Situazione turbolenta in Ferrari? Sì, ma la stampa e i tifosi non aiutano

Tornano ad accendersi i riflettori sulla Formula 1 dopo quasi un mese di motori spenti, ma in cui il fermento non è di certo mancato. In queste settimane post-Australia abbiamo assistito infatti ad un vero e proprio fiume di voci legate alla scuderia di Maranello, su i più disparati fronti. Piloti, team, prestazioni, nulla è stato risparmiato dall’attenzione mediatica che è stata posta sulla Ferrari dopo il deludente inizio di stagione. Ma cosa c’è di fondato in tutto questo?

Il pre-season in pompa magna del Cavallino aveva creato non poche aspettative sulla stagione che sarebbe iniziata poche settimane dopo la presentazione della SF-23. I primi segnali negativi del debutto in Bahrain, si sono poi confermati nelle successive tappe in Arabia e Australia. Ciò ha generato un evidente malcontento non solo fra i tifosi, ma anche fra gli addetti ai lavori. Si sa, una Ferrari competitiva fa bene all’ambiente. Ma a valle di un mese ricco di valutazioni, bisogna riconoscere come si sia forse valicato il muro dell’oggettività.

La Ferrari ha vissuto un inverno turbolento, con l’addio di Mattia Binotto e il conseguente approdo di Frédéric Vasseur alla guida della Scuderia. Un cambiamento che non si poteva non pensare che potesse portare ad una catena di movimenti interni o ad una discontinuità di progetto. D’altronde in un team di Formula 1, dove dietro ad una monoposto lavorano centinaia di persone, non è il cambio di allenatore che porta al successo.

È quindi chiaro che il cambio potesse portare ad un contrasto fra le idee della direzione Binotto e il successivo filone capitanato da Vasseur. Un cambiamento che a livello di progetto richiede tempo, perché si possa stabilire un leitmotiv che porti ai vertici in maniera costante. Un discorso simile lo si deve fare anche a livello di organigramma. L’uscita di Laurent Mekies è soltanto una delle mosse necessarie per ristabilire un nuovo ordine interno e dunque una continuità necessaria in un ambiente che corre veloce come il Circus Iridato.

Creare un vero e proprio “marasma mediatico” ogni qualvolta sul banco delle tematiche c’è la Ferrari, non aiuta di certo il clima all’interno della Scuderia. Ciò assume ancor più rilevanza in un orizzonte come quello attuale, in cui a Maranello è in atto un’opera di ricostruzione. Questo riguarda da un lato la stampa, ma anche i Tifosi stessi, in un connubio che deve essere ora più che mai unito sul fronte della rinascita.

In questo mese di pausa le voci non hanno risparmiato neppure i piloti, Charles Leclerc in primis. Di discussioni legate ad una sua possibile “stanchezza” in Ferrari se ne sono lette a iosa, anche da parte di fonti autorevoli. Ciò ha evidentemente sollevato anche i tifosi, che sui social hanno ulteriormente ampliato le discussioni, tutte accomunate da una sola parola: malcontento. Tutto questo però senza considerare la chiave di lettura che dovrebbe essere all’occhio di tutti: Charles è il primo ad essere innamorato della Ferrari, più di ogni singolo tifoso.

La delusione è certamente comprensibile, così come la poca pazienza dopo questi interminabili anni di digiuno dall’ultimo titolo. Ma in questi sedici anni di assenza dall’albo d’oro dei titolo piloti, le turbolenze mediatiche o di tifoseria non hanno portato neppure un punto in classifica alla Ferrari, anzi… Infatti bisognerebbe considerare come tutto questo possa destabilizzare un ambiente in fase di ricostruzione. La cosa più sana sarebbe forse lasciar parlare chi i cancelli di Maranello li varca tutti i giorni e non chi lì può solo guardare dall’esterno.

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