Il classe 2002 al ‘Corriere della Sera’ dopo il trionfo azzurro, terzo di fila e primo per lui: “A questo punto l’asticella va alzata, ma per gradi. Prima ho fatto la gavetta, poi sono stato protagonista. Sinner? Lui è sempre imprescindibile, in ogni cosa che fa. Alla Davis è scattato qualcosa, come se fossimo diventati invincibili”
LO SPECIALE COPPA DAVIS
La top 10, i messaggi della sua Roma, l’emozione della Davis. Flavio Cobolli si è raccontato al Corriere della Sera dopo il trionfo tutto azzurro, il terzo di fila e il primo personale per lui, con tanto di firma decisiva nel singolo contro Munar: “Non avevo mai provato un’emozione così grande – ha detto il classe 2002 -, e mai avevo mai sentito gridare il mio nome da uno stadio intero. Alla vittoria? Non ci ho capito niente. La coppa me l’ha rubata mio nonno, credo che stia facendo il figo con gli amici a Roma”. E poi tantissimi complimenti: “Daniele De Rossi mi ha scritto un messaggio bellissimo, mi hanno chiamato anche Bruno Conti e Antonello Venditti”.
Detto della sbornia di emozioni, c’è anche tanta logica nella testa di Flavio Cobolli: “La mia idea di dove vorrei arrivare ce l’ho chiara, nei top 10 – ha proseguito nell’intervista -. Non so quando, non so bene come, ma a questo punto l’asticella va alzata. Per stare dietro a Jannik e ai top player sono chiamato a colmare le mie debolezze. La mia carriera finora è avanzata a piccoli passi, sto maturando per gradi, senza fretta e senza strappi, come piace a me. Prima ho fatto la gavetta, poi sono stato protagonista, la strada va costruita”.
Cobolli è poi tornato sul successo tutto italiano: “Jannik è imprescindibile, in ogni cosa che fa. Non so cosa ci sia scattato dentro a Bologna. È una convinzione che è maturata strada facendo, cresceva una sensazione forte, come se fossimo diventati invincibili. Ognuno ha avuto il suo ruolo”. E infine: “Nella Davis ho capito che ci devono essere un attaccamento alla maglia e una voglia di vincere addirittura superiori alle tue qualità”.
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