Da Rovereto: Una missione di nome Uchida (con il programma di domani)

Tra i protagonisti del “Città di Rovereto” c’è il giapponese Kaichi Uchida. Nonostante qualche problema di salute e un carattere molto introverso, punta deciso ai top-100 grazie al sostegno di un coach argentino, che lo segue come un’ombra da dieci anni e ha mille storie da raccontare. Zeppieri parte col piede giusto, Serafini lotta ma cede al fotofinish.

“Per me è come un figlio”. Poche parole svelano tante cose. Per esempio, i sentimenti di coach Norberto Valsecchi nei confronti del suo allievo Kaichi Uchida. Parole che introducono una gran bella storia di tennis. Una storia nascosta alla narrativa mainstream, ma che merita di essere raccontata. Qualche ore prima, il giapponese aveva raggiunto i quarti agli Internazionali di Tennis – Città di Rovereto (73.000€, Play-It) vincendo un match complicatissimo contro l’ex top-50 Peter Gojowczyk. Punteggio schizofrenico, 1-6 6-1 7-6, ma non così sorprendente dopo aver conosciuto meglio la realtà di Uchida. “È stato un match molto duro, anche perché non ho servito bene – ha sussurrato il 28enne di Osaka – non c’era ritmo, a un certo punto ho provato soltanto a tenere in campo più palle possibili”. Dopo aver fallito tre matchpoint sul 6-5 del terzo, in un game di ben 26 punti, ha dominato il tie-break. Salvo sorprese, nei quarti se la vedrà con il numero 1 del tabellone e favorito del torneo, Jurij Rodionov. Nonostante sia il numero 4 del Giappone e sia ormai stabile tra i top-200 ATP, Uchida è poco più che un carneade. Non possiede una biografia sul sito ATP, le ricerche online non danno esito e il suo account Instagram è prevalentemente in giapponese. Eppure lavora da una vita con lo stesso coach, un argentino che da 30 anni risiede negli Stati Uniti e lavora presso la IMG Academy di Bradenton. Un argentino con una vasta carriera alle spalle, e che negli ultimi quindici anni si è specializzato in tennisti giapponesi. Sono passati tra le sue mani Kei Nishikori, Yoshihito Nishioka e Yasutaka Uchyama. “È frutto di una partnership tra l’accademia e il colosso Sony, che pesca i migliori giapponesi di 14 anni e li porta negli Stati Uniti” racconta Valsecchi, 57 anni e una passione travolgente per il suo lavoro. “La particolarità di Kaichi è che non è arrivato a Bradenton tramite Sony, bensì dopo aver firmato con IMG. Io credo che abbia un talento spettacolare, il suo rovescio è poesia”. In effetti possiede una soluzione bimane che ricorda quella dell’illustre connazionale Nishikori. Ma Uchida ha un problema: gli è stato diagnosticato l’ADHD, un deficit di attenzione che talvolta può avere sintomi particolarmente fastidiosi, facendo pensare a problemi ancora peggiori. E invalidanti, per un professionista del tennis.

QUELLA MAIL DELLA MADRE
Enorme promessa, è stato numero 3 nella classifica mondiale Under 18: ha raggiunto i quarti all’Australian Open e le semifinali allo Us Open, oltre ad aver giocato la finale al World Super Junior Tennis Championships. Avversario, un certo Nick Kyrgios. “L’ha giocata alla pari, il suo livello è quello. Se volete, si trova su Youtube” dice Valsecchi, che per Uchida ha lottato duramente. Il giapponese è stato anche una fonte di litigio con Pat Harrison (padre di Ryan e Christian), ex gestore dei coach all’IMG Academy, il quale non credeva troppo in lui. In effetti, l’approdo tra i professionisti è stato traumatico: ha vinto appena tre partite nel primo anno tra i professionisti. “Conservo ancora la mail della madre che ringraziava per la sua prima partita vinta” dice Valsecchi, che vanta esperienze straordinarie. Dopo aver lavorato per anni presso la più importante accademia in Argentina degli anni ’80 (diretta da Jorge Todero e Francisco Mastelli), è stato sparring partner di Alberto Mancini negli anni d’oro di “Luli”, poi si è spostato negli Stati Uniti. Ha allenato tantissimi giocatori e giocatrici, tra cui spiccano Daniela Hantuchova e Paul-Henri Mathieu. Valsecchi è un torrente di racconti e aneddoti, ma adesso ha in mente soltanto Uchida. “Quando lui è nato mi trovavo con Mancini al club La Meridiana di Modena – dice, ricordandosi di essere in Italia – adesso vive a casa mia a Sarasota e non è sempre facile comunicare con lui. Non parla troppo bene l’inglese (anche se lo ha migliorato), ed è difficile cancellare le sue convinzioni: per esempio, era certo di non poter giocare sulla terra battuta. È finita che l’anno scorso ha vinto un Challenger a Oeiras, battendo ottimi specialisti. Anche oggi non riusciva a servire bene e il primo set è volato via in un attimo”. Alla sua condizione, Uchida accompagna un carattere particolarmente timido. Guarda spesso il cellulare, tende a stare a testa bassa. Non deve essere facile seguirlo giorno dopo giorno, da anni, eppure Valsecchi sprizza entusiasmo da tutti i pori. “Per me la scommessa è già vinta, perché è stato intorno al numero 150 ATP (oggi è n.195, ndr), però con il suo talento vorrei che arrivasse ancora più in alto”.

