Schwartzman, crisi senza fine

Per chi ha ancora negli occhi l’eccezionale prestazione di Schwartzman agli Internazionali d’Italia 2020, quando sconfisse niente di meno che El Rey Rafa Nadal sull’amato rosso, o tante altre splendide vittorie dell’argentino, è incredibile constatare la crisi nerissima nella quale Diego è sprofondato da molti mesi. Il 31enne albiceleste ha perso all’esordio anche a Pechino, battuto da Zverev. Un pessimo avversario per iniziare un torneo, ma Schwartzman si è fermato al primo turno quest’anno per ben 15 volte. Sommando anche i suoi ultimi 4 tornei del 2022 (tutte sconfitte all’esordio), sono ben 19 le “grandi L” subite nel primo match dei suoi ultimi 28 eventi disputati. Davvero una miseria per un giocatore che grazie a due gambe formidabili e tanta intensità è stato in grado battere i migliori giocatori, issarsi al n.8 del ranking ATP e vincere 4 tornei.

Attualmente è al n.133 della classifica mondiale. Il nativo di Baires è sprofondato in una crisi così profonda, sia tecnica che di fiducia, che non sarà per lui affatto facile uscirne e ritrovare una condizione accettabile, degna del suo ottimo talento. Ha certamente fatto molta fatica ad arrivare nel grande tennis, c’è una parte di usura fisica e mentale importante, ma è davvero singolare assistere ad un crollo così fragoroso in soli 18 mesi.

È uscito all’esordio nei tornei di Tel Aviv, Anversa, Vienna, Parigi Bercy, Auckland, Cordoba, Buenos Aires, Rio de Janeiro, Santiago del Cile, Phoenix, Estoril, Madrid, Cagliari, Roma, Lione, Washington, New York, Zhuhai e Pechino. Il miglior risultato del “Peque” nel 2023 è stato il terzo round del Roland Garros, dove ha perso contro il greco Stefanos Tsitsipas. Il suo bilancio è un misero 9-22.

Nel ranking dello scorso 3 ottobre era n.17, e dal marzo 2018 a fine 2022 era sempre stato tra i migliori 25 al mondo. In più interviste, già dallo scorso autunno, ha parlato dei suoi problemi e soprattutto della terribile frustrazione per l’incapacità di invertire la rotta, nonostante a suo dire non abbia affatto diminuito intensità e qualità del lavoro. Afferma di giocare ancora un buonissimo tennis in allenamento, ma in partita niente funziona.

È di pochi giorni fa la notizia della rottura del rapporto di collaborazione con il suo allenatore, il connazionale Juan Ignacio Chela. In precedenza, a New York, aveva tracciato un bilancio durissimo della sua situazione, dopo l’ennesima battuta d’arresto al primo turno contro il francese Arthur Rinderknech. “Provo sentimenti molto brutti, in tutti i sensi: nel tennis, nella concentrazione, nell’atteggiamento. Negli Slam dove di solito trovo buon gioco sono stato scandaloso, qua la mia peggior partita. È un brutto anno e questa partita è stata coerente con la stagione”, ha affermato con brutale franchezza al magazine argentino El Grafico. “Mi è davvero difficile ritrovare buone sensazioni. L’anno è brutto, ho perso molte posizioni in classifica e non mancano più molti tornei per invertire la rotta. Speri sempre di scendere in campo e fare clic, riaccendere la luce e sentirti di nuovo bene in partita, ma oggi come negli altri eventi ha vinto la frustrazione. Se scendo in campo con un atteggiamento negativo, si complica tutto”. Un’analisi davvero franca e dura della propria situazione, che gli fa onore ma che non lascia affatto tranquilli per il suo futuro sportivo.

Diego ha raccontato in passato la sua storia travagliata, i tanti problemi economici che l’hanno fatto esplodere tardi. La sua famiglia fu colpita duramente dalla crisi economica, che coincide con l’infanzia del tennista. Gli Schwartzman, membri della buona borghesia della capitale, attivi in vari settori commerciali, persero tutto e tirare avanti divenne difficile, ancor più sostenere il sogno sportivo del piccolo Diego. La madre Silvana ha sempre creduto nella carriera del figlio, ha fatto grandi sacrifici ed economie su tutto, arrivando a produrre e vendere braccialetti di gomma durante le partite del figlio. “Erano due competizioni in una” ha raccontato El Peque al sito ATP, “Quando impari a vincerle entrambe, salvare una palla break o un match point è più facile”. Pochi soldi, e tanti che gli consigliavano di smettere vista la bassa statura. Niente, Dieguito è stato più forte di ogni difficoltà, e possiamo dire ce l’ha fatta. Anche per questo spiace oggi ritrovare un ragazzo così corretto e con una storia così complessa in una crisi così profonda. Animo Diego!

Marco Mazzoni


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