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Di Redazione
Sulle pagine de La Gazzetta dello Sport di oggi si legge un’interessante intervista a Eleonora Lo Bianco, la giocatrice classe ’79 non ha alcuna voglia di smettere di giocare.
Dopo gli acciacchi e la stagione in salita con Casalmaggiore, Leo non ha ancora ricevuto offerte concrete per la prossima. «Non faccio drammi, gioco a pallavolo da trent’anni, il mio fisico è usurato, ma mi sarebbe piaciuto smettere quando lo decidevo io. E’ una situazione che non mi aspettavo, ma che vivo senza angosce. Mi sono messa il cuore in pace, probabilmente non comincerò la stagione subito, magari qualche offerta arriverà più tardi».
Gioca da tanti anni, ha vinto tutto, che cosa c’è ancora da completare?
«L’ultima stagione non è stata semplice. Sono stata due mesi fuori per un problema a una spalla nato forse da un sovraccarico, ho rincorso il rientro, ho battuto anche con la sinistra per essere in campo. Le cose non sono andate come ci si aspettava, non siamo riuscite a centrare i playoff. E nella mia testa mi sarebbe piaciuto continuare un altro anno per non finire così. Giocare mi piace sempre tantissimo, non vorrei smettere mai».
Ha già pensato a che cosa farà dopo?
«No, in questo periodo ho tanti pensieri su questo. Non so bene, non ho certezze se non che non farò l’allenatore, non mi è mai interessato e ho capito negli anni che non è nelle mie corde. Magari se ci fosse la possibilità in altri ruoli, chissà , resterei anche nella pallavolo».
Ha visto la Nazionale, che cosa le piace?
«Sembra che si divertano a giocare insieme, vedo un forte spirito di gruppo. Ho seguito la Nation League guardando i risultati su Internet, ho visto solo un paio di partite verso la fine, se avessero avuto quel livello di gioco sin dall’inizio non avrebbero certo fallito la qualificazione. Ma le qualità ci sono, stanno lavorando bene con Davide, sono sicura che faranno un grande mondiale».
In che cosa devono ancora migliorare?
«Mah, ci sono tante cose in cui non si deve mai smettere di imparare, di lavorare. Se posso dare un consiglio, non credano mai di essere arrivate al massimo. Quello non bisogna pensarlo mai».
Che dice di Lia Malinov, sua erede in azzurro?
«Lia mi piace tantissimo. La conosco da quando era una bambina, io giocavo a Jesi, l’allenatore era suo padre Atanas. Lei aveva 8 anni e faceva stretching accanto a me dopo gli allenamenti. L’ho incrociata ancora quando aveva 15 anni ed era a Bassano. Ci sentiamo spesso. Mi piace per come è in campo e fuori. Non è una farfallona, ha una testa alla vecchia maniera, è stata cresciuta bene, con i valori e le regole giuste».
Vent’anni ai massimi livelli, comprese le quattro stagioni a Istanbul, come ha visto cambiare la pallavolo?
«Ormai si punta tanto sulla potenza, sul fisico. Lo vediamo anche in Nazionale, con giocatori che una volta l’Italia non aveva. Purtroppo si lavora più sulla potenza, si punta più al tiro a cento all’ora, e si è un po’ trascurata la tecnica: così magari una partita si perde per un bagher brutto o un errore nell’appoggio, particolari che contano quanto tirare fortissimo».
E’ un’evoluzione che le piace?
«Mah, il fatto che si trascuri la tecnica no, non mi piace. La specializzazione ha portato a cambiamenti pesanti, guardate i centrali, una come la Paggi poteva restare in campo a ricevere e difendere, quelli moderni no. Vedo che in palestra si lavora meno, proprio in termini di ore, anche perché con i calendari che fanno per giocare partite ogni due giorni qualcosa si deve sacrificare».
Ha girato l’Italia, è andata all’estero, quali sono le città che si porta nel cuore?
«Al numero 1 c’è Omegna, casa mia, dove sono anche adesso. Qui mi sento sempre in vacanza. Poi Bergamo, dove ho giocato tanti anni e dove ho ancora tanti amici, è un posto che mi ha conquistato. E Istanbul, nei quattro anni lì ho avuto modo di conoscerla meglio di quello che facciamo quando andiamo in trasferta e facciamo un giro intorno al palazzetto e via».
Una volta scriveva diari con le sue impressioni, lo fa ancora?
«No, ma quei diari li ho ancora e mi piace ogni tanto sfogliarli per rivivere quei ricordi. Ci ritrovo particolari di cui magari mi ero dimenticata. Bello rivivere le emozioni, le vittorie. Ora il passatempo è il mio cane, l’avrei sempre voluto, pensavo di prendermelo quando mi sarei sistemata, poi due mesi e mezzo fa me l’ha regalato il mio fidanzato. Mi sta riempiendo le giornate».
(Fonte: La Gazzetta dello Sport)