ROMA – Chris Froome non difenderà alla Vuelta di Spagna maglia rossa conquistata lo scorso anno, quella che tra l’altro gli ha causato un infinito stress doping. Non ci sarà l’uomo dell’anno, Geraint Thomas, trionfatore a sorpresa del Tour de France e di fatto co-capitano del Team Sky. Non ci sarà Tom Dumoulin, in fase di recupero dopo il doppio secondo posto in Italia e Francia, e non ci sarà Mikel Landa, tra l’altro adattissimo al percorso, messo fuori causa da un problema alla schiena. Ci saranno invece i due alfieri del ciclismo italiano, Vincenzo Nibali e Fabio Aru. La presenza dello Squalo è la vera notizia, vista la frattura di una vertebra che, nella giornata di dimenticare dell’Alpe d’Huez, lo ha messo fuori gioco al Tour rischiando di fargli chiuder la stagione. Due settimane dopo la Vuelta si correrà a Innsbruck il mondiale più duro – almeno sull carta – dai tempi di Sallanches nel 1980. Nibali punta a quello: difficilmente potrà avanzare in Spagna velleità di vittoria, l’obbiettivo è trovare in corso d’opera uno stato di forma che, magari nella terza settimana, possa consentirgli di puntare a qualche prestigioso successo di tappa.
Fabio Aru invece punta alla classifica, ma il punto interrogativo è di quelli visibili: il sardo era infatti arrivato al Giro con propositi trionfalistici, salvo poi ritrovarsi, in malomodo fuori dai giochi. L’attitudine alla corsa non si discute, semmai è da verificare se uno stato di forma programmato al top per maggio e poi svanito nel nulla, possa essere recuperato in termini relativamente brevi. Tutto questo per dire che la Vuelta, in partenza sabato da Malaga, è senza un logico favorito. Ognuno ha un ‘ma’ che lo separa, più o meno sottilmente, da un pronostico favorevole netto. C’è Quintana, che la Vuelta (come del resto Aru e Nibali e il compagno di squadra Valverde, altro da tenere d’occhio) l’ha già vinta, ma il Tour (salvo una sporadica anche se affascinante impresa), ha ridotto da condor a passerotto. C’è Richie Porte, alle prese con talmente tanti imprevisti, l’ultimo al Tour, dove partiva tra i favoriti ma è caduto, da lasciare ipotizzare un difetto di capacità nella condotta di corsa. Ci sono i gemelli Adam e Simon Yates, forti ma ancora non del tutto affidabili sulle tre settimane: tra i due Simon, al netto della crisi terrificante al Giro nel giorno del Colle delle Finestre, sembra il cavallo su cui puntare con più decisione. Detto che si rivedrà il francese Thibaut Pinot, uscito disisdratato e devastato dal Giro tanto da dover lasciare perdere il Tour, c’è attesa per il colombiano Miguel Angel Lopez: terzo al Giro d’Italia, esplosivo in salita, ha nel percorso un alleato. Un paio di emergenti spagnoli infine: Enric Mass della Quick Step Floors e David De La Cruz: soprattutto per quest’ultimo la citazione va in automatico oltre che per il buon talento, anche per il fatto che il Team Sky punterà su di lui e che la corazzata britannica ha inanellato in serie gli ultimi 4 grandi giri (Tour 17 e 18, Vuelta 17 e Giro 18).
Insomma, incertezza che dovrebbe garantire quello spettacolo che non dovrebbe mancare neanche nella caccia alle singole tappe. Per queste c’è il campione del mondo Peter Sagan, quello europeo Matteo Trentin e l’uomo che ha vinto più di tutti quest’anno (15 corse), il campione italiano Elia Viviani. Tre settimane sulla carta molto impegnative. Gli organizzatori per creare pathos hanno movimentato con qualche salita quasi tutte le tappe. Ben 46 GPM, 51 salite spalmate su 21 tappe. Decisiva la terza e ultima settimana, con la crono di 32 km di Torrelavega, l’arrivo ad Andorra (Coll de la Rabassa) e una tappa breve ma micidiale: 97 km con 3 GPM di prima categoria, uno di seconda e uno di terza prima dell’arrivo a Coll de la Gallina, ultimo bivio per la vittoria prima della passerella finale di Madrid.