A qualificazione conquistata in largo anticipo, oggi a Caceres (diretta tv ore 18 su Ra Sport e Sky Sport Arena, Now) rimane l’orgoglio del vestire l’azzurro, del confronto con la Nazione campione del mondo e d’Europa. Eppoi la possibilità d testare prospetti per il futuro. Per esempio Davide Casarin, figlio d’arte diverso da papà Federico ex giocatore di Serie A, ora presidente della Reyer e vice presidente federale. Ragazzo di personalità pari al talento.
Davide, dopo Spagnolo e Leonardo Okeke tocca a lei, terzo 2003 a debuttare in Nazionale. Confidiamo nella generazione Z, negli zoomers dunque?
«Sono grato al ct Pozzecco, è un’emozione fortissima soltanto essere qui in ritiro. Ed è un motivo di orgoglio grande. Se poi scenderò in campo sarà meraviglioso. Certo non mi sento arrivato e non so se sia una questione di generazioni».
Lei in questa stagione mostrando un volto maturo a Verona. Grande impegno e qualità in difesa. Eppure è sempre stato un realizzatore a livello giovanile.
«Vero, ma tra giovanile e senior c’è differenza. E soprattutto per crescere e completarsi bisogna impegnarsi in tutto, soprattutto rispondere alle richieste dell’allenatore. E comunque a Verona è difficile fare il realizzatore con 5 americani. Devo migliorare e maturare. Ma sono convinto che con il tempo mostrerò le mie qualità. Mi sento comunque il giocatore che ero alle govanili. Serve soltanto il lavoro».
A che punto è, dunque, del suo percorso?
«Dal punto di vista dello studio non ho fatto in tempo a iscrivermi all’Università dopo il Liceo scientifico sportivo, ma rimedierò. Nel basket la strada è imparare qualcosa di nuovo ogni giorno. A Treviso ho vissuto un brutto momento, un periodo in cui non giocavo, però Verona mi ha chiamato durante la scorsa stagione, mi ha dato un’opportunità, e in A2 ho imparato cosa sia il gioco duro. A Treviso non è andata come mi avevano proposto all’inizio, ma non è stata colpa di nessuno. S’è presa la decisione di andare via».
Lei è ancora sotto contratto con Venezia. Come si vive da figlio d’arte?
«È una grande responsabilità. Sicuramente fa piacere continuare il percorso di papà, la dinasta. Tanti possono dire che è difficile, che ci sono pressioni o favoritismi. Io le malelingue le lascio stare, ascolto chi mi vuole bene. Papà è stato fondamentale nella mia crescita, non ha mai esultato. Tornavo a casa e mi spiegava gli errori commessi, anche sul più 20»
Com’è stato conoscere Pozzecco?
«L’impressione è stata ottima, ero emozionato, è stato uno dei grandi da giocatore. Ancora lo ringrazio perché sono qui, ringrazio tutto lo staff. E con i compagni ho sentito la ma timidezza soltanto all’inizio, loro mi hanno subito inserito».
Torniamo a Verona. Ha puntato sugli italiani e i giovani. Ma vi salverete?
«Io spero di sì, ce la metteremo tutta. Alla ripresa contro Reggio Emilia sarà una delle più importanti. Avremo gare chiave in sequenza. Sento che ci saranno movimenti di mercato, per un’ala. Ma no ci crediamo, non pensiamo alla responsabilità da italiani. Siamo giovani: Cappelletti alla prima da regista titolare in A, Udom all’esordio, io, lo stesso Bortolani, arrivato a stagione iniziata».
A chi vorrebbe essere accostato?
«Il mio idolo è Drazen Petrovic. Oggi m piace Micic, i suoi movimenti, la gestione della palla sotto pressione. Un punto di riferimento. La mia vita è solo basket, che è anche il mio hobby».
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