Gli hacker puntano alle nostre auto. E possono farlo sfruttando la continua evoluzione delle nostre vetture che presentano sistemi informatici e tecnologie sempre più avanzate. Con conseguenze economiche per l’intera filiera. È quanto si evince dal rapporto stilato da Global Data: il business della sicurezza informatica nell’industria automobilistica potrebbe superare nel 2030 i 22 miliardi di dollari, mentre il costo dei premi assicurativi dovrebbe arrivare anch’esso a 22 miliardi già nel 2025.
Il rapporto di Global Data sottolinea che i dati raccolti dalle auto connesse possono essere estremamente sensibili. Più l’auto diventa tecnologicamente avanzata e connessa, più diventerà un potenziale accesso per i criminali informatici per impossessarsi dei nostri dati privati.
La sicurezza dei sistemi informatici delle automobili infatti è estremamente vulnerabile. Gli hacker potrebbero persino compromettere i sistemi avanzati di assistenza alla guida per causare direttamente un incidente, oppure accedere alla nostra posizione attuale e precedente, alle destinazioni GPS o ai contatti della rubrica dello smartphone.
Dato che al giorno d’oggi i marchi si affidano sempre più agli aggiornamenti over-the-air per aggiungere o aggiornare in remoto le loro funzionalità, saranno necessari sforzi di sicurezza informatica per garantire che questi metodi rimangano isolati da potenziali hackeraggi.
I costruttori corrono anche il rischio di criminalità informatica industriale, come il furto di segreti tecnologici o danni alla loro infrastruttura digitale. Danni che la compagnia di assicurazioni Munich Re ha stimato in 10,5 miliardi di dollari entro il 2025, quasi il doppio rispetto ai 6 del 2021. Senza tralasciare il dato che molte Case sono ancora sostanzialmente impreparate a tutto ciò. Un sondaggio di CyberAware ha infatti dimostrato che 14 grandi marchi automobilistici hanno più di 800mila documenti non protetti ospitati su server, cloud e database, con 215mila dipendenti con credenziali non protette o compromesse.
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