S’è ormai capito che quest’anno la Ferrari avrà come massimo obiettivo il piazzamento per il quale a fine 2022 fu dimissionato Mattia Binotto: il secondo posto. La SF-24 potrà fare passi avanti, magari già a Imola, ma il colpo del pacchetto di sviluppo ce l’hanno in canna anche McLaren e Mercedes. Quanto alla Red Bull, non c’è trippa per gatti.
E prepariamoci anche ad abrasivi confronti tra Charles Leclerc e Carlos Sainz che saranno pure professionisti e ragazzi di buone maniere, ma non due santi.
Non si può cancellare che la Ferrari abbia dato il benservito a Sainz per prendere Lewis Hamilton, e abbia messo a piedi l’uno con il placet dell’altro, cioè Leclerc. Si vuole forse che Carlos nutra gratitudine nei confronti del compagno? E siccome quest’anno lo spagnolo ha reso più del monegasco quattro volte su cinque (emergendo come un gigante addirittura nel GP saltato, visto che era ai box il giorno dopo l’intervento di appendicite), si pretende forse che il Predestinato sia lieto quando si mette in luce il Precestinato? Chiaramente la risposta è no. Dalle parti di Maranello circola anche un’interpretazione particolarmente maliziosa: che Leclerc abbia accolto di buon grado l’arrivo di Hamilton dal quale sarebbe indolore prenderle – Lewis è pur volte un sette volte campione – mentre da Sainz, ecco, la cosa duole.
Ecco perché sabato nella gara Sprint, in curva 1, Sainz ha furbescamente ritardato l’entrata in curva uno, in modo da spingere verso l’esterno Leclerc (via radio: «Lotta più con me che con gli altri!»). Ed ecco perché domenica nel gran premio Leclerc ha furbescamente ritardato l’entrata in curva 1, in modo da spingere verso l’esterno Sainz (dopo il GP: «Gara folle, la lotta in partenza ci è costata molto»). E dire che dopo il primo episodio Charles aveva detto: «Tutto ok, ci siamo chiariti». Un dente per dente senza lo spazio tra due parole: perdente. Ma funziona così, è inevitabile. «Non conosco i loro contratti ma una perdita di controllo di Sainz andava messa in conto già a inizio stagione, e Vasseur non può farci niente» spiega Cesare Fiorio dal suo buen retiro pugliese nella Masseria Camarda. Lui ne ha vissuti di scontri del genere. Nel 1990 a capo della Ferrari dovette gestire Alain Prost e Nigel Mansell che se le davano di santa ragione, e prima ancora nei rally con Fiat e Lancia (tra fine anni Settanta e gli Ottanta) s’era misurato con Walter Rohrl e Markku Alen, Juha Kankkunen e Miki Biasion.
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