L’INCREDULITÀ DEI TEDESCHI
E il diretto interessato cosa dice? “Il mio obiettivo stagionale è giocare il tabellone principale di uno Slam. In tanti anni di professionismo non ce l’ho mai fatta. Al futuro non penso troppo, provo a vivere giorno dopo giorno, cercando di diventare un tennista migliore. Certo, mi piacerebbe entrare tra i top-100”. Si è avvicinato al tennis all’età di 5 anni perché c’era un tennis club a “due minuti di strada” da casa e il padre (insegnante) gli aveva proposto di giocare. Quando gli chiediamo se è difficile essere un tennista in Giappone, ha un sussulto. “Non credo che sia un vantaggio, perché non ci sono tornei. Se vuoi intraprendere l’attività internazionale devi andare in Europa o in America. Vantaggi? Forse è più facile ottenere degli sponsor…”. Allude anche alle leghe nazionali, che pagano molto bene e non sono certo un incentivo a uscire dal Paese. Inoltre non si sposano con l’attività professionistica, perché chi vi prende parte deve tornare in Giappone tre volte all’anno. Il legame col suo Paese è ancora molto forte, a maggior ragione dopo essere entrato nel giro della Coppa Davis. Anche questo passaggio è emblematico del rapporto con Valsecchi. “Quando Go Soeda è stato nominato capitano del team giapponese mi ha detto che lo avrebbe voluto convocare. Io gli ho dato tutto il mio sostegno e l’ho invitato nel box a vedere il match al torneo ATP di Tokyo, poi gliel’ho affidato per un camp di qualche settimana. Avevo proprio bisogno di una vacanza dopo tanti anni in giro per il mondo…”. Adesso sono ripartiti a caccia di un traguardo che avrebbe del miracoloso, e che è stato reso possibile soltanto dalla tenacia di un 57enne argentino che non conosce la rassegnazione. “L’episodio che racconta meglio Kaichi risale a qualche anno fa, al Challenger di Koblenz – conclude – perse 6-0 il primo set contro Zapata-Miralles. Dieci minuti di gioco, un disastro. Il pubblico se ne è andato, riversandosi sull’altro campo, non si capacitavano di quanto fosse debole. Quando li ho rivisti a fine partita e ho detto loro che aveva vinto, non ci potevano credere. Ho ancora in mente la loro espressione basita”. Un po’ come è successo oggi a Rovereto. Un po’ come accade sempre nella curiosa carrera di Kaichi Uchida. E del suo coach-papà.

L’ITALIA SI AFFIDA A ZEPPIERI. SERAFINI, CHE PECCATO
Per avere un giocatore italiano nei quarti, il pubblico di Rovereto si aggrappa a Giulio Zeppieri. Il ragazzo di Latina ha confermato il suo ottimo stato di forma: reduce dalla vittoria a Cherbourg, ha vinto la sua sesta partita di fila battendo Gianmarco Ferrari in un derby tutto italiano. Nonostante sia più giovane di un anno rispetto al toscano, vanta una maggiore esperienza in tornei di questo livello e l’ha fatta valere con un rapido 6-1 6-3. Il match è durato meno di un’ora, al punto da costringerlo a una durissima sessione di preparazione atletica: dopo il match, il suo preparatore Massimiliano Pinducciu lo ha portato con sé in palestra e lo ha fatto lavorare per due ore. Al secondo turno se la vedrà con il qualificato britannico Charles Broom. C’è un pizzico di rammarico per Marcello Serafini: dopo la rimonta al primo turno contro Matteo Gigante, stava per ripetersi contro il belga Gauther Onclin. Il romagnolo è rimasto in campo per più di due ore e si è arreso col punteggio di 6-4 2-6 7-5. Nel terzo set si è trovato in svantaggio 4-1 (con doppio break) e ha saputo ricucire il punteggio, vincendo quattro game di fila. Contro Gigante aveva portato a casa il quinto, mentre stavolta si è bloccato sul più bello. Nell’ultimo game si è trovato 0-40 sul servizio del belga, ma non è riuscito a trascinare la partita al tie-break. Per lui rimane un’ottima esperienza: ha passato per la prima volta il primo turno in un Challenger e ha giocato alla pari contro un avversario che lo precede di quasi 300 posizioni. Classe 2002, ha confermato di aver meritato la wild card e trarrà fiducia da questa esperienza. La buona notizia è che possiede notevoli margini di miglioramento: il suo tennis si fonda su un ottimo rovescio bimane e una strategia a tutto campo, ma si vedono potenzialità di crescita in tutti i fondamentali. Nella giornata di giovedì, il tabellone si allineerà ai quarti di finale: da seguire l’impegno di Jurij Rodionov (opposto a Jan Choinski, giocatore in gran forma) e il match serale, il cui il beniamino dei roveretani Marius Copil sfiderà il francese Antoine Escoffier.

Campo Centrale – Ora italiana: 10:00 (ora locale: 10:00 am)
1. [LL] Evgeny Donskoy vs [4] Zdenek Kolar
2. [3/WC] Giulio Zeppieri vs [Q] Charles Broom (non prima ore: 11:30)
3. [3] Marek Gengel / Zdenek Kolar vs Li Tu / Kaichi Uchida
4. [1] Jurij Rodionov vs Jan Choinski (non prima ore: 14:00)
5. Zvonimir Babic / Charles Broom vs [2] Victor Vlad Cornea / Franko Skugor
6. [Q] Marius Copil vs [7] Antoine Escoffier (non prima ore: 19:30)

Campo 1 – Ora italiana: 10:00 (ora locale: 10:00 am)
1. Hendrik Jebens / Niklas Schell vs [4] Theo Arribage / Constantin Frantzen
2. [1] Vladyslav Manafov / Oleg Prihodko OR [WC] Mikelis Libietis / Luca Margaroli vs Alexander Merino / Jakub Paul (non prima ore: 11:30)


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/

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