L’idea di un affresco conclusivo della stagione di Formula 1 2023 da consegnare agli archivi di Circus Formula Uno mi era balenata in mente durante una intensa sessione di proteste su TAFKAT (The App Formerly Known As Twitter*) in occasione delle libere del Las Vegas GP.
La celeberrima chiosa che “la sfortuna non esiste, esistono solo eventi che non abbiamo saputo prevedere” si rivela nella sua devastante efficacia proprio al #LasVegasGP, dove branchi di incapaci pascolano ciabattando di caso e avversità invece di fare ammenda.
Quousque tandem…— Laura Di Nicola (@elledinicola) November 17, 2023
Doveva, però, arrivare Abu Dhabi per cementarsi in me, come un chiusino della Strip nel suo asfalto incerto, la volontà di esternare, a tutti voi che mi leggete, questa ennesima, immane vieppiù ricercatissima scemenza. La località nella quale il popolo ferrarista celebra ogni anno dal 2010 la Festa della Pessima Decisione Strategica mi ha, infatti, ispirato un parallelismo: nella vita di noi tutti la Formula Uno occupa un posto speciale, il posto del cuore, tanto da condizionare le nostre abitudini e farci organizzare le giornate in funzione del suo calendario; le nostre vite, altresì, sono in molti casi un’alternanza di calma piatta e pessime decisioni – che siano determinate da uscite infelici, influenze negative, tempistiche errate o fraintendimenti poco importa: ci passiamo tutti.
Mettendo insieme le due prospettive, mi sono chiesta: cosa verrebbe fuori se un tifoso di Formula Uno riflettesse sugli episodi della propria vita nei quali è stato la persona sbagliata, nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, assieme alla gente sbagliata, dicendo la cosa sbagliata – insomma come Michael Masi durante l’ultimo Gp del 2021 o un pilota Ferrari ogni qualvolta si chiama una strategia – mentre ripensa al campionato di Formula Uno appena concluso?
Aggiungendo un pizzico di follia, probabilmente qualcosa di molto simile a quello che segue. Come sempre vi invito a fare di meglio – o di peggio! – se c’avete coraggio.
Ce lo vedo il buon Adrian Newey – sempre sia lodato – assieme al validissimo Horner e al fumantino Marko, fronteggiare orde di soggetti, che dalle mie parti chiamiamo Voccape’, tutti intenti a dimostrare che questa imbattibile Red Bull avrà di fronte criticità, ansie da prestazioni, deficit da infrazioni del budget cap, flessioni, pericoli da parte degli avversari (la Ferrari, Alonso, Hamilton, Fiorello e Amadeus, non necessariamente in quest’ordine) a ogni millimetrica scodata di quel gran bel posteriore. Non è neanche finito questo 2023 che li ha visti dominare 22 gare su 23 che già si compete a chi la spara più grossa sul prossimo, presunto fenomeno che nel 2024 spazzerà via questo dominio al gusto di edamer mantecato nell’energy drink, rendendo difficile sin da adesso distinguere le venature cospirazioniste dalla motivata speranza.
Capita, quando si è abituati troppo bene, quando tutto ti gira a meraviglia da troppo tempo, che il senso critico si affievolisca e non ti faccia cogliere i segnali giusti. Si potrebbe dire che tutti i guai delle truppe neroargento di Stoccarda siano iniziati da quelle disgraziatissime pance-non pance e da una certa deriva tecnica che ha portato l’imbattibile monoposto, da divoratrice di punti e record, a diventare divoratrice di gomme e delle legittime aspettative del giovane Russell. Certo, quando si hanno due super piloti e un bagaglio tecnico e organizzativo come il loro, si fa fatica, si piange, si fabbricano bamboline voodoo di certi direttori di gara, però alla fine si agguanta comunque il secondo posto. Considerata l’antifona, se uno fra il T-800 e Toto Wolf mi ghigna “Tornerò!”, tendo a prendere sul serio più il secondo che il primo…
Persino Johnny Depp ci è cascato, tatuandosi Winona Forever ai tempi della sua relazione con la collega Ryder, salvo poi cambiare fidanzata e modificare il tatuaggio in un risibile benché realistico Wino Forever. Ora, mi rendo conto che applicare il metodo della pezza peggiore del buco possa risultare indigesto a una Scuderia mitologica, che è anche un’organizzazione complessa di uomini, tecnologia, interessi e storia, ma significherebbe almeno tentare di fare qualcosa. Sono anni che assistiamo a un immobilismo tecnico e tattico, come se la Ferrari fosse Aldo del trio, quello che è sempre l’ultimo a sapere le cose. Intanto gli anni, i campionati e i destini di incolpevoli assi del volante passano, mentre i dirigenti gioiscono dei terzi posti.
