“Ero decisamente per Gino Bartali. Cosa che, comunque, non mi impediva di essere contento per il record dell’ora o per il Mondiale di Coppi“. Lo dice il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un’intervista alla ‘Gazzetta dello Sport’, alla vigilia dell’ultima tappa del Giro d’Italia a Roma che vedrà la sua presenza per la premiazione della maglia rosa.
“Personalmente -aggiunge il Capo dello Stato- ricordo i Giri d’Italia e i Tour di Bartali, Coppi e Magni, le vittorie di Baldini; i giovani atleti delle Olimpiadi di Roma, nel ’60, con l’entusiasmante vittoria nei 200 di Berruti, con i suoi occhiali scuri. Lo stile dei fratelli D’Inzeo. E poi, negli anni, i successi di Sara Simeoni, i record di Pietro Mennea, la potenza degli Abbagnale. Italia Germania 4 a 3, il Mondiale di Spagna con Sandro Pertini che riporta a casa i campioni. E ancora le voci che hanno raccontato queste imprese, trasformandole in leggende: Paolo Rosi, Giampiero Galeazzi, Nando Martellini e tanti altri. O le pagine di vera letteratura che, su quei momenti, hanno scritto grandi giornalisti come Brera, Mura, Clerici, Minà. Fino alle vittorie più recenti, ai tanti protagonisti dei nostri giorni. Un racconto che prosegue, mantenendo intatto lo stesso fascino, suscitando passioni ed emozioni che vanno ben oltre il perimetro degli stadi e diventano patrimonio culturale”.
Mattarella poi riserva una citazione per “un grande uomo di sport, Alex Zanardi. Una persona che ha sofferto e che ha sempre reagito. Ho presente il suo sorriso, il suo ottimismo. Zanardi ha testimoniato cosa sia davvero lo sport: prima di tutto gioia di vivere. Gli mando un grande saluto”.
“Lo sport tiene poi a ricordare il Capo dello Stato è rispetto delle regole, è rispetto per gli altri, è sfida non contro avversari ma contro i propri limiti. Lo sport è certamente anche agonismo, competizione, ma soprattutto deve essere rispetto e lealtà. Quando perde questi caratteri perde il suo fascino. Lo sport autentico” è “vero antidoto al fanatismo, alla faziosità, alla violenza, e purtroppo anche al razzismo, che troppo spesso inquinano i nostri stadi. Veleni che nulla hanno a che fare con lo sport”.
Infine un ultimo ricordo personale: “La racchetta da tennis mi ha accompagnato fin da ragazzo e mi dispiace ancora di avere interrotto decenni addietro. Come tutti i miei coetanei giocavo al calcio anche se il mio ruolo era abitualmente quello della panchina, prezioso… perché consentiva di fornire consigli. Non me ne rammarico anche perché adesso sono obbligato a sostenere gli arbitri…”.
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