Nel weekend del Gp di Gran Bretagna, come previsto, ha esordito la Sprint Race. Sarà anche stata un piacevole diversivo ma non è questo il punto. Qui il problema è capire cosa si vuol fare della F1, che identità principale le si voglia dare e successivamente quali sono le priorità da perseguire. In sostanza la domanda è: vogliamo che la F1 continui ad essere uno sport puro con la già ricca dose di spettacolarità che porta in dote per dna oppure desideriamo che cambi pelle diventando puro show? Il quesito sorge spontaneo, per dirla alla Lubrano, perché anche la Sprint Race, come lo sono stati prima la divisione delle qualifiche in Q1, Q2 e Q3 o il drs (tanto per fare degli esempi), sembra un altro mezzo per sparigliare chirurgicamente le carte rispondendo a logiche slegate dallo sport automobilistico la cui commistione, anzi, tende a snaturarlo pericolosamente.
Tutte le attività agonistiche, per esaltare la loro essenza competitiva che premia come è giusto che sia la più brava o il più bravo, devono muoversi nell’alveo di un quadro regolamentare razionale per fare emergere, appunto, le qualità dell’atleta. È il principio basilare attorno a cui ruota ogni disciplina sportiva, dalla più statica alla più movimentata ed estrema. Poi, all’interno delle regole del gioco scatta il talento, che improvvisa, inventa, esprime tutto il suo potenziale e fa vincere il migliore producendo il pathos, l’emozione. Ma qui sta il nodo della questione. Lo show deve farlo il pilota non il regolamento partorito da chi si fonde la testa per rendere tutto incerto da un giorno all’altro alla disperata ricerca di una persistente ma artefatta trepidazione, che invece rischia di confondere lo spettatore inondandolo di frenetici input a getto continuo.
Perché la F1, come il calcio, l’hockey, il basket, il tennis e tutti gli altri sport di questo mondo sono già spettacolari per essenza, dna, magari grazie anche alla genialata tecnica del progettista o alla mossa strategica acuta degli uomini al muretto. E in tutto questo ci sta il dominio incontrastato, anche per diversi anni, di una scuderia, di un pilota. Anche questo è fascino, bellezza, spettacolo perché premia la grandezza di un determinato valore manifestato in un’epoca. Non c’è bisogno di spazzarlo via a tutti i costi perché se ne andrà da solo. Nulla è eterno neppure nello sport, le cose cambiano in modo naturale. Si vuole rendere il venerdì più interessante per il pubblico? Bene, torniamo al vecchio format delle qualifiche con due sessioni valide il venerdì e il sabato in cui conta il miglior tempo registrato tra le due giornate e nessuno si annoierà.
Nessuno in quegli anni si era mai annoiato. Sono stati i padroni della F1 a riservare il primo giorno del weekend di gara alle libere e adesso magari ci si lamenta che l’interesse è scemato? È il tipico cane che si morde la coda, testimonianza lampante di una F1 gestita in modo schizofrenico, senza una direzione precisa e soprattutto priva una logica sportiva. Senza contare che mischiando frequentemente le carte si rischia di penalizzare proprio chi è più forte. Prendiamo la famigerata Sprint Race. Se Verstappen avesse avuto un problema alla vettura al primo giro e fosse stato costretto al ritiro sarebbe partito in fondo allo schieramento e magari ci saremmo persi lo scontro al via tra i due titani di questo Mondiale, ovvero il momento clou del Gp e forse dell’intero Campionato. Qual è il senso di tutto ciò?
Penalizzare il migliore per farlo partire dietro e farci esaltare con il gusto della rimonta? Ma perché la griglia di partenza non dovrebbe premiare il più rapido sul giro secco come invece è naturale che sia? La qualifica non è un mini Gp, è scatto felino, prestazione pura, definisce lo scenario della gara, che è invece il terreno dove si gioca la vittoria e che non può essere solo velocità ma anche, e molto, testa, gestione del mezzo, un mix di azzardo e ragionevolezza. Snaturare tutto ciò significa fare sempre F1? E fa molto pensare che al ponte di comando del giocattolo c’è oggi proprio chi (Todt, Domenicali, Brawn) è stato protagonista assoluto di ben altra F1, quella in cui ancora l’essenza di questo sport veniva prima dell’intrattenimento. Evidentemente la mentalità è cambiata.
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