Gallinari verso Porto Rico: “La mia voglia batte l’età. Futuro? Ancora Nba”

Due anni dopo in Nazionale, due anni dopo l’infortunio, al ginocchio con conseguente operazione, ennesimo tributo alla malasorte e alla canotta azzurra. Ma la presenza di Danilo Gallinari non può sorprendere, nemmeno a quasi 36 anni (li compirà l’8 agosto). Perché il Gallo quando ha potuto c’è sempre stato. e ieri ha preso l’aereo per San Juan di Porto Rico.

Gallinari, come si sente? Anche a 35 anni e dopo una stagione Nba difficile per le situazioni vissute, lei ha detto sì.
«Mi sento benone, sono pronto. I 35 anni non contano, la voglia di giocare a pallacanestro prevale sempre, così come sono sempre stato disponibile quando ho potuto».

Dicevamo, una stagione Nba difficile per i cambi di franchigia.
«Sì, difficile per vari motivi. A Washington e a Detroit l’indirizzo societario era diverso, puntavano alla futura ricostruzione. A Milwaukee pensavo di avere un altro ruolo, ne avevamo parlato. Ma poi abbiamo avuto infortuni, non siamo mai riusciti a ritrovarci al completo. Insomma, cambiare tre città, con una famiglia, è stato difficile».

Ma la sua priorità rimane la Nba.
«Certo, mi sento ancora di poter avere un ruolo, dare tanto. Ai primi di luglio firmeranno i free agent più importanti, poi valuteremo le offerte. Cerco ancora una squadra di grande ambizione».

Eppure a Milano la aspettano ancora, gli appassionati e l’Olimpia.
«È dura, è dura. Anche quando torno per un breve periodo a Milano e vedo gli amici, avverto l’affetto camminando per strada, è sinceramente dura. Però per questo anno dovranno e dovremo aspettare».

Martedì comincia il Preolimpico azzurro contro il Bahrain: cosa le piace di questa Nazionale ritrovata dopo due anni?
«Lo spirito, la chimica che c’è. È sempre un piacere stare con questi ragazzi, in campo e fuori. Poi da qualche anno giochiamo assieme, ci si conosce a memoria. E dunque ci si ritrova facilmente».

La Lituania potrebbe essere la finalista a San Juan. Lei conosce bene Domantas Sabonis, lo ha affrontato. Ce lo racconti.
«È un giocatore molto fisico, ha impatto nonostante non sia molto alto. Ha potenziale importante, tecnicamente completo, porta pure palla. Colpisce in area, ma ha anche un buon tiro dalla distanza, ha più dimensioni. E soprattutto sa passare molto bene la palla, questo è nel Dna famigliare di papà Arvydas. Insomma in attacco è davvero molto pericoloso, dovremo difendere di squadra, ma avendo un fenomeno come Nicolò Melli sarà più facile. In difesa invece è attaccabile, anche perché dà molto in attacco».

Restiamo nella Nba, le sue impressioni sulla scelta di Bronny James da parte dei Lakers.
«È una storia bellissima. Vedere il figlio che gioca con il padre sarà un’emozione per tutti. Eppoi io l’ho seguito un po’ nel Draft combine a Chicago e ha fatto bene. Insomma, Bronny ha qualità».

La pressione però sarà tutta sulle spalle del ragazzo, che già ha dovuto superare i noti gravi problemi di salute.
«Sì, avrà pressione, ma è difficile valutare, bisognerebbe conoscere bene il ragazzo. Bronny ha un vantaggio: il papà, LeBron è abbastanza irraggiungibile eh».

Quattro francesi scelti al primo giro del Draft (Risacher, Sarr, Salaun nei primi 6, più Dadiet), 20 non statunitensi (più Buzelis, di origini lituane) su 58 chiamati. E gli ultimi 6 premi di Mvp sono andati a stranieri. La Nba è sempre più globale, è diversa da quella in cui lei arrivò nel 2008 scelto al n. 6 da New York.
«Sicuramente. È cambiata in tutto e per tutto. All’epoca si guardava ai giocatori internazionali come bianchi, tecnicamente dotati, bravi a tirare e stop. Incapaci di difendere. Ora grazie a quanto mostrato i giocatori internazionali sono cercati e noi siamo rispettati anche in campo dai giocatori statunitensi».

Lei ha già giocato alle Olimpiadi di Tokyo e fino ai quarti. Andare a Parigi cosa significherebbe?
«Sarebbe un sogno e, vista l’età, è la mia ultima possibilità. Ho giocato a Tokyo un’edizione particolare, in epoca covid, senza pubblico. A Parigi sarebbe super. E nel mio caso sarebbe anche una sorta di premio per le otto estati in cui ho dovuto rinunciare alla Nazionale perché rotto. Direi di essere un po’ in credito con la sorte. E sarebbe bellissimo dividere le mozioni con gli altri tanti campioni azzurri, per tutti cito Gimbo Tamberi con cui c’è una lunga amicizia».


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/basket

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