I graffi e il sorriso: i graffi, ancora freschi sul braccio di Sascha Zverev e il sorriso mentre alza al cielo il trofeo vinto agli Internazionali d’Italia sette anni dopo la prima volta. Dettagli che riassumono la carriera prima da predestinato, poi da guerriero di chi soprattutto ha avuto il grande merito di sapersi rialzare dopo il terribile infortunio al Roland Garros 2022 che aveva quasi rischiato di distruggergli la carriera.
Lo Zverev che vinceva Roma a 20 anni nel 2017 sembrava aver tutto per poter cannibalizzare il tennis: occhi di ghiaccio, servizio implacabile e nessun timore reverenziale davanti ai più grandi di sempre. Spesso, però, a mancargli è stata la freddezza di chi, davanti ai sogni, li domina e non si lascia dominare. Freddezza, che soprattutto, gli è mancata nel momento in cui, agli US Open 2020, a un turno di servizio dal primo Slam in carriera, ha tremato, tradito dalla paura di vincere più che di perdere. E quando sembrava che, una medaglia d’oro e due ATP Finals dopo, la maledizione fosse destinata a spezzarsi, ecco il crac di sette legamenti della caviglia, sul Philippe Chatrier, in semifinale contro Nadal.
Lo stop, obbligato. I dubbi per il futuro. Ma soprattutto, per Zverev, l’occasione di sfruttare quel tempo per leggersi dentro, rivelando di soffrire di diabete di tipo 1 e, nonostante tutto, di essere riuscito a superare anche questa sfida. Il sesto Masters 1000 di Sascha è un po’ una prima volta, da Roma a Roma. Una prima volta arrivata dopo mesi di dubbi e di fin troppe sconfitte in semifinale nei tornei importanti. Ma anche una prima volta di maturità, in un torneo nel quale, turno dopo turno, è stato in grado di gestire con serenità la pressione di essere il favorito. E adesso, alla vigilia di un incerto Roland Garros, tra gli eredi al trono di Nadal c’è anche lui. Per chiudere “una questione in sospeso”.
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