PECHINO – L’aspetto non è proprio quello della tradizione, con la massa di capelli crespi e la pelle scura ereditata dal babbo di Haiti. La lingua la parla maluccio: “Sono molto onorata… non so come si dica in Giapponese”. Ma nel temperamento di Naomi Osaka, la 20enne meraviglia che ha surclassato Serena Williams conquistando gli Us Open, tutto il Sol Levante si è subito riconosciuto. L’impassibile determinazione mostrata sul campo e poi la timidezza nella vittoria, le mani davanti agli occhi, quasi l’imbarazzo di aver sconfitto il suo idolo in mezzo alle polemiche: “Mi dispiace che sia finita in questo modo”.
Tre giorni dopo la storica partita, la prima vittoria giapponese in uno Slam, i giornali giapponesi hanno ancora tutti la sua foto in prima pagina. E un Paese insulare, per geografia e cultura, vive una nuova mania per questa eroina “hafu”, come lì chiamano le persone in cui si incrociano due etnie diverse. Dall’inglese “half”, cioè metà e metà.
Nel caso di Naomi è metà Haiti, da parte di papà, e metà Giappone, la mamma, partititi con la bimba alla volta degli Stati Uniti quando lei aveva appena 3 anni. Per molto tempo tagliarono i rapporti con il resto della famiglia, raccontano i retroscena, forse proprio per quell’unione “mista”. Ora sembra tornato tutto a posto: i giornali locali sono andati a cercare il nonno materno, Tetsuo Osaka, che a 73 anni ancora dirige la cooperativa dei pescatori di Nemuro, nell’Hokkaido. Domenica all’alba ha guardato la partita dai parenti, visto che dopo il tremendo terremoto che ha colpito l’isola, uccidendo 44 persone, a casa sua l’elettricità arriva a singhiozzo. Dice di aver chiamato la nipote per i complimenti di rito, un molto nipponico “hai fatto un gran lavoro”, e che la prossima settimana la vedrà al torneo di Tokyo, sempre ammesso riesca a strapparla alla pazza folla di tifosi che si apposteranno dalla notte prima ai cancelli dello stadio.
Us Open, Serena Williams litiga con l’arbitro: “Ladro”. E lui le toglie un gameTra quelli che da domenica hanno versato più sake, ci sono di sicuro i dirigenti di Nissin Food, piccolo produttore di noodles istantanei che qualche tempo fa ha deciso di sponsorizzare la bella promessa. Ma perfino il premier Shinzo Abe, ora in campagna elettorale per la rielezione al vertice del Partito liberale, si è affrettato a twittarle i suoi complimenti: “Grazie per aver dato energia e ispirazione a tutti i giapponesi in questi tempi difficili”. Già si ragiona su come rendere Naomi uno dei volti promozionali per le Olimpiadi di Tokyo del 2020.
Troppo facile, obiettano sui social alcuni. Nel Giappone ossessionato dalla purezza non è un mistero che gli individui di sangue misto siano spesso discriminati. Troppo ipocrita celebrarne uno quando porta la bandiera del Paese dove mai era arrivata prima, come ha fatto Naomi. Oppure quando viene eletto Miss Universo, come successe a un’altra “hafu”, Ariana Miyamoto, nel 2014. Intanto però, mentre gli Stati Uniti e il mondo si interrogano sulle proteste di Serena, bizze di un campione che non sa perdere o discriminazione?, fuori dai campi nel centro di Tokyo una tennista amatoriale dice al New York Times che grazie a Naomi il Giappone può cambiare: “Americani e Europei danno più importanza alla nazionalità che all’aspetto. Penso che anche il nostro Paese in futuro potrà essere così”.