LONDRA – Si chiude nel nome di Novak Djokovic l’edizione 2018 di Wimbledon. Il serbo trionfa sui prati inglesi superando in finale il sudafricano Kevin Anderson in tre set: 6-2, 6-2, 7-6 (3) in due ore e diciannove minuti e ritorna tra i Top Ten, giusto alla decima posizione.
Djokovic ha letteralmente dominato nei primi due set, rifilando un duplice 6-2 ad Anderson senza la sua battuta a fare la differenza: Nole ha confermato le sue doti di ottimo ribattitore e, essendo miglior palleggiatore del sudafricano, ha comandato il match senza alcun problema. Solo nel terzo set si è visto finalmente Anderson, più convinto (o forse solo più disperato): ha ritrovato il servizio e quel minimo di lucidità necessari almeno per evitare una figuraccia. Perché per trovare una partita a senso unico bisogna andare indietro di cinquant’anni quando, nel 1968, Rod Laver sconfisse Tony Roche in una sola ora di gioco.
Non è stato il caso di questa finale, comunque: il sudafricano, infatti, nel terzo set s’era anche guadagnato, prima del tie-break perso, cinque palle per il set: le prime due sul 5-4 e servizio Djokovic, ma il serbo è riuscito (soprattutto nella prima occasione con un colpo che tutto il pubblico riteneva fosse finito fuori) a salvarsi. E poi sul 6-5, ma anche in questo caso il serbo ha mostrato perché sia dura batterlo. Nel tie-break Djokovic ha fatto davvero sentire pressione ed esperienza, e si è portato rapidamente sul 6-2, con 4 match point a favore: annullato da Anderson il primo, ha vinto alla seconda chance festeggiando con l’assaggio di un filo d’erba.
In fondo il sudafricano era riuscito a battere una sola volta Djokovic, la loro primissima volta (esattamente dieci anni fa: nel 2008), e poi il serbo ha sconfitto sempre Anderson nei successivi cinque match. Di cui due proprio a Wimbledon e, sebbene nel 2011 il serbo si fosse imposto con facilità , nel 2015 Djokovic dovette dare fondo a tutte le sue energie per rimontare Anderson, che aveva conquistato i primi due tie-break. Poi il serbo conquistò il torneo. Questa è stata la sesta sconfitta. Stavolta, saranno state le dieci ore in campo di maratona con Federer e Isner nei turni precedenti, più la pressione psicologica della finale, ma non è stato il solito Anderson. D’altra parte, tornando a Djokovic, non si supera Rafa Nadal al quinto set se non si ha una forza mentale straordinaria, ed è certamente il suo caso. Djokovic, dunque, torna a vincere in un Major due anni dopo l’apoteosi di Parigi, che gli aveva consentito di realizzare il ‘Career Grand Slam’, cioè aver vinto almeno una volta tutti gli Slam. Questo è il suo tredicesimo, e il tennis lo applaude felice, ringraziandolo per essere tornato ai massimi livelli.
DKOKOVIC: “NON C’E’ POSTO PIU’ BELLO PER TORNARE A VINCERE” – “Non c’è posto più bello dove tornare a vincere”, ha detto Djokovic nel corso della cerimonia di premiazione. L’ex numero 1 del Mondo non vinceva uno Slam dal Roland Garros nel 2016, da lunedì tornerà al numero 10 del Mondo. “Ora è facile parlare. Sono stato costretto ad avere fiducia nel processo che ho intrapreso – ha detto il serbo – Sono molto grato al mio team, tutti mi hanno sostenuto negli ultimi due anni. Non è stato facile, mi sono operato e sono stato fuori per molti mesi. Non ero sicuro di tornare al livello di prima. Questo è un torneo molto speciale, che ho sempre sognato vincere”, ha proseguito il serbo.
Dopo aver fatto i componenti a Kevin Anderson “per l’ottimo torneo disputato”, Djokovic si è poi emozionato per la presenza in tribuna della moglie e del figlio piccolo. “È la prima volta che ho qualcuno che mi urla ‘papà , papà ‘ dalla tribuna. È fantastico. È stato il mio sparring nelle ultime settimane. Sono felice che lui possa essere qui a vedermi, con mia moglie e il mio team”.