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Zverev: “Gli allenatori spagnoli hanno la miglior mentalità”

Alexander Zverev è a caccia della miglior condizione dopo il lunghissimo stop patito nella seconda parte del 2022 per colpa del gravissimo infortunio alla caviglia rimediato in campo nella semifinale del Roland Garros. Era impossibile aspettarsi chissà quali prestazioni da parte del tedesco nei primi match del 2023. Sbarcato a Doha, Sasha cerca di ritrovare ritmo e sensazioni positive al Qatar ExxonMobil Open, un ATP 250 di grande qualità, con al via tennisti del calibro di Rublev, Auger-Aliassime, il fresco campione di Rotterdam Medvedev e Bautista Agut, che gioca sempre assai bene negli eventi organizzati in medio oriente nella prima parte dell’anno.

Intervistato dalla stampa locale, Zverev si è soffermato sul discorso coach. Oltre alla presenza fissa del padre, suo primissimo allenatore, il finalista a US Open 2020 ha cambiato davvero tanti allenatori nella sua seppur giovane carriera. Alcuni, dopo la rottura del rapporto di collaborazione, sono andati giù pesanti con lui. Ivan Lendl per esempio ebbe a dire “non si può lavorare con lui”, tacciandolo di scarsa attenzione e dedizione. Altri invece ne hanno riconosciuto la voglia di lavorare e di migliorarsi, nonostante un carattere spigoloso che non sempre rende il lavoro “facile”. Per il diretto interessato, il rapporto con un coach è qualcosa di importante ma difficile da costruire. In generale, Sasha apprezza moltissimo la mentalità degli ex giocatori spagnoli diventati poi coach. Attualmente nel suo angolo siede Sergi Bruguera, ex top10, due volte campione a Parigi e poi capitano di Davis per il suo paese. Ecco le parole di Zverev sull’interessante argomento, incluso il rimpianto della rottura del rapporto con David Ferrer.

Perché scelgo coach spagnoli? Per la mentalità. L’ho detto più volte” afferma Zverev. “Penso che lavorare con me a volte non sia facile, perché pretendo molto e ho il mio carattere. Pretendo molto da me stesso e da chi mi sta intorno. Sono una persona estremamente dedita al lavoro, quando si tratta di tennis, quando si tratta del lato fisico, anche quando si tratta di lavorare in palestra. Per questo penso che ci debba essere una certa mentalità da parte di un allenatore per essere in grado di gestirlo. Non ho mai lavorato con un allenatore tedesco, ma so che forse per la mentalità che hanno non mi starebbe molto bene”.

Gli allenatori spagnoli, che sia David Ferrer, o che sia Sergi (Bruguera) adesso, mi calzano perfettamente. Ho sempre detto che mi piaceva lavorare con David. Ad essere onesti, non lo avremmo mai lasciato se non fosse stato per il Covid in quel preciso momento, perché le circostanze non erano buone per viaggiare, non poteva tornare dalla sua famiglia, si era ritirato da poco dal tennis. È stato un vero peccato, ho grande stima per lui”. Non una parola invece per Juan Carlos Ferrero, ex n.1 al mondo e suo coach in passato, oggi all’angolo di Alcaraz. Quando i due si separarono, in Spagna parlarono di una rottura piuttosto burrascosa.

Relativamente alla sua condizione, Sasha afferma che problema alla caviglia è totalmente risolto, ora è necessario ritrovare la forma: “Ci è voluto molto tempo per tornare. In Australia ero ancora molto limitato in quello che potevo fare, non ero completamente libero dal dolore, non potevo muovermi nel modo in cui volevo. Adesso le cose stanno decisamente andando in un’altra direzione. Sto iniziando a godermi molto il mio tempo e sto anche iniziando a ritrovare la mia strada. D’ora in avanti sento di aver davvero la possibilità di vincere”.

Probabilmente serviranno ancora diverse settimane per rivedere il miglior Zverev in campo. Il tedesco ha un tennis discretamente fisico, spinge molto e deve arrivare bene sulla palla per scaricare la grande potenza ed accelerazione dei suoi colpi. Nelle recenti sconfitte è parso in evidente ritardo di condizione ogni volta che il rivale lo spostava lateralmente, costringendolo a colpire in corsa. Anche la la sicurezza nei colpi è ancora lontana dai giorni migliori. A Doha lo attende un esordio (al 2°t) non esattamente agile: un Andy Murray irriducibile, capace di domare Sonego e lottare duramente su ogni palla. Sarà certamente un bel test per il tedesco.

Marco Mazzoni


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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