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Da Brabham a Hamilton: i piloti diventati campioni del mondo F1 negli USA

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Domenica prossima la Formula 1 tornerà in pista ad Austin, nel cuore del Texas, per il Gran Premio degli Stati Uniti d’America. Una gara che potrebbe rivelarsi decisiva per le sorti del campionato piloti F1 2018, e che potrebbe chiudersi anzitempo a favore di Lewis Hamilton.

L’inglese della Mercedes, grazie al grosso vantaggio accumulato su Sebastian Vettel, potrà infatti giocare il suo primo “match point” a disposizione proprio in America, con la concreta possibilità di aggiudicarsi il suo quinto titolo mondiale in carriera. Un traguardo iridato che eguaglierebbe il numero di mondiali vinti dall’argentino Juan Manuel Fangio, 2° nella classifica dei campioni all-time dietro soltanto a Michael Schumacher (fermo in vetta a quota 7).

C’è però un altro aspetto che potrebbe essere considerato favorevole per Hamilton, davvero ad un passo da chiudere i giochi con quattro gare d’anticipo: il pilota della Mercedes era già stato incoronato campione del mondo sulla pista di Austin, e più precisamente nel 2015. All’epoca Hamilton vinse il terzo mondiale, oggi invece è vicinissimo alla “cinquina” iridata.

Quindi, in attesa di capire cosa succederà nel prossimo appuntamento americano, è bene ricordare alcuni fatti significati che legano la storia della Formula 1 agli Stati Uniti d’America. Infatti, oltre alla gara del 2015 e quella ancora tutta da scrivere del 2018 (Vettel permettendo), vi sono stati altri casi di piloti divenuti campioni del mondo proprio in concomitanza con il Gran Premio degli Stati Uniti.

Storie di successi, di lacrime e di gioie immense che ebbero il loro inizio al termine degli anni ’50, e che conobbero il loro massimo splendore soprattutto negli anni ’70. Una “moda” di vincere il mondiale negli USA che sembrava essere perduta, almeno fino a quando la Federazione non decise, in tempi recentissimi, di reintrodurre il GP degli USA nella seconda metà del campionato, aumentando così le opportunità di festeggiare il mondiale nella terra a stelle e strisce.

Ecco, dunque, le storie dei piloti divenuti campioni del mondo F1 negli USA.

1959 – La prima edizione del GP americano premia Jack Brabham

Nel 1959 venne introdotto per la prima volta in calendario il Gran Premio degli Stati Uniti. Nel corso di tutti gli anni ’50 infatti, l’America aveva conosciuto la Formula 1 soltanto con la 500 Miglia di Indianapolis, gara che allora era considerata valida anche per il circus.
La separazione tra la Formula 1 e gli ovali americani avvenne ufficialmente nel 1959, anno in cui la pista di Sebring ospitò l’ultima tappa del campionato di F1.
Una gara destinata ad entrare nella memoria per gli aneddoti di quel giorno. La prima edizione del GP degli Stati Uniti coincise infatti con l’ultima gara disputata con la totale assenza di campioni del mondo sulla griglia di partenza. Il fatto non si verificò più fino al GP di Monaco del 1994, quando l’improvvisa e dolorosa morte di Ayrton Senna ad Imola lasciò la griglia orfana di campioni del mondo.
Dopo la partenza Stirling Moss e Tony Brooks tentarono in tutti i modi di vincere il gran premio, nella speranza di scavalcare in classifica mondiale l’australiano Jack Brabham, favorito per la vittoria finale.
I due piloti non riuscirono nel loro intento, e la prima edizione del Gran Premio degli USA fu vinta da Bruce McLaren. Il neozelandese, alla tenera età di 22 anni e 104 giorni, stabilì così il record del pilota più giovane di sempre a vincere un GP di Formula 1.
Un primato che resisterà fino al 2003, quando Fernando Alonso riuscì a fare ancor meglio di McLaren in occasione del Gran Premio d’Ungheria.
Dal canto suo, nonostante alcuni problemi meccanici, Jack Brabham chiuse la gara al 4° posto, un piazzamento sufficiente per aggiudicarsi il campionato piloti 1959 ed il suo primo dei tre titoli iridati conquistati in carriera.

1970 – Il mondiale vinto dal cielo

Se nel 1959 il GP degli USA aveva sede a Sebring, a partire dal decennio successivo la Formula 1 si trasferì sul circuito di Watkins Glen. L’edizione del 1970 verrà per sempre ricordata come uno dei GP più carichi di emozioni contrastanti, soprattutto per il dopo-gara.
Il verdetto della pista è chiaro: a salire sul gradino più alto del podio è il brasiliano Emerson Fittipaldi, che così facendo ottiene anche il primo podio e la prima vittoria della sua carriera.
Il belga Jackie Ickx, nonostante la pole conquistata il giorno precedente, chiude soltanto al 4° posto, compromettendo così la sua rincorsa ai vertici della classifica iridata. Il risultato diventa così decisivo ai fini del campionato mondiale piloti, che però non verrà mai festeggiato a dovere.
A conquistare il titolo è infatti Jochen Rindt, ma con una particolarità: l’austriaco, deceduto tragicamente a Monza qualche settimana prima, è il grande assente della gara americana. Eppure, le vittorie ed i punti guadagnati fino al giorno della sua scomparsa, si rivelarono comunque sufficienti per poter vincere il mondiale.
Jochen Rindt è ancora oggi l’unico pilota della storia ad aver vinto un titolo iridato postumo.

