Mayar Sherif: “Il mondo si è mobilitato per l’Ucraina, assai poco per la Palestina, questo è razzismo”

La tennista egiziana Mayar Sherif accusa la comunità internazionale di scarso interesse e impegno per sostenere il popolo palestinese, alle prese prima con la dittatura del gruppo terrorista Hamas e quindi sotto il fuoco della guerra con Israele. Mayar ha parlato di questo e altri argomenti in un’intervista a Sebastian Varela di Clay, della quale riportiamo alcuni passaggi significativi.

“Pressione per rappresentare le donne arabe? Mi piace questo tipo di pressione. La generazione più giovane in Egitto mi guarda sempre, mi piace perché mi aiuta a spingermi oltre i miei limiti. Io cerco di essere più attiva, migliorarmi e dimostrare alle giovani che non c’è limite, che possono andare dove vogliono e che bisogna sognare. C’è già un esempio al miglior livello mondiale (Jabeur, ndr). Se vado in un circolo di tennis, sì, mi riconoscono e mi fanno molte feste. Ma il tennis in Egitto non è ancora così famoso, ed è un passo che voglio sfruttare di più, per far crescere questo sport nel mio Paese e nella mia regione”.

Sherif parla del messaggio di Jabeur nel corso delle WTA Finals, a sostegno della Palestina in quest’epoca di guerra: “Ciò che sta accadendo nel mondo non è normale. Ciò che sta accadendo a Gaza è molto triste. Non ci sono scuse, nessuna, per ciò che Israele sta facendo al popolo palestinese. Non ci sono scuse nemmeno per l’oppressione, l’occupazione illegale, tutte le aggressioni… tutto questo non è iniziato in ottobre, ma va avanti dal 1948. Succede spesso e tutti hanno chiuso gli occhi perché politicamente Israele è molto forte. Questo non è giusto. È un peccato vedere che la politica è più importante della vita delle persone, della sofferenza di tante persone, di tante vite umane in gioco. È così triste vedere che il potere e l’avidità contano più dell’umanità, delle persone, dei cuori”.

Mayar è molto vicina alla gente di Gaza e punta il dito contro la comunità internazionale: “No, non ho amici che vivono a Gaza. Anche in Egitto è una piccola comunità. Gaza è una prigione a cielo aperto, il che è molto triste, anche considerando che i palestinesi hanno diritto ad avere un loro Stato. La comunità internazionale? Ora forse la gente inizia a prestare maggiore attenzione a ciò che sta accadendo. Le persone che hanno sostenuto questa aggressione e questo fuoco insensato ora si nascondono. Abbiamo visto che il presidente francese (Emmanuel Macron) ha cambiato idea ed è uscito per dire il contrario, perché non è possibile non condannare le atrocità che si stanno verificando. Devi davvero essere razzista… Sì, questo è razzista. Abbiamo visto il mondo mobilitarsi per la guerra in Ucraina… e questo di Gaza è dieci volte peggio. Gli aiuti umanitari che stanno entrando a Gaza sono molto scarsi. Qual è la differenza tra il popolo ucraino e il popolo di Gaza? Vi dico: il colore degli occhi, il colore dei capelli e che alcuni sono musulmani e gli altri vengono dall’Europa“.

L’egiziana accusa anche la WTA di scarso impegno: “Ovviamente la WTA non ha preso la stessa posizione, perché politicamente il mondo non si è comportato allo stesso modo quando è successo con gli ucraini o poi ai palestinesi. La WTA ha raccolto fondi e donato denaro agli ucraini. Vai negli spogliatoi e trovi le spille dell’Ucraina per sostenerli… vediamo come reagirà la WTA adesso, dove si posizionerà la WTA. Perché adesso ci sono paesi che non ti permettono di avere bandiere palestinesi e non ti permettono di stare accanto alla Palestina. Ci sono calciatori che sono stati sospesi dalla propria squadra solo per aver parlato in difesa della Palestina. Si parla di democrazia, di libertà di espressione nei paesi più moderni del mondo, ma adesso questo non è permesso? Ora stiamo vedendo qual è la posizione del mondo reale”.

Nemmeno i suoi colleghi sostengono la causa palestinese, soprattutto per ignoranza sul tema: “Giocatori? No, non ne parlo con altri, perché molti non capiscono nemmeno cosa sta succedendo. Non mi piace entrare in politica, ma se qualcuno me lo chiedesse, ovviamente sì, ne parlerei. Ma la gente sa dove mi trovo. Lo dico molto chiaramente. Ons? Potremo fare qualcosa, forse dovrei contattarla per questo. Non so come poter aiutare materialmente, ma forse è una buona idea parlarne”.

Alcuni passaggi dell’intervista sono molto duri. Sherif vede la situazione con altri occhi rispetto al mondo occidentale, ma è innegabile la differenza di trattamento mediatico tra la guerra in Ucraina e quella in Medio Oriente. Situazioni che dovrebbero far riflettere.

Marco Mazzoni


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