Arantxa Sanchez condannata a 2 anni per reati fiscali (ma non finirà in carcere)

Arantxa Sanchez può tirare un sospiro di sollievo. L’ex campionessa catalana da qualche anno sta “combattendo” una battaglia con la giustizia per gravi reati fiscali. Oggi il 25° Tribunale penale di Barcellona l’ha condannata a 2 anni di carcere per occultamento di beni e a pagare una multa di 6,6 milioni euro dopo essersi accordata con la Procura durante il processo. Non avendo altri precedenti ed avendo accettato l’accordo proposto, eviterà il carcere.

La pena iniziale richiesta dal Pubblico Ministero per la Sanchez era di quattro anni. Con la sentenza emessa oggi, la colpevolezza viene confermata, la pena ridotta in cambio del riconoscimento della colpa e dell’accusa all’ex marito, Josep Santacana, che invece è stato condannato a tre anni e tre mesi di carcere. La sentenza non è definitiva e può essere impugnata.

“L’imputata si è assunta la responsabilità dei fatti oggetto dell’accusa, riconoscendo la sua partecipazione agli stessi. Sanchez adduce, a giustificazione del suo operato, di non avere alcuna conoscenza relativa alla gestione del patrimonio e di essersi sempre affidata a terzi, prima ai suoi genitori, poi dalla data delle sue nozze, e precisamente da quando ha preso il controllo dei beni nel novembre 2009, a suo marito”, si legge nella sentenza, come riporta il quotidiano spagnolo El Mundo.

La magistratura ritiene “assolutamente provato” che sia stato l’ex marito della campionessa a “gestire il patrimonio della moglie da quando ne ha preso il controllo nel novembre 2009”, e che sia stato lui “ideatore ed esecutore materiale delle operazioni di depatrimonializzazione che comportavano l’impossibilità di pagare il debito contratto con il denunciante”.

Il caso risale al 2009, un anno dopo che l’ex tennista aveva sposato Josep Santacana. Nel dicembre dello stesso anno, la Corte Suprema respinse il ricorso della Sanchez e confermò la sentenza emessa dal Tribunale Nazionale nel 2003, ritenendo che l’atleta avesse stabilito la sua residenza in Spagna e non ad Andorra, come sosteneva. Nello specifico, l’ex tennista è stata condannata per mancato pagamento delle imposte sul reddito per cinque anni (tra il 1989 e il 1993, i suoi anni d’oro da giocatrice) in cui ha affermato di vivere ad Andorra. Fu allora che la Banca del Lussemburgo pretese la restituzione del denaro che gli aveva prestato sotto forma di controgaranzia per affrontare il processo giudiziario e la successiva sentenza, che finì per ammontare a 6,6 milioni compresi gli interessi.

Secondo la versione della campionessa, Santacana l’ha convinta a non pagare il debito in quel momento nonostante potesse farlo: “Volevo pagare, ma lui mi ha detto di no. Mi fidavo di lui. Me ne pento”. Parallelamente, i suoi conti furono svuotati e i suoi beni immobiliari in Spagna furono venduti. I conti nei paesi dell’America Latina e in Svizzera sono passati di mano a società fantasma con l’aiuto di un prestanome. Una manovra ben orchestrata per eludere il fisco iberico, ma che non ha funzionato.

La faccenda è arrivata ad una conclusione grazie all’ammissione di colpa di Arantxa: ha riconosciuto i fatti e ha raggiunto un accordo con la Procura per evitare il carcere. “Me ne pento, ho commesso un errore. Non sapevo come gestire la cosa, mi sono solo dedicata al tennis. Ho sempre avuto fiducia nelle persone intorno a me e in quel momento era mio marito al mio fianco,” ha dichiarato tra le lacrime davanti al Tribunale di Barcellona.

Grazie a questa sentenza, Sanchez rientra anche in possesso di denaro e altri beni che erano stati temporaneamente confiscati a garanzia, ma adesso dovrà restituire (insieme a Santacana) il resto della somma pattuita, 6,6 milioni di euro più interessi, alla Banca del Lussemburgo.

Mario Cecchi


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