Procida, cosa significa essere nei dodici che giocheranno il Mondiale nelle Filippine?
«Anche se sto per mettere piede sulle scalette dell’aereo ancora non ho realizzato bene. Ma ci sono e mi sento onorato. È sempre stato un sogno nel cassetto che ora si avvera».
Il c.t. Pozzecco vuole che lei esca dalla panchina per dare energia e punti. Ruolo complicato?
«Il coach chiede a me e tutti gli altri di essere sempre noi stessi e di non rinunciare mai ad un tiro. Ogni volta che entro cerco di mettere tantissima aggressività. L’obiettivo è fare ciò che serve alla squadra in quel momento: catturare un rimbalzo, subire uno sfondamento, prendere un tiro da tre. Mettendo sempre il gruppo davanti a tutto».
La Nazionale è un passaggio compiuto. E la NBA?
«Sogno e sognavo entrambe. Quello azzurro si sta avverando, l’altro spero un giorno possa diventare realtà».
I Pistons la seguono con attenzione. C’è un rapporto costante?
«Ci parlo spesso e, a loro avviso, gli piaccio molto. Adesso sta a me convincerli. Penso il giusto alla NBA, non voglio distrarmi. So che un giorno potrebbe succedere. E se succederà, sarà per il duro lavoro che faccio ogni giorno per migliorare».
Anche all’Alba Berlino sono molto contenti di lei. Come mai gli italiani che vanno in Germania migliorano così tanto?
«Non penso sia tanto il campionato, quanto piuttosto l’Alba, che ti mette nelle condizioni di crescere. È un club che non ha paura di dare fiducia a tutti i giocatori per fargli giocare minuti importanti. In Italia servirebbero società capaci di investire sui giovani, dando loro l’opportunità di giocare e di poter sbagliare, per poi correggerli durante la settimana».
Il play azzurro Spagnolo la seguirà a Berlino. Che consigli ha dato a Matteo?
“Gli ho parlato della città, delle abitudini di squadra e dell’ambiente. Non avrà alcun problema ad adattarsi subito alla nuova realtà. Non è difficile trovarsi a proprio agio in una contesto aperto e multiculturale come Berlino. Hai tutto a portata di mano. È una città piena di giovani, di cose da fare ce ne sono molte. L’unica grande differenza è nel clima: tanto cielo grigio e pioggia. Ma ci si abitua anche a questo».
Perché il piccolo Procida un giorno decise di diventare un giocatore di basket?
«Ho iniziato con la pallacanestro per divertimento. Mi piaceva da ragazzino fare sport e i miei genitori, vedendomi più alto dei coetanei, mi hanno fatto provare portandomi in palestra. Non pensavo di diventare un professionista. Non c’è mai stato un momento in cui ho detto “ora sono un giocatore e questo sarà il mio lavoro”. È stata una crescita costante. Cerco di dare il massimo in ogni occasione per arrivare il più in alto possibile».
Si sente un possibile erede di Datome?
«È un paragone azzardato, per me Gigi è un modello assoluto».
Quali insidie vi aspettano nella prima fase del Mondiale?
«Servirà rimanere molto concentrati. Sappiamo di poter fare bene. Il futuro è tutto nelle nostre mani».
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