandata e infine proposta nel 1981, quando però l’Alfasud era ormai vecchia. Anche un furgone, dopo estenuanti modifiche strutturali, fu accantonato. Ma a Giugiaro dispiacque di più perdere lo spider, sul quale lavorarono fino al 1972 e del quale esistevano già anche dei prototipi funzionanti.
L’incontro con Ferdinand Piech
Nel 1972 successe una cosa che, in prospettiva, fu molo importante: lo stage a Torino in Italdesign dell’allora giovane ingegnere Ferdinand Piech che, come ricorda Giugiaro, fu colpito dalla capacità di immaginare, talvolta di improvvisare, di lavorare con la matita, i materiali, le mani. Questo incontro gettò le basi per un rapporto di stima e fiducia che durò poi tutta la vita. Fu poi Piech a ingaggiare Giugiaro e l’Italdesign per lo studio della nuova Audi 80, modello che permise il rilancio del gruppo tedesco e che portò anche ad altre collaborazione, tra cui quella della Bugatti EB112 degli anni ’90.
Il ruolo de designer e da dove viene il design degli anni ’70
Giugiaro, in alcuni passaggi del libro, si sofferma e approfondisce il ruolo del designer negli anni ’70: “Nel giro di pochi anni l’industria si trovò a moltiplicare la produzione. Questo voleva dire razionalizzare, alleggerire, semplificare l’automobile, a cominciare dalla carrozzeria. E siccome i robot dell’epoca non erano molto intelligenti, i pezzi dovevano essere facili, poligonali, per poter essere assemblati. E, visto che le lamiere erano sempre più sottili, bisognava piegarla e innervarla, per non farla flettere. E dato che i vetri curvi costavano un occhio, ci trovammo a disegnare abitacoli piatti come vetrine dei negozi. Ecco da dove viene il design degli anni ’70”.
E poi una carrellata di ricordi legati a tantissimi modelli e innovazioni come l’idea di eliminare il gocciolatoio esterno con una via d’acqua ricavata nella guarnizione in gomma della portiera. L’auto studio sulla quale si vide per la prima volta questa soluzione fu l’Asso di Fiori.
Da quel momento in poi, le vetture di serie iniziarono ad adottare questa soluzione.
Come nacque la Lancia Delta
Nel 1974 era stata presentata la Golf e tra maggio e luglio del 1975, Giugiaro disegnò la Lancia Delta che “doveva andare architettonicamente oltre la Golf”. La prima presentazione avvenne negli uffici della Italdesign con la sala tappezzata di disegni a gessetto.
A parte l’architettura del portellone e dei fari posteriori, che furono poi modificati, era già la Delta che tutti conosciamo: una linea di cintura continua che parte dalla cresta del parafango anteriore, corre a filo della finestratura e prosegue sotto il montante posteriore fino ad avvolgere completamente il bagagliaio. Questa è la Delta secondo Giugiaro e ogni elemento fu approvato subito ma “Se ci volessi caricare una damigiana?“. Fu questa la domanda provocatoria di André Chardonnet, importatore Lancia e Autobianchi a Parigi, che, durante la presentazione “criticò” la base del bagagliaio alta. Da lì le modifiche: la Delta nacque con il portellone basso e i fari verticali, un po’ tozzi anche se comunque con una certa personalità. La “favola” della damigiana allietò per almeno un decennio altre riunioni e altre vetture con problemi di carico…
Il giovane Giorgetto, è una biografia romanzata dove i fatti che contano sono veri e solo in qualche passaggio si sente il profumo di una plausibile sceneggiatura che rende comunque piacevole e molto scorrevole la lettura.
Fonte: http://feedproxy.google.com/~r/CircusFormula1/~3/HpUKawRW5sk/il-giovane-giorgetto-il-libro-biografico-con-la-storia-di-giugiaro-il-car-designer-del-secolo.php