Federer, laurea honoris causa in lettere dall’Università di Dartmouth

L’ex tennista ha ricevuto una laurea ad honorem nel prestigioso ateneo del New Hampshire e ha tenuto un discorso emozionante davanti agli 11mila studenti presenti: “Questa laurea rappresenta la mia vittoria più inaspettata. L’assenza dello sforzo è un mito. Il talento conta, ma servono anche grinta e coraggio. Nel tennis la perfezione è impossibile. Questo sport mi ha permesso di vedere il mondo, ma non è quello il mondo”

DA AGASSI A FEDERER, GLI EX N.1 CELEBRANO SINNER

Arriva un nuovo riconoscimento prestigioso per Roger Federer. L’ex tennista è stato insignito della laurea honoris causa in lettere umane dal rinomato Dartmouth College, prestigioso ateneo del New Hampshire. Il dott. Federer (per lui è la seconda laurea ad honorem dopo quella ricevuta anni fa dall’Università di Basilea) ha tenuto un discorso di laurea emozionante davanti agli 11.000 presenti. “Lezione di transizione, cosa ho imparato dal tennis“: una dissertazione di 25 minuti in cui Federer ha snocciolato la sua carriera in quattro punti. Lo sforzo, un punto, la vita, il dritto e il rovescio.

“L’assenza dello sforzo è un mito”

Non solo talento, ma anche tanto sforzo. È la prima lezione di Federer che si è soffermato sul duro lavoro, importante nella sua carriera per vincere 20 Slam e restare in vetta al ranking ATP per 310 settimane: “L’assenza dello sforzo, della fatica, è un mito – ha detto Re Roger – Non sono arrivato dove sono arrivato solo con il talento puro. Ci sono arrivato cercando di superare i miei avversari. Ho creduto in me stesso. Ovvio sì, il talento conta. Non starò qui a dirti che non è così. Ma il talento ha una definizione ampia. Nella maggior parte dei casi non si tratta di avere il dono, bensì si tratta di metterci grinta e coraggio“.

“Nel tennis la perfezione è impossibile”

Federer ha poi ricordato la finale di Wimbledon 2008 con Nadal, da molti considerato il match del secolo. “Sapevo che non avrei mai avuto un’altra possibilità di vincere per sei volte di fila quel torneo – ha spiegato – Se mi riguardo indietro mi sento come se l’avessi persa già dopo il primo punto. Nel tennis, la perfezione è impossibile. Delle 1.526 partite di singolare che ho giocato nella mia carriera, ho vinto quasi l’80%. Di punti ne ho vinti il 54%. Quando perdi un punto su due, in media, impari a non soffermarti su ogni tiro. I migliori al mondo non sono i migliori perché vincono ogni punto, ma perché hanno imparato ad affrontare i punti persi”. 

“Importante avere una vita oltre al lavoro”

Roger ha poi parlato della vita fuori dal campo: “Il tennis mi ha permesso di vedere il mondo, ma non è quello il mondo. È importante avere una vita oltre al proprio lavoro, è importante conoscere, avere amici, avere una famiglia. Tutti voi avete così tanto da dare e spero che troverete i vostri modi unici per fare la differenza”.

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