E adesso davvero “il cielo è sempre più blu”, come la voce arrochita di Rino Gaetano garantiva domenica sera, rendendo ancora più frizzante la festa della Ferrari nel paddock del GP d’Austria. E’ più blu perché due vittorie di fila della Rossa dopo sei della Red Bull dicono qualcosa; è più blu perché la F1-75 ha davvero sovrastato per prestazioni la RB18 di Adrian Newey, soprattutto nella cruciale gestione delle gomme; è più blu perché Maranello resta in corsa anche per il titolo piloti; è più blu perché Leclerc sembra davvero uno di quelli che corrono o sciano o nuotano o giocano a tennis oltre i problemi, come il suo sorriso pieno aveva certificato dopo gli attacchi di Carlitos nella garetta Sprint del sabato. E lo è sempre di più perché la truppa ferrarista sembra essersi tirata fuori dal groviglio creatosi tra rotture di motore e svarioni della strategia nel tris di GP Spagna-Monaco-Azerbaijan. Un problema però non è risolto, ma piuttosto in via di soluzione.
L’incognita
Parliamo dell’affidabilità. La tenuta dei motori è cruciale per chi ambisce a inseguire il Mondiale e su tale fronte a Maranello è in corso una corsa contro il tempo. Per la Red Bull questo è un punto di forza, anche se ogni tanto qualche noia s’affaccia: se tre power unit sono autorizzate per ogni pilota nella stagione, composta da ventidue gran premi, Max Verstappen e Sergio Perez hanno montato il loro secondo motore all’ottava gara, senza mai ricorrere al gioco delle rotazioni nei GP.
La Ferrari deve invece arrangiarsi, almeno finché permarrà questa incognita: ogni gara può concludersi come la vittoria di Leclerc in Austria o quella di Sainz in Inghilterra, ma anche con il brasato, com’è successo alla Rossa di Carlitos domenica.
«In attesa della soluzione dobbiamo gestire con il chilometraggio e la rotazione dei motori – ha detto Binotto, e noi ci sentiamo liberi di aggiungere: pure con eventuali limitazioni della potenza – Per avere in macchina le modifiche che risolvono il problema, però ci vuole del tempo».
Le cinque mosse
Quanto tempo? Tanto, anche se il team principal evita i dettagli («Non è una cosa che si fa in dieci giorni»). Cinque fondamentalmente le fasi obbligate: 1) la comprensione esatta e certa delle cause dei problemi; 2) la riprogettazione dei pezzi da modificare; 3) la produzione di questi pezzi; 4) il collaudo al banco, con possibili conseguenti nuove modifiche; 5) la produzione finale e l’espletamento della burocrazia tecnico-federale per far approvare le modifiche. Ricordiamo che i motori non si toccano più fino a tutto il 2025 per ciò che riguarda le prestazioni, ma affidabilità, sicurezza e risparmio dei costi consentono di intervenire.
Ora c’è questo nuovo problema: la power unit di Sainz (rientrata ieri pomeriggio a Maranello) è proprio esplosa, con un sobbalzo che ha squassato l’intera monoposto appena uscita dalla pista. Lì dentro ora c’è un macinato di metallo e risalire all’origine non sarà facile. I tecnici però avevano già un’idea domenica perché Binotto ha anticipato: «Il problema non è lo stesso della rottura di Barcellona ma ha a che fare con quella di Baku».
Quando dunque? Certamente non prima della sosta estiva (tra GP Ungheria del 31 luglio e GP Belgio del 28 agosto), che in realtà non consentirà di lavorare perché l’intera attività deve obbligatoriamente fermarsi per tre settimane.
Obiettivo Olanda
L’obiettivo oggi – sempre che si faccia in tempo – è omologare le modifiche di affidabilità a casa di Verstappen, nel weekend del 2-4 settembre in Olanda. Quello è infatti il termine ultimo per omologare la parte elettrica del motore, che come quella termica rimarrà poi bloccata fino a tutto il 2025: dovendo dunque pagare penalità (la Ferrari è già ampiamente oltre i tre motori consentiti), potrebbe deliberare le modifiche di affidabilità senza perdere altre posizioni sulla griglia. Ma si tratta di un’opportunità e non sarà quello a dettare l’agenda che oggi prevede – lo ripetiamo – una corsa contro il tempo.
Poi, ovviamente, si interviene su tutto ciò che si può migliorare: le strategie sono state un capitolo dolente ma ci si sta lavorando, e il muretto ferrarista al Red Bull Ring ha mostrato reattività ed efficienza apprezzabili. Mentre l’equivoco che era ancora in piedi del chi-aiuta-chi nella corsa al Mondiale piloti s’è squagliato con il motore di Carlos.