In attesa della ripartenza della corsa rosa, dopo il primo giorno di riposo, sono tornate le misure di contrasto alla diffusione del Covid: dopo la positività del leader della classifica Evenepoel, ripristinato l’obbligo delle mascherine in quelle aree dove ci possono essere contatto tra i corridori. La decisione su tamponi ed eventuali esclusioni resta delle singole squadre e degli staff medici: un impegno fisico così logorante può rappresentare un rischio per un atleta positivo
Dieci giorni dopo la dichiarazione dell’Oms della fine della pandemia, quando ormai quasi ovunque le restrizioni che per quasi tre anni hanno contrassegnato la vita quotidiana di tutti sembrano diventate un ricordo, il Covid continua a condizionare pesantemente il Giro d’Italia dove sono tornate anche le mascherine. Il primo giorno di riposo a Scandiano (Reggio Emilia), in attesa della ripartenza, in direzione Viareggio, per la seconda settimana, è trascorso in uno stato di choc dopo la positività al Coronavirus di Remco Evenepoel, il cui contagio è stato appurato dalla sua squadra, la Soudal Quickstep, subito dopo la sua vittoria alla cronometro di Cesena, grazie alla quale aveva riconquistato la maglia rosa. Il giovane belga, campione del mondo, è il più illustre dei corridori tornati a casa a causa del Covid, ma non è certo l’unico: nei giorni precedenti era toccato a Filippo Ganna, Nicola Conci e Giovanni Aleotti. Segno che il virus, in gruppo, continua a circolare.
L’organizzazione guidata dal direttore di corsa Mauro Vegni, per provare a correre ai ripari ha ripristinato l‘obbligo delle mascherine nelle aree in cui c’è un contatto con i corridori. A differenza di quello che, per ovvie ragioni, è avvenuto negli anni scorsi, non c’è però nessun protocollo e nessuna prescrizione da parte dell’Unione ciclistica internazionale, né, tantomeno, dall’organizzazione della corsa. Le decisioni sugli screening e sull’eventuale esclusione è completamente in capo alle squadre. Ogni squadra può, in pratica, comportarsi come meglio ritiene per tutelare i propri atleti senza dover render conto all’organizzazione della gara che, di fatto, non ha voce in capitolo su questo tema. L’unica cosa che ha potuto fare è stata la reintroduzione delle mascherine. La decisione di far tornare a casa un atleta positivo al Covid è quindi puramente sanitaria: lo staff medico della squadra ha, evidentemente, motivi di ritenere che, anche se il corridore positivo è asintomatico, sottoporlo a un impegno fisico così logorante come correre il Giro d’Italia da positivo al virus, possa rappresentare un rischio che è più prudente non correre.
Il Giro perde così il favorito numero uno e domani riparte con la maglia rosa sulle spalle del gallese della Ineos Geraint Thomas e con una classifica cortissima: Roglic e a 2 secondi, l’altro alfiere della Ineos Geoghegan Hurt a 5, Almeida a 22, Vlasov a 1’03, Damiano Caruso a 1’28. Thomas, trionfatore del Tour del 2018, se dovesse portare la maglia rosa a Roma sarebbe il vincitore più vecchio della storia della corsa. “La positività di Remco – ha detto Thomas a Scandiano – è stata uno choc, mi ha mandato un messaggio prima dell’annuncio. Ero impaziente di cominciare la bagarre con lui. Certo, questo non è il miglior modo per conquistare la maglia rosa, ma adesso la Ineos è in una posizione di forza, io e Tao siamo co-capitani”. Chi sarà il leader della Ineos, insomma, lo deciderà la strada, visto che mancano ancora due settimane e rimangono da affrontare ancora molte tappe di montagna. Pronti entrambi ad aiutare l’altro se si rivelerà più forte. Con la speranza che a decidere il vincitore del Giro siano le grandi salite e non i tamponi.
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