Ultimo atto al Foro Italico: da una parte Sascha Zverev, dall’altra Nico Jarry. Il tedesco per il bis sette anni dopo la prima volta, il cileno per vincere il trofeo più importante in carriera. La finale è in diretta alle 17 su Sky Sport Uno, Sky Sport Tennis e in streaming su NOW
Correva la stagione 2019, era maggio come adesso, pioveva senza sosta, l’orologio ticchettava sempre più rumoroso verso il Roland Garros e Sascha Zverev e Nico Jarry avevano battagliato per tre ore in finale a Ginevra, in piena notte. Aveva vinto il tedesco 7-6 al tiebreak decisivo, salvando due match point e preoccupandosi, poi, più che di festeggiare la vittoria, di consolare lo sconfitto, in lacrime perché convinto di aver perso una partita che non sarebbe ricapitata più. Cinque anni dopo, Zverev e Jarry si ritrovano in finale, sempre sulla terra rossa, in una Roma che, più che eterna, per loro è il simbolo che a tutto si può sopravvivere e che tutto si può sopportare. Nella vita e nella carriera.
Sette anni fa, un Sascha appena ventenne irruppe, con prepotenza disarmante, nel gotha del tennis, ridimensionando, più che semplicemente sconfiggendo, un Novak Djokovic troppo brutto per essere vero. Un Novak Djokovic che, per intenderci, è un po’ sembrato quello visto al terzo turno contro Alejandro Tabilo. E proprio Tabilo è stato colui che ha rischiato di rovinare la festa di Zverev, regalandone piuttosto, una al Cile. Rimasto improvvisamente da solo, in un tabellone mutilato in partenza di Sinner e Alcaraz, Sascha è ricaduto nel vizio – o pregio, dipende dalla prospettiva – di portare il proprio cuore sulla manica, tremando, in modo disperato e umano, al pensiero di realizzare i propri sogni, che a volte è spaventoso più di tornare in campo dopo aver rischiato di rompersi il polso nei quarti di finale contro Fritz.
Se Zverev, in fondo, non ha mantenuto le promesse di quando, sotto i boccoli biondi e gli occhi di ghiaccio, si difendeva dalle delusioni con una maschera arrogante con la quale era difficile empatizzare, forse è proprio per questa emotività, controversa e a volte quasi fastidiosa, per la quale, nonostante 21 titoli ATP, di cui cinque Masters 1000, due ATP Finals e una medaglia d’oro alle Olimpiadi, non è ancora riuscito a vincere uno Slam. Lì, al Foro Italico, dove tutto è iniziato, Sascha può ripartire, dimenticando per sempre il terribile infortunio alla caviglia destra sofferto in semifinale al Roland Garros 2022 che gli costò tutto: il primo Major, la vetta nel ranking ATP e nove tra i migliori mesi di carriera. Non era così scontato che il tedesco tornasse in top 5 dopo un tale trauma, eppure è riuscito a rendere normalità una riabilitazione a tratti impossibile. E ci è riuscito così bene da non essere neanche stato votato come “Comeback player of the year”. Se dovesse vincere il titolo, Zverev salirebbe al secondo posto nella Race, dietro soltanto a un signore quasi imbattibile nel 2024 come Sinner. Chissà che non possa essere proprio Sascha il rivale di Jannik nella seconda parte di stagione.
Se Zverev ormai è uno specialista di saper ripartire dopo che ti crolla il mondo addosso – citofonare US Open 2020 per maggiori informazioni – anche Jarry ha masticato amaro, prima di tornare più forte di prima. Per tornare indietro alla finale di Ginevra 2019, smaltita la delusione in Svizzera, il cileno aveva finalmente il primo titolo ATP a Bastad. Poi, a fine stagione, la doccia fredda e la positività al doping dopo un controllo di urine durante la Coppa Davis di Malaga. Nonostante fosse riuscito a dimostrare che si trattasse di contaminazione avvenuta in Brasile e non di assunzione volontaria, Jarry aveva preferito patteggiare e scontare la “squalifica” di 11 mesi, considerato l’impatto avuto dal coronavirus sulla quotidianità nel circuito ATP nel 2020. La scelta, però, ha costretto il cileno a ripartire letteralmente da zero. Zero punti ATP, zero wild card, zero considerazione. Soltanto vita dura, durissima, di fatiscenti stanze d’albergo da Futures e di qualificazioni nei Challenger più sperduti. Dopo due anni di purgatorio, la rinascita: il rientro in top ten a febbraio 2023, poi i titoli a Santiago del Cile e a Ginevra, quella Ginevra che tanto era stata dolorosa nel 2019. Tra l’altro, anche prendendosi la rivincita su Zverev in semifinale. Da lì, tutto è stato formalità: il best ranking ritoccato mese dopo mese, la versatilità su tutte le superfici. Soprattutto, la consapevolezza di aver trovato continuità.
Nei precedenti Zverev conduce 4-2, ma entrambe le vittorie di Jarry sono arrivate sulla terra rossa. I due in comune hanno soltanto l’altezza: due metri e un centimetro il cileno, un metro e 98 il tedesco. Il tennis espresso, invece, è abbastanza diverso. Nico non disdegna chiudere il punto con buona volèe, tranne se nei momenti di tensione, mentre Sascha vanta un’agilità quasi inspiegabile se paragonata alla propria mole.
Sulla diagonale di dritto meglio Jarry, su quella di rovescio impossibile non scegliere Zverev. Non esistono finali già scritte, ma se esiste un fattore che, forse, sa dare un po’ di tranquillità in partenza, è l’esperienza. Per Sascha questa è l’11esima finale in un Masters 1000, per Nico la prima. Però se il cileno accetterà la sfida pensando di non aver niente da perdere e “convincendo” il tedesco che, al contrario, chi potrebbe uscirne con le ossa rotte è proprio lui, la sfida per il trono di Roma potrebbe essere meno scontata di quanto non ci si aspetta in partenza.
Il match tra Alexander Zverev e Nicolas Jarry, finale dell’ATP 1000 di Roma, è in programma domenica 19 maggio, ore 17, sul campo Centrale del Foro Italico di Roma. L’incontro sarà in diretta su Sky Sport Uno, Sky Sport Tennis e in streaming su NOW con telecronaca di Elena Pero e commento di Paolo Bertolucci.
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