YOKOHAMA – Contro l’Italia, la Cina ha perso tutte le tre partite giocate nell’anno 2018. Questo dato non è una pietra su cui poter costruire massimi sistemi, ma è comunque il segnale di un disagio e di una sofferenza da parte della squadra di Jenny Lang Ping nei confronti delle azzurre nella loro versione più aggiornata. La Cina è campione olimpica in carica nel volley femminile e argento mondiale uscente. Quattro anni fa, al Forum di Assago, gli Usa di Karch Kiraly rifilarono una severa lezione alle asiatiche, 3-1 e primo titolo mondiale a stelle e strisce. Un podio tuttavia che testimoniò il ritorno ad altissimi livelli del volley femminile cinese. Un ruolo in verità mai perso dalla nazionale del dragone, se non per brevissimi cicli negativi. La Cina ha vinto molto più dell’Italia: due Mondiali (1982, 1986), tre Olimpiadi (1984, 2004, 2016). In più è andata a medaglia altri sei tra Mondiali e Olimpiadi. Abbastanza per dire, è scontato, che la Cina sia una delle più grandi potenze mondiali in questo sport, per risultati appena dietro l’Urss e assieme a Cuba nella storia al femminile del gioco ideato da William Morgan.
Una anomalia, tuttavia, il primato mondiale della Cina in uno sport di squadra, una sofferenza atavica che ha radici storiche e culturali. Meno del 5% delle medaglie conquistate dalla Cina alle Olimpiadi viene da discipline giocate o praticate in più di uno. Gli unici titoli olimpici in sport “di gruppo” arrivano proprio dal volley e dal canottaggio, uno solo, nel 4 di coppia femminile ai Giochi di casa, Pechino 2008. Sempre e solo al femminile. Proprio la pallavolo ha sempre rappresentato uno sfogo soprattutto per quelle ragazzine “rifiutate” da sport come la ginnastica artistica o i tuffi, rifiutate perché troppo alte. Nella profonda selezione “a priori” operata dalle scuole dello sport di Pechino, specializzate nel riconoscere il talento sportivo o le potenzialità in età verdissima, le pallavoliste finivano per diventare quasi scarti di laboratorio, messe insieme tuttavia per praticare uno sport che in Oriente ha radici molto più antiche che nel resto del mondo.
Ed ecco cosa rappresenta la Cina contro cui giocheranno le azzurre. Leggendaria è la ct, Lang Ping, detta Jenny, una delle due donne (l’altra era la ct del Giappone Kumi Nakada) su una panchina in questo Mondiale. Nata nel 1960, è stata semplicemente, per elezione dell’Fivb, la migliore giocatrice del XX secolo, quel che al maschile sono stati ex aequo Lorenzo Bernardi e Karch Kiraly. Nel suo passato da giocatrice anche un’esperienza a Modena, dove tornò da allenatrice per vincere, nel 2000, il primo scudetto di sempre al femminile nella città emiliana, più una Champions League e una Coppa Cev. Passata a Novara e Jesi con minore fortuna, tornò in panchina con le nazionali: prima gli Usa, infine dal 2013 la Cina. La sua pallavolo costruita sulla difesa e su giocatrici intercambiabili, ricca di quelli che un tempo si sarebbero definiti universali, è studiata in tutto il mondo. Più che il martello Ting Zhu, 191 punti, terza marcatrice del Mondiale, più che i muri di Ni Yan e Xinyue Yuan (formidabile quest’ultima anche al servizio), saranno da temere le infinite rigiocate, le difese e le grandi intuizioni della palleggiatrice Xia Ding. Averle battute tre volte su tre nell’anno dà all’Italia un leggero favore nel pronostico. Ma sarà come sempre il campo a parlare.