Rafael Nadal, una nuova vita dopo il tennis: “Quella fase è chiusa, oggi ho trovato la felicità”


Rafael Nadal ha cambiato radicalmente il ritmo della sua vita. Sono finite le sveglie all’alba, le infinite sessioni di allenamento, i voli continui e quella routine totalizzante che il tennis professionistico impone senza sconti. Al loro posto ci sono pannolini, asilo, impegni familiari, riunioni e nuove opportunità imprenditoriali. A oltre un anno dal ritiro, il maiorchino si gode la calma di chi osserva il gioco dall’esterno, un cambiamento a 180 gradi che accoglie con serenità, avendo ridefinito completamente le sue priorità.

In una lunga intervista concessa ad AS, Nadal è stato chiaro: non esiste più un Rafael Nadal tennista. Quella fase è definitivamente chiusa. «Ho trovato la felicità», racconta, spiegando di aver vissuto un anno intenso, ricco di esperienze e soprattutto di piacere nel farle. Il tennis resta un ricordo indelebile, ma non è più il centro dei suoi pensieri. «Non vivo pensando che sono stato un tennista. Il ricordo ci sarà sempre, ma non penso più al tennis, se non in momenti molto puntuali all’Accademia», chiarisce con decisione.

Chiudere un capitolo, per Nadal, significa farlo senza rimpianti e senza spazio per i “what if”. Racconta un aneddoto emblematico: quando Marc López, ormai ritirato, gli confidava che forse avrebbe potuto ancora dire la sua tornando in campo, era proprio Rafa a fermarlo, ricordandogli che quella fase della vita era conclusa. Una mentalità che ha sempre contraddistinto il campione spagnolo. «Il fisico oggi dà quello che dà, e anche la testa», ammette. La racchetta, in questo ultimo periodo, l’ha impugnata solo un paio di volte, esclusivamente per fare da sparring a giovani giocatrici come Alina Korneeva e Alexandra Eala nella sua Accademia. «Senza aspettative, solo per aiutare», precisa.

Con il distacco che concede il tempo, Nadal ha anche analizzato le sue leggendarie rivalità con Roger Federer e Novak Djokovic, svelando alcuni aspetti tattici del suo gioco. Contro Federer il piano era chiaro: martellare il rovescio con traiettorie alte e cariche, fino a logorarlo mentalmente, per poi cambiare improvvisamente direzione verso il dritto. Una strategia dispendiosa anche per lui, ma la più efficace. Contro Djokovic, invece, il discorso era diverso. «Con Novak era tutto più aleatorio», spiega Nadal, soprattutto negli ultimi anni, quando la condizione fisica non gli permetteva più scambi prolungati. Da qui il tentativo di accorciare i punti e di essere più aggressivo al servizio, una soluzione che però non sempre ha funzionato, soprattutto sul cemento.

Guardando al futuro, Nadal non esclude del tutto un ritorno nel tennis sotto altre vesti, ma pone dei limiti molto chiari. Fare l’allenatore significherebbe tornare a viaggiare costantemente, una prospettiva che oggi non sente compatibile con la sua vita familiare. Diverso il discorso per un eventuale ruolo da capitano di Coppa Davis: «Perché no? Potrei divertirmi… o forse no», dice con il suo consueto pragmatismo, lasciando la porta socchiusa senza forzare i tempi.
Non manca chi lo immagina persino in politica, ma qui Nadal è netto: non si vede in quel mondo, che percepisce troppo segnato dalla conflittualità. Le strade davanti a lui, comunque, non mancano. Accademie, educazione, turismo: sono ambiti che lo interessano e a cui già dedica tempo, lasciando che il futuro si costruisca passo dopo passo.

Alla fine, resta il bilancio di una carriera irripetibile. Nadal guarda indietro senza nostalgia, ma con orgoglio. «Ho avuto una carriera molto lunga e sono stato molto felice. Ci sono risultati che ancora oggi mi sembrano incredibili: quando penso ai 14 Roland Garros… oppure agli anni consecutivi in top 10 nonostante gli infortuni. Di questo vado davvero fiero, perché parla di continuità e perseveranza». Un percorso che, come lui stesso conclude, «è valso la pena». E difficilmente qualcuno potrebbe pensare il contrario.

Francesco Paolo Villarico


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/

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