WTA Finals 2024 in Arabia? Pareri contrastanti tra Jabeur e Navratilova

31 milioni di dollari. A questa somma ingentissima secondo la BBC ammonta la perdita sofferta dalla WTA con le ultime due edizioni delle Finals femminili, due eventi organizzati tardi, male, che hanno scontentato tutti. Secondo varie indiscrezioni, questa situazione paradossale è venuta perché il tour rosa era pronto a far sbarcare l’evento in Arabia Saudita, ma alla fine sia nel 2022 che nel 2023 non si è arrivati alla fumata bianca per la forte resistenza di molte giocatrici e anche di alcuni partner, che non vorrebbero legare il proprio nome ad un paese nel quale i diritti civili per donne sono ancora terribilmente indietro rispetto al mondo occidentale.

Intanto in Arabia Saudita si è da poco conclusa la prima edizione delle NextGen Finals, con un bilancio agrodolce. Discreti risultati sportivi, con match di un certo interesse, ma spalti vuoti e ritorno mediatico modesto. Certo, l’evento U21 ATP non è minimamente vicino alle vere Finals, ma se ricordiamo l’impatto del torneo (soprattutto le prime 4 edizioni) svolte a Milano, la differenza è lampante. Tuttavia nel mondo dello sport il peso del denaro è sempre più preponderante, quindi è molto probabile che alla fine i sauditi vincano le ultime resistenze e riescano a portare prima le Finals WTA, magari già dal 2024, quindi quelle ATP, dal 2028 o eventualmente al termine di un secondo quinquennio a Torino.

Il presidente della Saudi Arabian Tennis Association, Arij Almutabagani, ha commentato alla tv nazionale britannica: “Ci piacerebbe che l’evento NextGen durasse per molti anni, e siamo interessati alle Finals WTA”. Per quanto riguarda il tema dell’oppressione delle donne, Almutabagani ha sottolineato che il suo paese non è così lontano da quel che si assisteva in passato anche in Europa. “Siamo in quinta marcia al momento, in realtà tutto si sta muovendo molto rapidamente. Abbiamo solo bisogno del tempo per la transizione.”

Queste parole non sono abbastanza per convincere Martina Navratilova sulla convenienza del far disputare dai sauditi le WTA Finals: “Ci sono ancora troppe leggi che dicono che le donne in Arabia Saudita non hanno gli stessi diritti degli uomini”, ha detto la 67enne. “Da quello che ho letto, le cose sono sicuramente migliorate, ma c’è ancora molta strada da fare. Mi piacerebbe vedere qualche cambiamento più significativo prima di dire che per noi donne va bene. Adesso dire di sì sarebbe come vendere la tua anima solo perché è finanziariamente attraente. No, non posso sostenerlo adesso.

La WTA al momento nicchia, non si esprime, ma nell’ambiente c’è la sensazione che il 2024 potrebbe essere l’anno dell’OK alle Finals a Jeddah. La discutibile conclusione dell’embargo ai tornei in Cina lo sta a dimostrare: prima Steve Simon e la WTA hanno tenuto una linea intransigente sul caso Peng, per quindi tirarsi indietro e riportare di nuovo il tour in Cina nonostante la situazione della ex tennista cinese non sia stato affatto chiarita. Il peso dei mancati introiti per l’assenza dei tornei nel gigante asiatico è stato più forte di ogni ideale, reale o presunto…

È interessante e curiosa la posizione di Ons Jabeur, tennista appartenente al mondo arabo e sostenitrice dei diritti delle donne: “Credo nell’Arabia Saudita: sta facendo un ottimo lavoro dando alle donne più diritti”, ha detto la tunisina. “È ora di cambiare le cose. Ora o mai più. Spero che investano davvero nella WTA”. In pratica per Ons portare le Finals in Arabia sarebbe un segnale reale di apertura e voglia di cambiamento. Ma nel caso si arrivi all’accordo, le cose nel paese cambierebbero davvero? Quanto un evento sportivo così rilevante di uno sport individuale che è il manifesto della donna indipendente, che vive, gira il mondo e guadagna, potrebbe spingere i diritti civili?

Marco Mazzoni

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