McLaren sembrava essere precipitata nella festa preti e squillo de Il diario di Bridget Jones: con l’unica novità dei propri colori sgargianti, si è gettata nel campionato con due imberbi diamanti grezzi per piloti e una manciata di soluzioni sperimentali, vivendo una prima parte di campionato – e parte di quello precedente – da emarginata. Ma, come nei migliori romanzi di formazione o nella didascalia di qualunque post di un neoseparato cinquantenne su Instagram, nelle ferite si è radicato il riscatto e la scuderia di Woking ha raggiunto un ragguardevole obiettivo: dimostrare a blasonati rivali che si può migliorare in corso di stagione e giocarsela alla pari pur partendo svantaggiati, con il budget cap. Che è un po’ come andare alla festa di qualcuno che non ci considera importanti e divertirsi più di tutti quanti.
Spero di non attirarmi gli strali del potentissimo Mr Stroll, ma io sono un’ex adolescente irrimediabilmente rovinata dagli anni novanta e applico ad Aston Martin il caso di Edward Lewis – il personaggio di Richard Gere in Pretty Woman: abiti in un attico perchè è il massimo, ma non te lo godi perchè soffri di vertigini, cioè spendi e spandi per attaccare sulle livree delle tue monoposto un marchio blasonato e ingaggi glorie dell’automobilismo recente in cerca di riscatto, ma poi ti perdi nella vertigine degli sviluppi mancati, dell’involuzione tecnica e delle obiettive mancanze a livello di squadra. Volere – e spendere soldi – non è potere, in molti casi della vita e in Formula Uno.
Cosa aspettarsi dalla scuderia che assume un pilota a sua insaputa, viene sanguinosamente smentita dallo stesso e diviene lo zimbello del web per settimane? In altri termini: come potrebbe peggiorare? Potrebbe piovere, direbbe l’ineffabile Aigor. Nel caso dell’Alpine, questo pilota potrebbe sverniciarti a bordo della monoposto di una scuderia rivale, relegandoti a battagliare per pochi punti e per la credibilità, quando ben altre erano state le premesse. Liberarsi dell’ex TP Szafnauer non pare aver portato benefici diversi dal migliorare la vita di cronisti, traduttori e blogger,che non dovranno più pronunciarne o trascriverne il nome.
James – Valtteri, it’s James – Vowles non immaginava che, già al suo primo anno da TP, avrebbe vinto qualcosa con uno dei suoi piloti e sono ragionevolmente convinta che il fatto che Logan Sargeant abbia sbancato la classifica degli sfasciacarrozze 2023 non lo lusinghi più di tanto. Anzi, mi auguro per lui e per la squadra che il suo presidente non sia uno che condivida sui suoi social il meme di Hulk che esclama I see that as an absolute win! Non è facile raccogliere i cocci di una storia clamorosa e vincente, facendo a meno del retaggio del fondatore, barcamenandosi fra poche risorse e non potendo attingere a un vivaio proprio – con plauso all’ottimo e consistente Albon. L’ansia da riscatto può essere una valida spinta a migliorarsi, purché non abbagli, portando a scegliere strade di sviluppo sbagliate. Menzione d’onore per la geniale livrea Duracell.
