Pirro esclusivo: “Ferrari, con Vasseur e Coletta hai scelto gli uomini giusti”

Pirro, l’appassiona di più il percorso a ostacoli della Ferrari in Formula 1 o l’imminente debutto di una hypercar rossa a Le Mans?

«In Formula 1 il cambio di management accende in tutti un’attenzione speciale, ma il programma GT mi tocca in modo profondo per il mio legame con Le Mans e perché rappresenta un ritorno al passato. La convinzione con cui John Elkann fin dall’inizio si è impegnato su Le Mans è un importantissimo segnale e penso che con Antonello Coletta faranno grandi cose. Certo questa sfida su due fronti è un bel modo di entusiasmare la platea planetaria dei tifosi ferraristi». 
 
In Formula 1 si sovrascrive, mentre per Le Mans la Ferrari è partita dal foglio bianco.

«Nel Mondiale è andata meno bene di quanto avrebbe potuto, per problemi più gestionali che tecnici: credo che Vasseur porterà positività e concretezza, al netto della politica, rimettendo ordine nelle straordinarie risorse umane della Scuderia. Rivoluzioni non servono: un cambio di allenatore può liberare quel potenziale in grado di dare alla squadra l’ultimo slancio verso il Mondiale». 
 
Al titolo piloti si arriva con la punta unica o lasciando libera la coppia? E’ il caso di Senna-Prost per cui lei lavorava nell’ombra.

«Dipende dai piloti che hai a disposizione. In Red Bull il problema neanche si pone, con Verstappen troppo più forte di Perez. Con compagni che possono essere messi a confronto, come oggi Hamilton-Russell o Leclerc-Sainz, il team principal deve sostenere chi è più in difficoltà, come un genitore col figlio più debole. Tanto, poi, nei momenti decisivi il fuoriclasse ha il guizzo in più e fa la differenza». 
 
La ritroveremo team principal, magari nell’Audi?

«Diventarlo in una squadra importante è il mio sogno (ride) anche se pensare alla Formula 1 sarebbe presuntuoso. Dal 2009 quando smisi di correre, ho vissuto una continua formazione, ma non è un assillo». 

Sarà ancora nel panel giudicante della Formula 1?

«Sì, in quattro o cinque gran premi. E’ un impegno che mi onora e mi coinvolge molto». 
 
Il problema della direzione di gara è rimasto irrisolto dopo il caso Masi a fine 2021: manca la persona giusta o il nodo è il sistema?

«Situazione difficile perché arriviamo da un lungo periodo in cui un uomo solo, Charlie Whiting, era al centro di tutto: direttore di gara, delegato per la sicurezza, referente di piloti e team principal… Scomparso lui, è andato in crisi il sistema: Laurent Mekies che avrebbe dovuto rimpiazzarlo è stato preso dalla Ferrari, Masi è finito sappiamo come. Wittich e Freitas erano i migliori disponibili, ma l’alternanza non può funzionare. Bisogna creare una panchina lunga perché il direttore di gara può solo crescere in quella stanza, non lo puoi reclutare all’esterno». 
 
La convince questa Formula 1 che tra Miami e Las Vegas strizza l’occhio allo show?

«Sì perché show non è un termine negativo: uno sport deve attrarre la gente, altrimenti non regge economicamente. Domenicali sta lavorando benissimo: esplora nuove strade ma rispetta il passato». 
 
Dunque le piacciono le Sprint, che quest’anno raddoppiano (da tre a sei).

«Molto: tengono in tensione per l’intero weekend, proprio come Q1, Q2 e Q3 hanno ravvivato ogni fase della qualificazione. D’altronde se mi piace una gara di 250 chilometri, perché dovrei storcere il naso a una di cento?» 
 
Segue la serie Drive to Survive su Netflix?

«Ho visto solo una puntata, ma riconosco che ha reso popolare una Formula 1 che amava mostrarsi incomprensibile. Esibire il dietro le quinte ha aperto a un pubblico nuovo, che è sempre benvenuto». 

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