Mentre i Mondiali maschili sono giunti alla fase più calda, tocca ora alle donne scendere sul taraflex a caccia dell’iride. Da domani fino al 21 ottobre il Giappone ospiterà le 24 nazionali pronte a darsi battaglia per salire sul tetto del mondo. Il torneo si svolgerà in sei città: Hamamatsu, Kobe, Nagoya, Osaka, Sapporo e Yokohama, dove si disputeranno le semifinali e la finalissima.
Il “sacrificio” di Robinson
A difendere il titolo conquistato quattro anni fa in Italia sono gli Stati Uniti che ai nastri di partenza si presentano come la squadra da battere. Le ragazze di coach Karch Kiraly arrivano in terra nipponica forti del successo nella Nations League (introdotta quest’estate al posto del World Grand Prix) e consapevoli della propria forza. L’unico punto debole della corazzata a stelle e strisce potrebbe essere quello del libero. Dopo le prestazioni tutt’altro che convincenti di Amanda Benson, Kiraly ha deciso di affidare la seconda linea alla schiacciatrice Kelsey Robinson. E proprio questo cambio di ruolo testimonia la forza di questa squadra perché sacrificare uno dei migliori posti quattro al mondo nel ruolo di libero significa avere tanta qualità e quantità nel proprio roster. Un altro punto di domanda è invece rappresentato dall’opposto: quest’estate c’è stato il rientro di Karsta Lowe dopo un anno sabbatico. Se l’ex martello di Busto Arsizio tornerà ai suoi livelli, allora per le avversarie sarà veramente dura fermare Larson e compagne.
Zhu Ting pronta a incantare
Le pretendenti al trono comunque non mancano, a partire dalla Cina che andrà a caccia di riscatto dopo la sconfitta di quattro anni fa nella finale di Milano proprio contro le americane. La campionesse olimpiche in carica hanno confermato il blocco che due anni fa a Rio aveva conquistato la medaglia d’oro e in Giappone puntano decise al successo che manca dall’ormai lontano 1986. La squadra di Jenny Lang Ping ha tutto per arrivare fino in fondo: fisicità, talento, classe, esperienza, e soprattutto la stella Zhu Ting, una delle protagoniste più attese di questi Mondiali.
La “maledizione” brasiliana
Dietro alle ultime due finaliste troviamo il Brasile, che però nel paese del Sol Levante arriva con diversi punti interrogativi. Gli infortuni di Caixeta Tandara e Natalia Pereira hanno fortemente condizionato il lavoro del tecnico Zé Roberto, mentre Dani Lins e Thaisa Menezes, al rientro rispettivamente dalla maternità e da un grave infortunio al ginocchio, non sembrano ancora essere tornate al top. Se le sudamericane non ritroveranno al più presto l’amalgama giusta, l’appuntamento con la conquista del loro primo Mondiale rischia di diventare una vera e propria maledizione.
Serbia, sarà la volta buona?
Chi guarda con rinnovato ottimismo alla rassegna iridata sono invece le campionesse d’Europa in carica della Serbia. L’”highlander” Zoran Terzić (sulla panchina dal 2002) ha confermato il blocco che negli ultimi due anni ha conquistato l’argento olimpico e l’oro continentale aggiungendovi però un tassello forse determinante: Maja Ognjenović. La regista della Dinamo Mosca è rientrata in nazionale quest’estate a distanza di due anni dall’addio seguito all’argento di Rio perché, come ha ammesso lei stessa, “questa è la Serbia più forte di sempre”. Difficile darle torto visto che il sestetto titolare non sembra avere punti deboli, con in più ottime alternative in panchina. Sarà la volta buona?
Gli “incubi” di Pankov
Nel lotto delle favorite non può infine mancare la Russia, anche se la sua marcia di avvicinamento all’appuntamento clou della stagione è stata alquanto complicata. A turbare il sonno del selezionatore Vadim Pankov sono i problemi di affiatamento, la staffetta in cabina di regia tra Startseva e Romanova, nonché l’assenza di Kosheleva (MVP agli Europei 2013 e 2015). La sensazione è che gran parte del gioco passerà dalla vena realizzativa di Goncharova e dai muri di Zaryazhko. Ma per riportare la Russia sul tetto del mondo ci vorrà ben altro.
Le azzurre con vista Tokyo
A cercare di sovvertire i pronostici della vigilia c’è però una nutrita schiera di outsider. Prima fra tutte l’Italia. Le azzurre, dopo un’estate molto altalenante sotto il profilo dei risultati, si presentano in Giappone con una bella iniezione di fiducia in seguito al sorprendente successo nel torneo di Montreux. Il ct Davide Mazzanti ha deciso di puntare sulla linea verde, soprattutto in ottica di Tokyo 2020. Una scelta però piuttosto azzardata dal momento che per tante (Malinov, Egonu, Pietrini, Danesi, solo per citarne alcune) si tratterà della prima esperienza in una rassegna iridata, con il conseguente rischio di non riuscire a reggere la pressione. Un altro problema è rappresentato poi dalle assenze di Raphaela Folie (anche se Anna Danesi l’ha sin qui rimpiazzata egregiamente), Alessia Gennari e Caterina Bosetti. Le ultime due difficilmente avrebbero trovato spazio nel sestetto titolare, ma sarebbero certamente state delle riserve di lusso.
Il forfait di de Kruijf
Un’altra delle “underdog” che possono arrivare lontano è l’Olanda. Le “orange” di Jamie Morrison (iridato nel 2014 come vice di Kiraly sulla panchina americana) sono molto solide in tutti i reparti e soprattutto giocano memoria visto che da 2-3 anni il sestetto base è rimasto uguale. Tuttavia, a minare le loro certezze e ambizioni è il mancato recupero di Robin de Kruijf che non è riuscita a recuperare in tempo dal brutto infortunio al ginocchio rimediato nel marzo scorso, e la sua assenza rischia di pesare molto nell’economia del gioco.
La “nouvelle vague” turca
Se le quotazioni olandesi sono in lieve discesa, quelle della Turchia hanno di contro subito una decisa impennata. Il cambio generazionale dovuto agli addii di Demir e Kirdar, nonché agli stop di Aydemir (maternità) e Özsoy, sembrava proiettare la squadra di Giovanni Guidetti verso un Mondiale anonimo, e invece il successo sfiorato nella Nations League (sconfitta in finale al tie-break contro gli Stati Uniti) ha rilanciato le loro ambizioni ribadendo per l’ennesima volta (se mai ce ne fosse bisogno) come Guidetti sia in questo momento il miglior allenatore al mondo, nonché l’unico in grado di spostare gli equilibri di una squadra in brevissimo tempo. La “nouvelle vague” del volley turco risponde ora ai nomi di Özbay, Boz, Baladin e Günes, letteralmente esplose nel corso dell’estate. Per la Turchia vale comunque il medesimo discorso fatto per l’Italia: affrontare una competizione come il Mondiale con una squadra giovane e con poca esperienza internazionale comporta molti rischi, però è altrettanto vero che con Guidetti in panchina nulla è precluso.
L’ultima nazionale a poter insidiare le favorite è la squadra padrona di casa. Il Giappone non ha stelle in rosa, però avrà dalla sua la spinta del proprio pubblico e l’entusiasmo di giocare in casa: non a caso l’ultima volta che le nipponiche ospitarono un Mondiale (2010) arrivò un’inaspettata medaglia di bronzo…