TORINO – Toto Wolff, in un’intervista rilasciata al sito di Ubs, parla di quando per un pilota è il momento giusto per ritirarsi e della capacità di sapersi rigenerare. E lui ne sa qualcosa, visto che la sua carriera alla guida di una monoposto è finita alla giovane età di 22. «Al giorno d’oggi, il successo di ieri non vale niente. Se ne è andato e non c’è più, quindi è necessario trovare nuovi modi per essere rilevanti, nuovi riconoscimenti. Ecco come funziona la generazione dei social media, lo scroll va avanti, non si ferma mai», ha detto il team principal di Mercedes.
LA CARRIERA Un buon esempio è rappresentato da Nico Rosberg. «Molti di noi sentono di essere intrappolati nella ruota del criceto, alla ricerca di ricompense finanziarie, felicità e riconoscimento. Nico ha seguito il suo istinto e è saltato fuori da quella ruota, lasciandosi i successi alle sue spalle. È una cosa rara». Per quanto riguarda il suo passato Wolff rivela come sono andare le cose. «Non sono stato io a decidere di lasciare il mondo delle corse. Avevo finito i soldi, il mio sponsor aveva mollato dopo l’incidente di Karl Wendlinger a Montecarlo. All’epoca ero anche consapevole del fatto che non avevo i numeri giusti per farlo. Mi mancava il background del go-kart da bambino, mi mancavano i finanziamenti e i contatti e pensavo che il mondo degli affari sarebbe stato il miglior percorso a quell’età». Uscito dalla porta, Wolff è rientrato dalla finestra. Dopo il ritiro dal mondo del Motorsport, infatti, per dieci anni ha lavorato nel private equity, ma poi grazie a degli investimenti in vari team gli si è spianata la strada per una terza carriera che ha fuso i due settori, business e sport.