Per amore di ciò che rappresenta per me e per la libidinosa livrea speciale sfoggiata in quel di Las Vegas, in cima ai miei desideri per l’anno nuovo c’è che il passare da Franz Tost a Laurent Mekiés non diventi il nuovo passare dalla padella alla brace per Alpha Tauri, o come diavolo si chiamerà. Scusate, il lungo ferrarismo ha eroso in me ogni forma di tolleranza o pazienza. A proposito: ve li ricordate i bei tempi in cui, pur essendo dichiaratamente team satellite RedBull, erano motorizzati Ferrari o producevano in autonomia parti importanti come il cambio? O quando si distinguevano nel midfield, riuscendo anche a vincere? Certo, traumatizzare un’intera infornata di giovani piloti gettandoli negli Hunger Games prodotti da Marko non aiuta ad avere ricambio, però mi chiedo cosa sia rimasto della piccola e vitale scuderia di una volta in questa anonima simbionte della RedBull.
Mi si nota più se vengo e resto in disparte o se non vengo affatto? Nel dubbio, faccio una comparsata veloce, miglioro le giornate dei tifosi con qualche livrea spettacolare e poi me ne vado di nuovo. Ma come? Il ritorno della Grande Leggenda della F1 Eroica! La celebrazione del Grande Cuore Sportivo! L’italia s’è destAh no scusate, divagavo. Tutto questo gran strombazzare e poi, senza un vero progetto a lungo termine che non fosse quello del marketing per appassionati nostalgici, ecco che il Grande Ritorno alle Corse è diventato il Grande Ritorno Indietro, di Corsa. La prossima volta non spacciateci per vero cuore sportivo una targhetta appiccicata su un pezzo di metallo. Menzione d’onore agli sprazzi di buona volontà dei due piloti.
Negli ultimi anni, abbiamo assistito al fenomeno della partecipazione di scuderie che sono vissute come gli imbucati ai matrimoni dei ricconi, scambiate per dossi in pista da quelli a bordo di monoposto degne di essere invitate e sempre in prima fila al buffet delle carambole alla prima curva. Ogni tanto, un languido raggio di sole, di dolorosa brevità, le illumina, come è accaduto alla Marussia del povero Bianchi a Montecarlo, rinfocolando la passione di coloro che riescono ancora a vedere la F1 come uno sport romantico. Haas è una di queste: partita con ambizioni e convinzioni ben presto falciate dall’arida realtà, passerà alla storia per aver consegnato alla gloria imperitura della hall of fame dei meme motoristici la figura di Guenter Steiner, il TP con la pacatezza di Josemite Sam, e la fenice Grosjean, non sembrando destinata a produrre altri risultati di rilievo. Che i piloti la perdonino.
No, non è una frase fatta, un bieco tentativo di fuggire al confronto, una fuga egoistica dalle proprie responsabilità o l’incapacità di analizzare una situazione: Formula Uno, se ti lascio, se mi sono allontanata da te, la colpa è senz’altro mia, che non riesco a trovare del buono nei cambiamenti e non so affezionarmi ai prodigiosi arricchimenti portati al mio sport preferito dall’introduzione del Miami Gp e della Sprint Race. Non sono brava come Emanuele Pirro, che dichiara il proprio apprezzamento per l’introduzione della chicane lungo l’Hunaudières a Le Mans, avendo corso sul tragitto originale: ecco, lo vedi come ti tradisco? Sono passata anche a usare il WEC come termine di paragone!
Non posso ingannarti: sai bene che ho guardato commossa il Las vegas Gp perchè volevo rivedere Las Vegas illudendomi di essere ancora la me che girovagava per lo Strip a bocca aperta davanti alle fontane danzanti del Bellagio. Sai bene che le gare che mi hanno effettivamente divertito ed esaltato sono state quelle in cui c’è stata azione, lotta e concretezza in pista, quelle nelle quali tutto il contorno non contava nulla, quel contorno di minchionate luccicanti che a te e agli strilloni dei quali ti sei circondata piacciono tanto. Cosa te ne fai di me, che ero una che guardava i warm up!
Non sei tu, Formula Uno, sono io. Ti amerò per sempre, ma ti lascerò vivere la tua vita. Non cercarmi, non chiamarmi più: il vero rischio è che potrei ancora risponderti.
*In questo acronimo i diversamente giovani riconosceranno la citazione di un immenso artista che ci ha lasciati nel 2016 e piangeranno lacrime come pioggia violacea, purple rain, proprio come gli orfani di Twitter.
Fonte: https://www.circusf1.com/2023/11/formula-1-2023-lalmanacco-delle-pessime-decisioni.php
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