Sessanta anni, l’età giusta per sedere sulla panchina dell’Italbasket. È quella di Luca Banchi, chiamato da Gianni Petrucci a sostituire Pozzecco alla guida degli azzurri. È carico, il tecnico nato a Grosseto, alla vigilia della sfida che domani a Tortona vedrà iniziare la corsa verso i Mondiali del 2027 di Doha con la prima partita di qualificazione contro l’Islanda.
Banchi, poche ore e si comincia? Che sensazioni prova?
«Molto positive, è l’inizio di un nuovo percorso. Lo spirito del gruppo è quello di cui avevo sempre sentito parlare. Ragazzi che vogliono la maglia azzurra, felici di stare insieme. Di tempo a disposizione ce ne è poco, lo sappiamo e affrontiamo l’Islanda che ha 9 dei 12 convocati che erano insieme all’Europeo mentre noi siamo un gruppo diverso. Insomma siamo a due poli opposti. Impostare subito un’idea di gioco è difficile. Ma sento la grande partecipazione di tutti e tanto interesse. E questi sono concetti non negoziabili che ci daranno forza».
Si è fatto un’idea sul perché tanti giovani per giocare decidono di andare all’estero? Anche Suigo, 220 centimetri classe 2007, ha passato la frontiera per essere protagonista al Mega Basket in Serbia.
«È una cosa che fa riflettere ma parlare di fuga mi sembra eccessivo. L’esperienza all’estero arricchisce. L’ho fatto anche io allenando, accettando poi di tornare in Italia. Il livello da noi è alto e ci sono anche casi opposti di ragazzi non italiani, ma formatisi da noi, come Ellis ed Eboua, protagonisti in Serie A. Librizzi, Pajola, Assoui, Niang, Diouf e altri hanno spazio e giocano. Casarin a Cremona sta tornando protagonista e ora è con noi. Garavaglia e Suigo hanno fatto una scelta diversa, apprezzabile, che non toglie valore a ciò che si fa in Italia».
La A2 potrebbe essere veramente il campionato utile a far da trampolino?
«Credo di si. Meno stranieri e livello alto. Ho convocato Ferrari, lo merita. E lo merita Cividale, un club che ha un ottimo coach come Pillastrini e un progetto dove i giovani trovano spazio».
A Donte DiVincenzo pensa?
«Ho in programma un viaggio negli Usa. Vorrei incontrarlo per guardarlo negli occhi. La FIP in estate si era mossa benissimo per il passaporto, poi un infortunio l’ha messo fuori gioco. Voglio andare in America per capire la possibilità di averlo nelle finestre estive. E poi incontrare Fontecchio che a Miami sta facendo benissimo e Gallinari. Lui può essere il nostro ambasciatore al di là dell’Oceano. E ci sono i tanti nostri giovani che giocano al college, nella NCAA».
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