Per la Ctp Catania (sentenza 6313/12/2018, presidente Lo Monaco, relatore Caruso), le operazioni di sponsorizzazione a favore di enti sportivi dilettantistici entro il limite di 200mila euro annui, pur generando costi deducibili per lo sponsor (articolo 90, comma 8, legge 289/2002), non comportano l’automatica detrazione dell’Iva. Il caso concerne la sponsorizzazione da parte di una società di due associazioni sportive dilettantistiche. L’operazione formava oggetto di accertamento con il quale venivano contestate allo sponsor sia l’indeducibilità dei costi che l’indetraibilità dell’Iva relativa alle prestazioni, che venivano considerate spese non inerenti sotto il profilo della antieconomicità. La contribuente impugnava l’avviso, sostenendo che si trattava di spese deducibili ai fini delle imposte sui redditi con una presunzione assoluta di inerenza fino al limite, nel caso di specie osservato, di 2oomila euro annui. Inoltre veniva eccepita l’infondatezza della contestazione con riguardo all’Iva, per la cui detrazione, secondo parte ricorrente, non rilevava l’asserita mancanza di inerenza quantitativa dell’operazione.
La Ctp annullava la sola pretesa ai fini Ires e Irap, riconoscendo efficacia di presunzione legale assoluta e qualificando come inerenti, e pertanto deducibili, i costi di sponsorizzazione, in linea con la ormai consolidata giurisprudenza della Cassazione (8981/2017, 7207/2017, 5720/2016). A diverse conclusioni, invece, perveniva la Commissione con riguardo all’Iva assolta in fattura, che veniva ritenuta indetraibile per mancanza di inerenza. Secondo la Ctp, dato che ai fini Iva non sussiste alcuna presunzione legale, l’inerenza va valutata in concreto sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Nel caso di specie, trattandosi di spese sproporzionate rispetto ai costi del periodo (24% dei costi per servizi) e al fatturato (5%), la Commissione le riteneva non inerenti in quanto incongrue, facendone discendere l’indetraibilità dell’Iva.
Il principio del “doppio binario” espresso dalla Ctp, però, non sembra tenere adeguatamente conto della giurisprudenza di legittimità che esclude l’applicabilità del principio di antieconomicità all’accertamento ai fini Iva (Cassazione, 2875/2017) e dei più recenti approdi della Suprema corte (ordinanze 450 e 3170 del 2018) secondo cui l’inerenza deve essere apprezzata attraverso un giudizio esclusivamente qualitativo, mentre deve essere abbandonato qualsiasi concetto di natura quantitativa. Pertanto, l’eventuale contestazione circa la congruità della spesa (che per la Corte può essere fondata tuttalpiù in base al potere di rettifica del “valore normale” delle componenti attive e passive da parte delle Entrate) non troverebbe alcuno spazio con riguardo all’Iva, che rimane quantificata in base al principio del corrispettivo effettivo (Cassazione, 2240/2018)