Intervista a Cinciarini, a un punto dal record: “Pozzecco, arrivo”

Come si diventa un assistman da record?

«Con tanti sacrifici, scelte a volte non semplici compiute in carriera, voglia di emergere. Ho sempre preferito aiutare la mia squadra con passaggi piuttosto che focalizzarmi sulle mie realizzazioni in attacco. Poi va detto che ogni partita fa storia a sé e per essere un buon playmaker occorre saper leggere le varie situazioni in campo».

Sul parquet dal 2003, in vent’anni il ruolo di regista è cambiato?

«Di play vecchio stampo ormai ce ne sono pochissimi, spesso le squadre si affidano a delle comboguard che siano decisive prima di tutto segnando molti punti. Il regista puro, quello che organizza il gioco, è quasi scomparso. Per me già il ritiro di pre-stagione è importantissimo: lì nelle prime settimane osservo i miei compagni al tiro e cerco di capire come imbeccarli nel modo migliore, piccoli dettagli che risultano utili nei momenti critici in partita. E non disdegno di rubare qualche segreto agli avversari più forti».

Si dice che il play sia una sorta di prolungamento dell’allenatore in campo.

«Verissimo. Ho giocato per Trinchieri, Pianigiani, Repesa, Menetti, Messina, tutti tecnici con cui ho condiviso le scelte tattiche, anche quando magari avevo poco spazio. Devo dire che mi sono trovato particolarmente bene con Attilio Caja, forse perché entrambi siamo due martelli, due persone molto esigenti. Adesso sto imparando a conoscere Dragan Sakota, ad interpretarne i giochi. Ammetto che, un domani, non mi dispiacerebbe allenare».

Dalla regia alla panchina gli esempi illustri non mancano: Djordjevic, Obradovic, D’Antoni.

«Sasha è stato il mio primo compagno di stanza in ritiro a Pesaro nel 2003, fu un’emozione immediata per un ragazzino nemmeno maggiorenne. Ci confrontiamo ancora, per me è un onore essermi allenato con lui. Di D’Antoni purtroppo ho solo sentito parlare, ovviamente bene. Obradovic l’ho conosciuto da coach avversario in Eurolega: di recente Kevin Punter, mio ex compagno a Milano ed ora al Partizan, mi ha confermato quanto sia esigente. Ma non posso certo paragonarmi a nessuno di loro e comunque resto concentrato sulla mia carriera da giocatore. In futuro come detto vorrei allenare e sarebbe un onore ripercorrere la carriera di uno di loro».

In campo intanto c’è una nuova generazione emergente di registi.

«Uno di loro è Davide Moretti che conosco dai tempi di Milano. Gioca per Pesaro che è la mia città, dove vivo d’estate, quindi se posso dargli dei consigli lo faccio ancor più volentieri. Lui è un ragazzo d’oro che già l’anno scorso ha fatto bene e che sta crescendo ancora. Poi ci sono Mannion, Pajola, Spissu, tutti elementi nel giro della Nazionale che maturano sempre più. Per me sono avversari in campo ma al di fuori della partita, se li posso aiutare con dei consigli, lo faccio volentieri».

Capitolo salvezza: missione difficile per la Reggiana.

«Non era certo l’obiettivo con cui siamo partiti in estate. Abbiamo attraversato una fase durissima, sette sconfitte in fila di cui alcune all’ultimo minuto: sono situazioni che minano le certezze, tolgono fiducia. La vittoria con Pesaro ci ha rinfrancati ma restiamo ultimi, inoltre le squadre in retrovia non si stanno certo fermando. Ora restano due partite per chiudere il girone d’andata, due gare da giocare alla morte. Nella fase di ritorno si lotterà tutti per degli obiettivi, chi per i playoff e chi per salvarsi. Noi dovremo lavorare duro, migliorare giorno dopo giorno, consapevoli che nessuno ci regalerà qualcosa».


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/basket

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