1974 – L’ultima corona d’alloro per Fittipaldi

L’atto finale del mondiale 1974 va di nuovo in scena negli Stati Uniti, ancora una volta sul circuito di Watkins Glen. A contendersi il titolo, questa volta, sono due piloti completamente diversi tra loro per stile di guida e personalità:
da un lato il ferrarista Clay Regazzoni, dall’altro il brasiliano Emerson Fittipaldi su McLaren.
Le sorti della gara sorrisero proprio a quest’ultimo, il quale, favorito anche dai problemi di adattamento di Regazzoni con le gomme, chiuse al 4° posto, appena fuori dal podio. I punti ottenuti dal sudamericano bastarono a “O Rato” per entrare nell’albo d’oro dei campioni di questo sport, per la seconda ed ultima volta in carriera.
Ma dietro i sorrisi e la gioia del brasiliano, in quel GP degli Stati Uniti l’intera Formula 1 si coprì di vergogna: al 10° giro della corsa infatti, l’austriaco Helmut Koinigg uscì di pista a velocità elevata. Nell’impatto con le barriere, Koinigg morì sul colpo, a tal punto da rendere palesemente inutili i soccorsi. Eppure, nonostante la tragedia, i commissari non interruppero la corsa, coprendo le spoglie mortali dell’austriaco con un telo bianco.
Una reazione alla morte in pista testimone di quegli anni bui della Formula 1, dove gli incidenti mortali erano molto più frequenti di oggi.

1977 – Lauda si congeda dalla Ferrari con il titolo

La terzultima gara del mondiale 1977 vide in calendario il Gran Premio degli Stati Uniti-Est (che possiede un albo d’oro indipendente dal GP degli USA), sempre a Watkins Glen.
Dopo la grande paura dell’anno precedente, quando rischiò di perdere la vita al Nurburgring, Niki Lauda tornò alla guida della Ferrari con il suo solito stile da abilissimo calcolatore.
L’austriaco, nonostante la concorrenza agguerrita di James Hunt e Mario Andretti, riuscì a chiudere il discorso mondiale proprio negli Stati Uniti, vincendo il suo secondo titolo iridato in anticipo grazie al 4° posto conquistato.
Una vittoria che confermò l’indiscusso talento del pilota, ma che venne festeggiata con distacco: infatti, proprio alla vigilia della gara americana, lo stesso Lauda ufficializzò il divorzio dalla Ferrari per il 1978, annunciando il passaggio alla Brabham-Alfa Romeo, che non gli regalerà le stesse soddisfazioni degli anni vissuti a Maranello.

2015 – Hamilton trionfa nel “rodeo” di Austin

Negli anni dagli anni ’80 fino ai 2000, complici anche i diversi spostamenti della gara americana nel calendario, il GP degli USA perse il suo fascino di appuntamento decisivo per l’assegnazione di un mondiale.
La tendenza subì però un ribaltamento dal 2012, anno in cui il Gran Premio degli Stati Uniti tornò a far parte del campionato di Formula 1 dopo la parentesi di Indianapolis.
L’occasione per rivedere un pilota laurearsi campione mondiale in America si presentò puntualmente nel 2015, in una situazione per certi versi simili a quella che si presenterà domenica prossima.
In quella circostanza, Hamilton poteva chiudere il discorso proprio a danno di Sebastian Vettel, al suo primo anno in Ferrari e 2° in classifica.
In qualifica, contrariamente alle aspettative, si dimostrò più forte il compagno di squadra di Hamilton, autore di tante battaglie interne con l’inglese: Nico Rosberg.
Il tedesco, nonostante la pole, si dimostrò meno lucido in gara, subendo la maggior esperienza del compagno di team.
Rosberg dovette infatti accontentarsi del 2° posto sul podio, davanti a Vettel ma dietro ad Hamilton.
Con quella vittoria, l’inglese divenne campione del mondo per la terza volta in carriera, e per la prima volta ottenendo due titoli consecutivi.

E domenica, con molta probabilità, la storia potrebbe ripetersi.

Fonte: http://feedproxy.google.com/~r/CircusFormula1/~3/0l2_jgvptXQ/da-brabham-a-hamilton-i-piloti-diventati-campioni-del-mondo-f1-negli-usa.php


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