Non chiamate coach Sakota mister salvezza o allenatore dei miracoli: non gli piacciono le etichette. È semplicemente Dragan Sakota, 71 anni, nato a Belgrado ma di cittadinanza e residenza greca. Era ad Atene lo scorso ottobre, quando ha ricevuto una telefonata dall’Italia, a distanza di pochi mesi dall’ultima volta. Nel dicembre 2022 Reggio Emilia, fanalino di coda, lo chiamò per una disperata missione: salvare una squadra ormai quasi rassegnata. Ci riuscì. Un mese fa la chiamata è arrivata da Brindisi, ancora ferma a quota zero punti, salvare una squadra mal costruita. Domenica è arrivato il clamoroso successo sulla Virtus.
Sakota, cosa l’ha spinta ad accettare questa sfida?
«Ho avvertito fiducia. Mi ha colpito la straordinaria passione del presidente e della sua famiglia. E così non mi sono tirato indietro”.
La prima vittoria stagionale è arrivata contro la capolista Virtus: come ci è riuscito?
«Sono stati bravissimi i miei giocatori che tanto hanno sofferto in questi mesi. Avevano bisogno di ritrovare fiducia e sorriso, in settimana abbiamo parlato tanto cercando di migliorare alcuni aspetti di gioco: la selezione di tiro, il passarci la palla, la voglia di sacrificarsi anche in ruoli non propri. Lo spirito di squadra ha fatto la differenza».
È chiamato a gestire situazioni quasi disperate, non si sente in credito con il mondo del basket?
«Questa è la mia 51ª stagione da capo allenatore, ne ho viste tante. Cerco ormai stimoli che mi possano dare energia, non guardo classifica e budget. Sono consapevole, vista la mia età, che è complicato fare progetti a lungo termine per una società. Così ho accettato di intraprendere avventure rischiose ma gratificanti».
Prima Reggio, salvata all’ultima giornata di campionato. Ora proverà a salvare anche Brindisi. Quali analogie sta riscontrando?
«Sono situazioni diverse. Da quando sono arrivato a Brindisi l’emergenza si è addirittura acutizzata. Tra infortuni e acciacchi vari, abbiamo giocato senza quattro atleti, e con un roster come il nostro è molto difficile. La squadra ha fatto un passo in avanti per atteggiamento, sacrificio. Il cammino è lungo ma la mentalità è quella giusta. Abbiamo puntato a lavorare senza cercare alibi. Ma va detto: abbiamo fatto fatica ad allenarci. Se siamo riusciti a organizzare sedute 4 contro 4 è grazie ai ragazzi del settore giovanile. Nonostante ciò siamo rimasti propositivi».
Dopo la prima vittoria, una serie di scontri diretti: Treviso, Varese, Sassari, Scafati e Cremona. Sarà un mese delicato, vero?
«Sarà un dicembre molto importante. Siamo consapevoli della nostra situazione, dobbiamo affrontare ogni partita come una finale. Il nome dell’avversario cambia poco. Dobbiamo recuperare il terreno perso e lo possiamo fare soltanto in un modo: giocare al meglio e vincere».
Lei ha quasi 72 anni: come fa a conservare la stessa energia di sempre?
«Guardo oltre dieci partite a settimana, ora un po’ di meno perché la domenica sono impegnato (sorride, ndc). Non perdo una partita di coppa, mi collego con più dispositivi in contemporanea per guardare tutti i match di Eurolega. Il basket fa parte della mia vita. Sarebbe impossibile fare questo lavoro senza passione. La stessa passione che ho visto nella proprietà di Brindisi e che è giusto trasformare in energia vincente per la mia squadra».
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