Primo, secondo e terzo posto della classifica piloti, leadership nelle graduatorie team e costruttori, Pecco Bagnaia a ribadire il numero 1 del campione in carica della MotoGP, parimarca a occupare spesso e volentieri i gradini del podio. Poco oltre un terzo di stagione, Paolo Ciabatti stila il bilancio Ducati, Casa che sta dominando in lungo e in largo la classe regina prototipale a due ruote: «Siamo veramente contenti – le parole del direttore sportivo di Borgo Panigale – perché, tappa americana di Austin meritatamente vinta dalla Honda di Alex Rins a parte, nelle restanti abbiamo visto nostre moto firmare i successi di Gran Premio. La Desmosedici ufficiale si sta rivelando prestante come desideravamo fosse in fase di progetto, la versione 2022 conferma la propria bontà. Affermarsi con tre nomi diversi e conquistare trofei insieme a praticamente tutti gli equipaggiati dalla nostra motocicletta, spiega il grado della soddisfazione. Anzi, aggiungo che avremmo potuto fare ulteriormente bene».
Meglio di così, sarebbe possibile?
«Bagnaia ha commesso qualche errore che, a questi livelli, si deve mettere in conto. Tuttavia, ha sbagliato mentre era al comando di una gara oppure nel gruppo di testa. Il che dice come sia Pecco l’assoluto protagonista, a dispetto delle tre battute d’arresto. Senza quei risultati nulli avrebbe qualcosa come 60 punti da sommare al suo complessivo».
In pratica, avete il pilota migliore.
«Si sta dimostrando tale. Pecco fa parte di un programma voluto da Ducati qualche anno fa. Eravamo legati profondamente ad Andrea Dovizioso, straordinario, vicino all’alloro tinto di Rosso in tre occasioni, dal 2017 al 2019. Ci siamo trovati benissimo nella condivisione del lavoro con il forlivese, ma appena più tardi abbiamo messo in campo, anzi, in pista, la strategia di ringiovanimento del parco piloti. Bagnaia ne faceva parte, Jack Miller, Enea Bastianini, Jorge Martin pure, poi si sono uniti i vari Marco Bezzecchi, Luca Marini, Alex Marquez e Fabio Di Giannantonio. Sono tutti ragazzi intorno ai 25 anni, solo Johann Zarco passa i 30. E grazie a molti di loro vinciamo o siamo a podio».
Bagnaia, Martin e Bezzecchi. Per ora.
«Questo “per ora” mi piace (ride). Pecco è una certezza, Jorge e Marco lo stanno diventando a suon di ordini d’arrivo. Le loro Desmosedici gravitano frequentemente nella parte alta del weekend, le altre anche. Ci sentiamo a posto, credo che la line-up rimarrà così anche dopo il 2024. Ovviamente, se ogni cosa filerà liscia e soddisfacente».
Severi sono i giudizi sul vostro operato: Ducati è “accusata” di aver troppe moto in griglia.
«In un disegno ideale di campionato, desidererei sei costruttori, ognuno e schierare quattro moto. Purtroppo, le case oggi sono cinque e, in una logica di libero mercato, i team indipendenti hanno il diritto di rifornirsi dove si trovano meglio. Il pacchetto Ducati è tecnicamente interessante, poiché competitivo e assistito direttamente dai nostri ingegneri. I prezzi sono ragionevoli: otto Desmosedici su ventidue presenze fisse fanno pensare a ottime strategie di sviluppo del prodotto e di vendita dello stesso».
Cosa che non riesce agli avversari giapponesi: palesano termini di perdita in MotoGP.
«Non faccio i conti nelle tasche altrui, però posso dichiarare che Ducati Corse ci stia guadagnando. Benché la missione MotoGP non sia far lucro, portiamo in fabbrica un netto costituito da denaro. Sì, è un segno positivo che non guasta, messo al fianco degli altri segni positivi».
Quale pensa sia il vostro segreto?
«Nessun segreto, semmai condivisione dei dati tra tutti i piloti, siano essi ufficiali, satellite o indipendenti. Può capitare di vedere il miglior ducatista nella lista dei tempi consultare la telemetria del, per esempio, sesto classificato. O viceversa. Il trattamento alla pari è una nostra peculiarità, di cui si giova chiunque salga a bordo della Desmosedici. L’unione fa la forza, e noi deteniamo i migliori piloti su piazza. Potremmo confermarli tutti anche a fine 2024».
A fine 2024, tra gli altri contratti, Marc Marquez e Honda saranno in scadenza.
«Dispiace davvero vederlo così giù. Vorremmo ammirare la gesta rinomate di Marc, purtroppo in questo momento fatica. Abbiamo il massimo rispetto del grandissimo campione, col quale non è mai stata intavolata una trattativa futura: Ducati è messa bene com’è, Bagnaia è in cima, Martin appena dopo e rimarrà in Pramac, Bezzecchi avrà una moto ufficiale. Ci impegneremo per soddisfare ogni nostro rappresentante».
Honda e Yamaha non si stanno impegnando?
«Come no? Sì. Casomai, Honda si è affidata per troppo tempo a Marquez. Il talento di Marc ha coperto le manchevolezze della RC213V, sicché lo sviluppo ne è uscito inficiato. Yamaha ha fatto lo stesso con Fabio Quartararo. Probabilmente l’evoluzione della M1 è rimasta indietro».
Il contrario vostro.
«Esatto. Noi non abbiamo pensato esclusivamente a Bagnaia. La Desmosedici è frutto delle voci di tutti i piloti. Guidarla ad altissimo livello è possibile e, sottolineo, Ducati eviterà di vivere di rendita, senza soffermarsi al presente».
Agite al contrario dai tempi di Casey Stoner.
«All’epoca non lavoravo in Ducati, ma ritengo che l’australiano guidasse sopra i problemi della moto. Spesso si affermava, altre volte sbagliava. Comunque, era l’unico capace di portare quella particolare Desmosedici in alto. Se un errore è stato fatto, fu concentrarsi totalmente su di lui».
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