La Ferrari, che già non sapeva più a chi dare i resti nel suo tormentoso cammino verso il futuro, alla fine della trasferta nelle Americhe ha visto aprirsi un nuovo fronte di preoccupazione: l’affidabilità. Sembrava tutto risolto dopo le beghe di inizio stagione con le batterie e le centraline. Mai un guaio vero, a parte la singolare perdita di carburante che in Qatar aveva fermato nei box Carlos Sainz, archiviata poi come un unicum.
A Interlagos, però, sotto le SF-23 s’è aperta una botola. Su ciò che ha mandato a muro Charles Leclerc prim’ancora del via, Maranello racconta il fatto ma mantiene il top secret sulla causa. Trapela solo che dopo cinque curve nel giro di ricognizione il sistema elettronico di autoprotezione ha letto un valore completamente fuori norma e ha bloccato tutto: Charles ha visto accendersi l’albero di Natale sul volante e se ciò non fosse successo, se il motore cioè non fosse stato immediatamente spento dal sistema, sarebbe saltato nel giro di pochi altri metri. Volendo andare a cercare una buona notizia col lanternino potrebbe essere questa: la Ferrari in Brasile non ha rotto un motore.
. Ripetiamo però che sulla causa siamo rimasti al «posso dare dettagli?» di Leclerc all’ufficio comunicazione prima di cominciare le interviste. Ma non si poteva, non si può e a quanto pare non si potrà. Anche Sainz s’è dovuto confrontare con la mancanza di affidabilità, sia pure presentatasi sotto altre forme: «La frizione ha funzionato male, in gara come nella Sprint ma in realtà fin dalle prove libere. In tutte le simulazioni di partenza si sentiva che qualcosa non andava. Poi c’è stato anche un fastidio non nuovo, con una paletta (della scalata, ndr) che diventava appiccicosa». Ed eccolo dunque, tra blocco dell’elettronica per Leclerc e frizione per Sainz, il nuovo fronte. Torna in superficie come un fiume carsico e si aggiunge al progetto 2024 da azzeccare, al tema di aerodinamica e assetti che racchiudiamo nella dizione “degrado gomme”, alle strategie e a talune incertezze del muretto da correggere.
Tutto questo ha compromesso la gara in cui Ferrari avrebbe potuto, avrebbe dovuto, approfittare del passo falso di Mercedes: «Il peggior fine settimana degli ultimi tredici anni» cioè dalla fondazione del team secondo Toto Wolff, che ama le descrizioni a tinte forti. Ma nonostante tutto la Ferrari ha perso terreno per la volata al secondo posto tra i costruttori: ha recuperato quattro punti ma ne sono rimasti venti da annullare in sole due gare. E dieci punti a GP più della Mercedes la Rossa è riuscita a farli, quest’anno, in tre sole occasioni su venti. Fred Vasseur ovviamente ha parlato dell’occasione persa, perché la Ferrari aveva obiettivamente gestito bene il parco gomme, tenendosi set nuovi in più per la gara. Ma pur liberi di immaginare finché si vuole un Leclerc degno del podio, abbiamo tutti dovuto prendere atto di un Sainz al traguardo con 50 secondi di ritardo dal vincitore, che stavolta neanche ha fatto il vuoto visto che Norris – su una McLaren che è così come vorremmo la Ferrari – ne ha subiti solo otto. Un Sainz che, nelle more, non è riuscito a prendere Stroll.
Scena a stacco. Andatevi a sentire le note di “Green, green grass of home” (anno 1965) di Tom Jones, che Max Verstappen ha sentito fluttuare morbide nel casco subito dopo aver passato il traguardo, commuovendosi. Gliele ha fatte trasmettere Christian Horner, che poi ha spiegato: «Parlando in Qatar con Jos (Verstappen, ndr) ho scoperto che quando Max, da bambino, tornava dalle gare di kart, suo padre metteva in continuazione brani di Tom Jones. “Green grass” era tra i più ricorrenti, e tra i preferiti di Max». Ecco, questo è il clima in Red Bull.
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